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Europa delle regioni

2024 - 05 - EFA in Milan, 16 May 2024, with Maylis Roßberg - SAVE THE DATE!

SAVE THE DATE! (Italian version)

European Free Alliance
and "Autonomies and Environment"
in Milan on 16 May 2024

FAIR ELECTIONS
STRONG AUTONOMIES
IN A EUROPE FOR ALL

Where:
Meeting center "Slow Mill" (www.slowmill.it - Dora e Pajtimit, Italian-Albanian non-profit association "The hand of reconciliation")
Via Volturno 32,Milan (ISOLA neighborhood, ISOLA metro station)

With:
Maylis Roßberg, EFA Spitzenkandidatin
Lorena López de Lacalle, EFA President
Mauro Vaiani, "Autonomies and Environment"
 
along with other leaders of civism and territorialism

Program of the day (tbc):

-11.00 (11 am) - Press conference (journalists and media operators are asked to register via email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

- 14.00 (2 pm) - Maylis Roßbergmeets young local leaders of civicism, autonomism and territorialism (register at the email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

Translation English-to-Italian and Italian-to-English will be provided.

 

50° anniversario della morte di Emilio Lussu

Cinquanta anni fa moriva Emilio Lussu (Armungia, 4/12/1890 - Roma, 5/3/1975), uno dei padri della Repubblica delle Autonomie e dell'Europa delle Regioni.

Il profilo morale, intellettuale e politico di Emilio Lussu si definisce attraverso una serie di grandi vicende storiche: soldato sardo arruolato nella terribile Grande Guerra; fondatore del movimento sardista per l'autogoverno dell'isola insieme a Camillo Bellieni; la lotta contro il fascismo; la partecipazione alla Resistenza con Giustizia e Libertà e con il Partito d'Azione; l'impegno nella Costituente per le autonomie, intese come necessità radicale di autogoverno popolare dal basso; l'aspirazione a un socialismo autonomista, umanitario, libertario. Fu un grande scrittore e fra le sue molte e famose opere, deve essere riscoperto e riletto il suo feroce e tragico "Marcia su Roma e dintorni", pubblicato nel 1974, poco prima della sua scomparsa.

Il cinquantesimo della sua scomparsa è stato ricordato dai consigli regionali delle regioni autonome di Sardegna e Valle d'Aosta, oltre che in Senato, su iniziativa di Carla Bassu (docente dell’Università degli Studi di Sassari).

Olbia, 6 marzo 2025 - A cura della segreteria interterritoriale

 

 

 

 

Amnistia per l'Europa, non solo per la Catalogna

Udine,24 settembre2021

Amnistia e dialogo per l’Europa,
non solo per la Catalogna

Comunicato della Presidenza di Autonomie e Ambiente

Esprimiamo la solidarietà della rete di forze territoriali Autonomie e Ambiente all’on. Carles Puigdemont, oggi eurodeputato catalano esiliato e perseguitato dalla magistratura spagnola. Il suo arresto, già inconcepibile, diventa particolarmente doloroso perché è avvenuto al suo arrivo nella città catalana di Alghero, nell’isola di Sardegna che lotta per il proprio autogoverno.

Siamo di fronte alla conferma delle nostre preoccupazioni sulle condizioni in cui è ridotto lo stato di diritto nella Repubblica Italiana, tenuta in scacco da pulsioni centraliste e autoritarie.

Ribadiamo che una larga e comprensiva amnistia è la precondizione imprenscindibile per riavviare il necessario dialogo tra il Regno di Spagna e le istituzioni di autogoverno della Catalogna. Restiamo in contatto con i parlamentari autonomisti italiani ed europei e con l’Alleanza Libera Europea (European Free Alliance, ALE-EFA), per seguire l’evolversi della situazione.

Non possiamo nascondere la nostra preoccupazione per le criticità giuridiche che evidentemente sono insite nell’istituto del mandato di cattura europeo, che non dovrebbe in alcun modo, come ribadito anche recentemente dalla Corte europea di giustizia, essere usato per perseguitare dissidenti politici. E’ l’Europa intera, non solo la Catalogna, che ha bisogno di amnistia e dialogo, contro il centralismo e l’autoritarismo.

Per approfondimenti e contatti:

https://www.autonomieeambiente.eu

https://www.autonomieeambiente.eu/strumenti/newsletter

https://www.youtube.com/channel/UCPGdjn5giLSANVvnw-yZFow

https://twitter.com/rete_aea

https://www.facebook.com/AutonomieeAmbienteUfficiale/

https://www.facebook.com/AutonomieeAmbienteUfficiale/posts/374403657500375

https://e-f-a.org/2021/09/24/efa-press-release-arrest-of-carles-puigdemont/

:https://twitter.com/albertlaniece/status/1441287448273702917?s=20

https://t.me/carlespuigdemont

 

 

 

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Autonomie e Ambiente in tutti i territori - Incontro con la segreteria

A seguito del notevole interesse riscosso dal contributo di OraToscana al Forum 2043 sulla dignità e i poteri del consigliere comunale, Mauro Vaiani, membro della segreteria interterritoriale, ha accettato di commentarlo, affrontando anche altri temi d'attualità, nella nostra resistenza al centralismo autoritario e, nell'attualità politica, al presidenzialismo. La sintesi della conversazione, rivolta a tutti gli amministratori locali civici, ambientalisti, autonomisti, è una occasione per uno sguardo d'insieme sulla rete Autonomie e Ambiente. La sorellanza è uno strumento politico ed anche elettorale (per combattere le leggi elettorali ingiuste, che impediscono alle comunità di eleggere i loro leader locali). Sotto la guida del Patto per l'Autonomia, vogliamo incidere, non in solitudine ma insieme ad altre forze civiche, ambientaliste, localiste, riformiste, sul futuro della Repubblica delle Autonomie e, ancora di più, per una nuova Europa delle autonomie personali, sociali, territoriali, a partire dalle elezioni europee del maggio 2024. Undici minuti di ascolto.

 

Per contattare la rete Autonomie e Ambiente: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

Avanti con il passo giusto

La rivista online del Patto Autonomia Friuli-Venezia Giulia, "Il passo giusto", dopo le anticipazioni di fine 2023, si propone di diventare uno dei punti di riferimento del civismo, dell'ambientalismo, del territorialismo. L'iniziativa viene presentata da un editoriale di Elia Mioni e Massimo Moretuzzo. Da sottolineare l'impegno a pubblicare interventi in tutte e quattro le lingue medie in uso nella regione: friulano, sloveno, tedesco, italiano. I media italiani, non solo la stampa cartacea, sono soggetti a processi preoccupanti di concentrazione. Fra gli esiti immediati ci sono da una parte un maggiore conformismo e dall'altra una perdita costante di credibilità e di pubblico. Per reagiare a questo declino, il Patto per l'Autonomia Friuli-Venezia Giulia ha creato una rivista di servizio pubblico, perché l'informazione non è una merce come altre. E' l'aria necessaria a far vivere una comunità politica meno cinica, più seria.

Centenario di Pruner

Omaggio a Heinrich (Enrico) Pruner, nel centernario della nascita

Ripubblichiamo qui, pressoché integralmente, un omaggio a Heinrich (Enrico) Pruner che fu scritto l'anno scorso dal figlio Walter Pruner, in preparazione del centenario della nascita: 24/01/1922 - 24/01/2021.  Ringraziamo Piercesare Moreni e Walter Pruner per la segnalazione.

Omaggio a Heinrich (Enrico) Pruner

La lunga marcia di avvicinamento verso l’Autonomia passa oggi attraverso il ricordo di un uomo che questa marcia iniziò, il 25 luglio 1948, con la fondazione del Partito Popolare Trentino Tirolese, e condusse fino alla sua scomparsa.

Enrico Pruner nacque a Frassilongo il 24 gennaio 1922: la comunità politica trentina, non solo quella autonomista, rimase l’8 settembre 1989 orfana di un politico che mise al centro della sua narrazione politica la persona, l’ Autonomia, l’Europa. Il suo orizzonte politico fu il benessere del singolo in un contesto di Autonomia diffusa ai territori e in un quadro di Europa dei popoli. Visione europeista ante litteram, azione politica tra la gente e per la gente, lettura di contesto e capacità di rapido cambio di passo ma non di rotta, lesse anche da sognatore l’attualità di allora in chiave di visione virtuosa di Trentino autonomista, orgoglioso e solidale.

Una eredità politica coerente ma complessa, quella lasciata dal leader mocheno, al quale una intera Comunità può guardare con gli occhi di chi l’Autonomia intese quale forma autentica e sincera di autogoverno, oltre ogni interesse di parrocchia.

La parte biografica del suo poliedrico impegno, che lo ha visto più che calcare, interpretare il proscenio della politica regionale per otto legislature, dalla 2^ alla 9^, è ampiamente nota.

Forse lo sono meno alcuni tratti di contorno che in ognuno di noi performano il nostro essere uomo e donna sociali. Non c’è persona senza una dimensione politica che non sia influenzata da quella personale. Portati di esperienze individuali sociali, culturali, familiari, fanno parte del bagaglio anche politico del singolo ad ogni livello, dal semplice elettore allo statista internazionale.

La nascita di Enrico nel cuore della Valle dei Mocheni è un dato determinante per comprenderne il carattere e la sua cultura interetnica. Alcuni semplici spunti. La povertà, la estrema arretratezza economica, l’insistenza di un dato linguistico diverso rispetto alla comunità trentina cui apparteneva, con un idioma identitario totalmente differente e che induceva nella migliore delle ipotesi la comunità altra ad un sospetto, ad una diffidenza preventiva, indussero la gens mochena a vivere, obtorto collo, da un lato il disagio di dover difendere una propria evidente peculiarità per nulla capita dalla mentalità nazionalista e post fascista del dopoguerra; dall’altra ad obbligarsi all’ adozione di adeguati contrappesi alla ricerca di un proprio riscatto sociale ed economico indurito, in questa gara della grande ricostruzione post bellica, da una indigenza e limitatezza di partenza senz’altro molto più grave che altrove.

All’interno di questo panorama il giovane Heinrich Pruner, come veniva chiamato fin da bambino, conclusi gli studi obbligatori, a soli 14 anni venne inviato al Liceo in lingua tedesca di Bolzano, con i soldi faticosamente accantonati dal papà Stephan, kromer come tantissimi capifamiglia mocheni, una sorta di venditore porta a porta che a piedi raggiungeva i masi dell’Alto Adige per vendere di ogni bene, rientrando due volte all’anno con i parchissimi guadagni ottenuti.

La bicicletta per raggiungere da Frassilongo la stazione di Pergine Valsugana, per qualche mese mimetizzata tra la vegetazione circostante, alla volta di Bolzano, il giovane quindicenne l’avrebbe poi ripresa da lì a molto tempo a Natale e Pasqua per rientrare nella sua Frassilongo solo per le pause scolastiche.

Ultimo di cinque figli, ancora adolescente rimase orfano di madre. L’unica donna di famiglia, la sorella maggiore Irma, entrò nel ruolo di madre e come accadeva normalmente in Valle, privata nella stragrande maggioranza dei casi della presenza del padre lavoratore fuori sede, ne diventò anche mater familias.

Conclusi gli studi liceali in lingua tedesca, passò a quelli universitari laureandosi a Bologna in Agraria. Convolerà a nozze il 2 maggio 1956 con Emma Pallaoro, con cui avrà quattro figli, Cristina, Sonia, Walter e Nadia.

E’ in questo connubio forte tra cultura rurale vissuta in prima persona, cultura universitaria fuori il proprio piccolo cortile di valle, e la curiosità insita nell’indole di Heinrich, che si formò l’approccio popolare alla politica. Quell’approccio che lo rese robusto e forgiato. Capace di rapportarsi empaticamente con l’ultimo dei contadini come con il primo dei funzionari. Con l’ultimo dei diseredati come con il capo di Partito. Storici i suoi comizi e le disfide con avversari sempre rispettati ma mai destinati di regalie o cortigianerie. Il cambio di passo, lo sguardo istrionico, la scelta dei tempi scenici e della metafora adatta lo hanno reso comprensibile ad ogni latitudine e longitudine sociale.

Quattro probabilmente le fasi politiche fondamentali, tra loro comunicanti, che si possono azzardare:
- Il periodo asarino formativo con la nascita del PPTT (Partito Popolare Trentino Tirolese) e la sua candidatura ed elezione a consigliere regionale nel 1952.
- Il periodo del governo regionale con l’assessorato alle Foreste e Agricoltura (1960/64) e il sanguinoso periodo delle bombe degli anni ‘60. Periodi di schedature, censure, informative e pedinamenti di cui fu vittima lo stesso Pruner.
- Gli anni ’70 e il secondo Statuto. Le grandi intuizioni della seconda metà degli anni ‘70 con le battaglie sugli espropri, la Pirubi, i terreni ex Sloi, le Asuc, la lingua tedesca nelle scuole elementari, la Samatec, le acciaierie di Borgo Valsugana, l’uranio in Val Rendena, contro il confino in domicilio coatto dei malavitosi e le manifestazioni di Sant’Orsola e Trento.
- La spaccatura del Partito dei primi anni ‘80 e la ricomposizione lenta e dolorosa con il Congresso di unificazione del gennaio 1988.

Un forte vento europeista lo sospinse agli inizi degli anni ‘80 sul fronte “estero” con accelerazioni politiche di illuminata intuizione, originalità e modernità. Oltre ai rapporti stretti con la Baviera di Strauss, quelli con Jacques Chirac in Francia, i Catalani ed i Baschi in Spagna, alimentò l’impegno per l’Europa delle Regioni e dei popoli, con lo sguardo verso la Mitteleuropa ed il Tirolo quale approdo naturale.

La rete di contatti coi partiti federalisti europei lo fecero un antesignano delle successive e postume declinazioni euroregionali. Ma è anche all’interno dei confini nazionali che coltivò ambizioni di stretta collaborazione coi partiti autonomisti dello Stivale, da quello friulano alla Unione Piemonteisa, dalla Sardegna alla Valle D’Aosta, dai movimenti siciliani a quelli veneti.

In una dimensione di grande apertura, purtroppo da pochi in quella fase storica compresa, incarnò il destino di chi guarda avanti, oltre le turbolenze del presente, per immaginare il futuro e prefigurarne orizzonti, scenari e risposte. Volando oltre i gas di scarico del compromesso elettorale al ribasso o del populistico tornaconto di maniera.

A fianco della gente, mai sopra la gente.

Buon compleanno giovane Enrico Pruner.

(lo scritto di Walter Pruner è stato reso noto attraverso le reti sociali per il 99° compleanno di Heinrich Pruner, il 24/1/2021 - AeA lo recepisce pressoché integralmente per il centenario della nascita, il 21/1/2022 - ndr)

Fonte dello scritto:

https://www.facebook.com/100005963704891/posts/1842842682591171/?d=n

 

Congresso ALE/EFA a Strasburgo

I prossimi 13 e 14 ottobre 2023 a Strasburgo si terrà il congresso del nostro partito politico europeo, l'Alleanza Libera Europea - ALE (Free European Alliance - EFA).

ALE/EFA, per la prima volta nella sua storia più che quarantennale, esprimerà una coppia di "Spitzenkandidaten", una donna e un uomo, indicati all'opinione pubblica come potenziali leader di una commissione europea profondamente diversa dall'attuale. Verrà discusso e approvato anche un manifesto di principi per le elezioni europee previste per il giugno 2024. Il nostro Patto Autonomie e Ambiente parteciperà alle elezioni europee grazie al partito europeo ALE/EFA e al partito territoriale che guida la nostra sorellanza nella Repubblica, il Patto per l'Autonomia Friuli-Venezia Giulia.

Il congresso si svolgerà al palazzo IRCAD di Strasburgo. Il partito regionale dell'Alsazia, Unser Land, nostra forza sorella sarà l'ospite dell'evento.

La prima giornata, il 13 ottobre, sarà riservata ai delegati e agli invitati, provenienti da una quarantina di movimenti e gruppi presenti in 19 stati. Verranno discussi il testo del manifesto elettorale e altri temi che emergono dal lavoro dei partiti locali.

Il 14 ottobre, al mattino, ci sarà l'evento pubblico in cui si presenteranno i due "Spitzenkandidaten". Sarà affidato loro il compito di rappresentare nei dibattiti pubblici europei i temi dell'autogoverno promossi da ALE/EFA e da tutte le organizzazioni a essa collegate.

Alle scorse elezioni europee del 2019 EFA aveva un candidato di spicco, Oriol Junqueras, ma il leader repubblicano catalano al tempo era in prigione per aver promosso democraticamente l'autogoverno della Catalogna, partecipando all'organizzazione del referendum del 1 ottobre 2017, che fu represso nel sangue dalle forze dell'ordine dello stato spagnolo.

Per la stampa:: I giornalisti e gli operatori dei media interessati a seguire il congresso EFA possono registrarsi QUI. Per qualsiasi informazione si scriva a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo...

L'annuncio del congresso sul sito EFA:

https://e-f-a.org/2023/09/14/save-the-date-efa-congress/

A cura della segreteria interterritoriale - Lucca, 29 settembre 2023

 

 

EFA a Milano - 16 maggio 2024 - conferenza stampa pubblica

European Free Alliance
e Autonomie e Ambiente
a Milano il 16 maggio 2024

DEMOCRAZIA PER TUTTI:
ELEZIONI CORRETTE
ED AUTONOMIE FORTI
IN UN'EUROPA PER TUTTI

Dove:
Centro Slow Mill
(
www.slowmill.it - Dora e Pajtimit, associazione no-profit italo-albanese "La mano della riconciliazione")
Via Volturno 32,Milano (quartiere ISOLA, stazione metroISOLA)

Alle ore 11 - Conferenza stampa
Maylis Roßberg, "spitzenkandidatin" EFA
Lorena López de Lacalle, presidente EFA
Mauro Vaiani, Autonomie e Ambiente


insieme ad altri leader civici, territoriali,
della prossimità e delle economie locali,
impegnati per le generazioni future

Sarà assicurato un servizio di traduzione Inglese-Italiano e Italiano-Inglese.

Ufficio stampa: Alberto Mazzotti, 338 8556129

Alle ore 14 - Incontro riservato
Maylis Roßberg incontra giovani leader di civismo, ambientalismo,autonomismo, territorialismo, solidarismo

Per maggiori informazioni:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

EFA a Milano, 16 maggio 2024, con Maylis Roßberg - SEGNATEVI LA DATA!

SEGNATEVI LA DATA! (English version)

European Free Alliance (EFA-ALE, Alleanza Libera Europea)
e Autonomie e Ambiente
a Milano il 16 maggio 2024

ELEZIONI CORRETTE
AUTONOMIE FORTI
IN UN'EUROPA PER TUTTI

Dove:
Centro Slow Mill (www.slowmill.it - Dora e Pajtimit, associazione no-profit italo-albanese "La mano della riconciliazione")
Via Volturno 32,Milano (quartiere ISOLA, stazione metroISOLA)

Con:
Maylis Roßberg, "spitzenkandidatin" EFA
Lorena López de Lacalle, presidente EFA
Mauro Vaiani, Autonomie e Ambiente

insieme ad altri leader di civismo e territorialismo

Programma della giornata (dettagli da confermare):

-11.00 - Conferenza stampa (giornalisti e operatori dei media si registrino via mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

- 14.00 - Maylis Roßberg incontra i giovani leader di civismo,autonomismo and territorialismo (registrarsi via mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

Sarà assicurato un servizio di traduzione Inglese-Italiano e Italiano-Inglese.

 

EFA e AeA insieme per la Repubblica delle Autonomie

Sono uscite questa settimana le newsletter di EFA e di Autonomie e Ambiente.

Sono strumenti indispensabili per capire chi siamo e perché le nostre famiglie politiche si sono organizzate per partecipare alle elezioni europee del 2024 con la lista PATTO AUTONOMIE AMBIENTE.

Per cui chi usa la mail, si iscriva, usando le caselle d'iscrizione che si trovano ai piedi di praticamente ogni pagina dei nostri siti.

Siamo in campo per l'autogoverno di tutti dappertutto, per progetti di buongoverno, contro il bipolarismo all'italiana (competizione fra sinistra e destra a chi è più ignorante e strumentale).

Cagliari, 23 febbraio 2024 - a cura della segreteria interterritoriale

- nella foto Roberto Visentin e Silvia Fancello (Lidia) durante l'ultimo congresso EFA a Strasburgo

 

 

 

Giovanni Poggiali con alcuni leader delle autonomie della Repubblica

Nella serata di venerdì 31 maggio 2024 Giovanni Poggiali ha incontrato online diversi leader delle autonomie nella Repubblica Italiana. Il viticoltore romagnolo Poggiali, un esponente di rilievo dell'autonomismo europeo, è candidato indipendente di Romagna Unita (parte di Autonomie e Ambiente e quindi espressione della famiglia politica europea delle autonomie, dei popoli, delle regioni, dei territori, EFA - European Free Alliance), nella lista di Azione - Siamo Europei nell'Italia nordorientale.

Si è discusso delle motivazioni fondamentali di questa partecipazione autonomista nelle liste allargate di Azione - Siamo Europei: l'opposizione al bipolarismo sterile; la frenata contro l'elezione diretta del podestà d'Italia; problemi storici lasciati insoluti da trent'anni dai ciarlatani dell'autonomia "differenziata", come la territorializzazione delle imposte; i cambiamenti necessari per porre fine all'avvelenamento del mondo; un attenta revisione dei trattati di libero scambio (il cibo non è una merce qualsiasi); la necessità di una profonda democratizzazione dell'Europa e della piena attuazione del principio di sussidiarietà, in una Europa delle Regioni, più coesa ma anche più giusta.

Gli autonomisti non hanno potuto presentarsi in forma più visibile e con altri candidati, anche perché impediti da leggi elettorali ingiuste (e cambiate in corsa dalla maggioranza di centrodestra). Quella di Giovanni Poggiali con Azione è quindi anche un atto di generosità in un momento di emergenza democratica, in cui il centralismo e il conformismo vorrebbero cancellare le autonomie personali, sociali, territoriali.

Giovanni Poggiali ha potuto parlare agli altri autonomisti delle radici, dello spessore politico e culturale, dell'importanza dell'autonomismo romagnolo per il futuro di una rinnovata Repubblica delle Autonomie e nel cammino verso l'ideale di una Europa delle Regioni, dei territori, dei popoli.

Questa sotto il link a una registrazione della parte finale della conversazione a cui hanno partecipato, fra gli altri: Roberto Visentin (presidente di Autonomie e Ambiente, vicepresidente di EFA, mentore del Patto per l'Autonomia Friuli-Venezia Giulia); Alfonso "Alessandro" Nobile (Siciliani Liberi - siciliano che vive nel Nordest); Silvia "Lidia" Fancello (Autonomie e Ambiente - EFA in Sardegna); Danilo Lampis (Sardegna Chiama Sardegna); Samuele Albonetti (Romagna Unita); Manuel Pirino (lista civica Generazione Sassari); Mauro Vaiani (garante di OraToscana, vicepresidente segretario di Autonomie e Ambiente), che ha moderato la conversazione e la cui voce introduce e conclude l'intervento di Giovanni Poggiali.

 

Ravenna, 31 maggio 2024 - a cura della segreteria interterritoriale

 

I lavori del Forum 2043

Sono partiti i lavori del Forum 2043, l'iniziativa politico-culturale che Autonomie e Ambiente ha deciso di ospitare sul proprio sito, in una sezione apposita. Il progetto si propone di consegnare alle prossime generazioni i valori di una Repubblica delle Autonomie e di una Europa delle regioni, dei popoli e dei territori. Si vorrebbe arrivare a celebrare il centenario della Carta di Chivasso, il 19 dicembre 2043, avendo contribuito a costruire un moderno decentralismo, capace di mobilitare non solo gli storici autonomismi, ma una più vasta rete di movimenti civici, ambientalisti, localisti, impegnati per il buongoverno e l'autogoverno dei propri territori.

Sono già stati pubblicati contributi di intellettuali e attivisti come Gino Giammarino, Piercesare Moreni, Claudia Zuncheddu. Il coordinamento del Forum 2043 è affidato a Mauro Vaiani. Sono attesi contributi, prevalentemente dall'esterno della rete di Autonomie e Ambiente.

L'indice degli approfondimenti è disponibile a questo link: https://www.autonomieeambiente.eu/forum-2043 .

Per seguire il Forum 2043 e per contribuire ai suoi lavori, ci si iscriva al canale Telegram https://t.me/forum2043 .

Il Fatto Quotidiano intervista Lorena López sulla sconcertante esclusione di EFA dallo Eurovision Debate

La presidente EFA, Lorena López de Lacalle Arizti, è stata intervistata oggi, 23 maggio 2024, da Marco Pasciuti per il Fatto Quotidiano, in merito alla sconcertante esclusione di EFA, una delle dieci famiglie politiche europee, dall'odierno Eurovision Debate:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/05/23/europee-european-free-alliance-noi-invitati-e-poi-esclusi-dal-dibattito-su-eurovision-tra-gli-spitzenkandidaten-il-nostro-romeva-che-e-catalano-da-fastidio/7559351/

 

Insieme all'Union Valdôtaine

Lo storico impegno della Union Valdôtaine per la Repubblica delle Autonomie e per l'Europa delle regioni, dei territori, dei popoli,  si è concretizzato con il ritorno dell'antica forza autonomista nella famiglia politica dell'Alleanza Libera Europea (Alliance Libre Européenne - ALE / European Free Alliance - EFA). Una delegazione della Union ha partecipato il 13-14 maggio 2022 all'assemblea generale ALE-EFA convocata alle Canarie. La Union Valdôtaine era stata una delle forze fondatrici dell'organizzazione ALE-EFA, nel 1981. E' un felice ritorno all'interno della comunità di movimenti territoriali impegnati per l'autogoverno di tutti i territori d'Europa e del mondo. Per questa "reunion" ha lavorato Autonomie e Ambiente, sin dai suoi inizi, nel 2019. Questo ritorno al lavoro politico interterritoriale insieme con i più autorevoli e credibili gruppi politici d'Italia e d'Europa, è stato il modo migliore per onorare il 78° anniversario della morte di Emile Chanoux.

Per approfondire, qui il comunicato stampa integrale della Union:

https://www.unionvaldotaine.org/nouvelles.asp?id=1396&cat=4&l=1&n=3456

Per sostenere il lavoro politico della Union, si può devolvere alla storica forza autonomista il due per mille (2 x 1000) nella dichiarazione dei redditi, utilizzando il codice Y27.

2xmille UV Y27 2021

 

 

L'idea euroregionalista

  • Autore: Andrea Acquarone - Genova-Barcellona, 28 luglio 2023

Rielaborazione per il Forum 2043 di temi trattati da Andrea Acquarone - autonomista ligure, fondatore e animatore di “Che l’inse!” (che inizi!) - in precedenti lavori, raccolti nel libro “Un’idea di Liguria – Analisi e proposte per combattere il declino”, De Ferrari Editore, Genova, 2020. Acquarone è anche autore del breve ma denso saggio “Una tranquilla ora d'Europa - Appunti per una rivoluzione possibile”, Tapa blanda (Athenaeum), 2019 (tradotto anche in catalano).

Introduzione

Nel libro bianco di “Controvento. Associazione ligure per il dibattito pubblico (2014), iniziativa nobile promossa a Genova, fra gli altri, da Mauro Barberis, si leggeva: «Siamo genovesi con i piedi nel territorio e la testa nel mondo». La frase non è altro che una delle tante varianti del motto «agisci localmente, pensa globalmente», che qualcuno sintetizza con la crasi glocalismo: (da global + local), spesso strumentalizzandolo, riducendolo cioè a una operazione di marketing dai soliti colonizzatori del mondo, che vogliono spacciare a tutti gli stessi prodotti, mascherandoli con tocchi di colore locale.

Eppure dobbiamo andare orgogliosi, seguendo sempre uno spunto di Barberis, del fatto che il glocalismo è un tratto nativo dell’anima genovese e ligure: nati stretti fra i monti e il mare, i genovesi si sono dati da fare per guardare di là degli orizzonti, fino a diventare, nel bene e nel male, per un periodo importante della loro storia, una potenza d’Europa e del Mediterraneo.

Oggi da Genova e dalla Liguria dobbiamo, non solo possiamo, contribuire all’idea euroregionalista, sdoganandola in ambienti politici e istituzionali, che ne sono rimasti finora impermeabili. Non solo per fermare il declino della nostra terra, ma di tutti i territori. Non solo perché, nel profondo di ogni cultura, si trova un imperativo basilare ma ineludibile, quello di “continuare”, ma anche, non sembri una esagerazione, per consentire una vita pienamente umana alle generazioni future.

Il senso del declino di una comunità e di un territorio è un circolo vizioso che si autoalimenta. Intorpidisce il dibattito pubblico, svaniscono le competenze, invecchia la popolazione, perché i giovani cercano futuro altrove. Passata da antica e prospera nazione mediterranea a territorio periferico dello stato italiano, la Repubblica di Genova, simile ad un anziano abbandonato, si trova di fronte a sfide che non è in grado di affrontare e, senza che il mondo se ne accorga, se non succede qualcosa in questa nostra generazione, potrebbe lasciare la scena di questo mondo.

Lo stato centralista italiano ha impedito alla Liguria di tenere vivo il sistema di valori e i simboli di una organizzazione sociale che avevano connotato per quasi un millennio la nazione ligure, quasi fossero vergogne da cancellare. Lo stato genovese, originale e complicata esperienza di repubblica aristo-anarchica, è stato ridotto alla macchietta di una “repubblica marinara” al servizio della Spagna, fino alla “redenzione” dell’unificazione savoiarda.

Sopraffatti da un secolo che hanno lasciato guidare a poteri altri, lontani, estranei, i liguri hanno imparato a pensare che per essere degni della contemporaneità, dovevano dissimulare la loro identità: non parlare o zeneise, anzi denigrarlo col nome di “dialetto”, tacciare ogni discorso che si ricolleghi all’esperienza storica della Repubblica come passatista e fuori dal tempo, rinunciare persino alla propria antichissima bandiera, sostituita dall’assurdo vessillo che rappresenta oggi l’Ente regionale.

Così sono gli stessi liguri, ormai da diverse generazioni, che si fanno per primi fautori della deligurizzazione, riducendo una cultura autonoma, strutturata e in rapporto di reciproco arricchimento con l’esterno, al pesto, alla focaccia, al folklore sportivo e poco altro. E’ nostro dovere storico ritrovare il nostro autogoverno, per traghettare la nostra gente e il nostro territorio attraverso il mare tempestoso della globalizzazione.

Siamo qui a scriverne, forti dell’esperienza di una voce forte che si è levata in difesa di una certa idea di Liguria, ovvero quella del collettivo Che l’inse!,di cui chi scrive è stato fondatore e animatore per anni. Lo facciamo qui nel Forum 2043, quindi riconnessi con le parole antifasciste e anticentraliste di Chivasso del 1943, parole vive che parlano ancora a tutti e in tutti i territori, perché non è ancora arrivato, per la Liguria e per tutti i territori, almeno qui in Europa, il punto di non ritorno. Esso è vicino, ma siamo ancora in tempo a invertire la rotta, a dare ascolto alla corrente che ormai è lecito chiamare decentralism international, un’idea, resa universale proprio dalla globalizzazione, di decentramento e di recupero di “autogoverno per tutti dappertutto”, espressione cara a Mauro Vaiani. Un’idea che, nell’ambito delle istituzioni europee, che riconosce i territori regionali interni a ciascuno stato membro, ha preso appunto il nome di euroregionalismo.

Euroregionalismo come speranza

Le crisi mondiali che sono arrivate – il disastro della finanza globalizzata, la pandemia (e la sua gestione autoritaria), il ritorno del confronto militare fra stati europei e Federazione Russa, la difficoltà dei rapporti fra comunità democratiche e vecchie e nuove autocrazie, le migrazioni spesso talmente malgestite da essere ridotte a tratta di persone umane – hanno scosso molte certezze, ma hanno sicuramente confermato che i vecchi stati centralisti e autoritari, se non ne sono direttamente responsabili, non sono in grado di porre in essere rimedi strutturali e presidi duraturi.

Per le generazioni che sono cresciute in Europa dopo il 1989, la speranza è sempre stata riposta nel sistema delle istituzioni europee. La loro crisi, e il contemporaneo risorgere dei nazionalismi dei vecchi stati, è triste e allarmante.

Gli stati centralisti, se sono grandi abbastanza, rallentano e spesso rifiutano la cooperazione europea, oppure strumentalizzano le stesse istituzioni continentali. Quelle che in Europa chiamiamo “regioni”, al contrario, guardano all’Europa in modo molto più aperto e lungimirante, come realtà di solidarietà e di pace.

Queste regioni sono, in gran parte, “nazioni storiche”, antichi e autentici componenti di una vera “Europa dei popoli”, territori il cui autogoverno nell’Ottocento fu sacrificato sull’altare dell’uno o l’altro stato-nazione.

Esse devono ritornare in primo piano, quali unità territoriali, politiche ed economiche di base del confederalismo europeo.

Non solo la Catalogna, la Corsica, la Scozia, ma tutte queste antiche o meno antiche realtà territoriali dovrebbero essere promosse come entità politiche autonome. La loro moltiplicazione ed effervescenza le renderà protagoniste del processo confederale, proprio perché, diventandone “cantoni”, esse ne saranno i pilastri.

V’è infatti una differenza sostanziale tra il nazionalismo degli stati-nazione e quello delle “piccole patrie”: l’uno è un ostacolo alla costruzione di un’Europa unita, l’altro la favorisce. Bisogna superare perciò la diffidenza verso i “separatismi”, dato che l’integrità territoriale dello stato non è un valore assoluto, ma relativo, ossia utile nella misura in cui è utile l’esistenza dello stato a cui si riferisce. Oggi tutto sembra indicare che lo stato-nazione ottocentesco – tipo Italia, Spagna, Francia, Germania - sia desueto, mentre le regioni d’Europa, compresa quindi la Liguria, devono tenersi pronte a svolgere un ruolo importante nell’Europa e nel mondo del XXI secolo.

Per una vita migliore, non per un europeismo vuoto

Inseriamo qui anche un modesto caveat contro coloro che si rifiutano di mettere in discussione lo status quo dell’attuale conduzione degli affari europei, magari facendo girare appelli pro Europa (più Europa, soprattutto Europa) nell’imminenza delle elezioni (nel 2019 andò così e per il 2024 si intravede una preoccupante coazione a ripetere).

Nonostante gli eccessi di sovranismi e populismi, molti Europei voteranno contro l’attuale Unione Europa e le attuali realtà del globalismo, ignorando le grida dell’intellighenzia. Che poi i leader di partiti che in campagna elettorale sono stati ferocemente nazionalisti, giunti al potere, si moderino, è possibile, ma darlo per scontato comporta il rafforzare le paure e il senso di distacco fra le persone e le istituzioni europee e internazionali: se il voto non serve per produrre cambiamenti politici, la gente smetterà di votare, ma dubitiamo che questo porterà bene, nel medio-lungo termine.

Il fatto è che le politiche europee e la globalizzazione hanno dei perdenti e che questi perdenti sono sempre di più, a partire dai territori più marginali (ma ormai si vedono anche nelle periferie delle capitali d’Europa e della globalizzazione). L’unificazione dei mercati , non mediata a dovere, ha lasciato indietro larghi strati della popolazione e questo processo emarginante è tuttora in corso.

L’ordoliberismo, con la connessa esasperazione della concorrenza su scala continentale e, mai totalmente rinnegato, il feticcio dell’austerità, cioè l’ideologia incisa negli attuali trattati dell’Unione Europea, hanno dei contraccolpi. A lungo le conseguenze negative le hanno pagate i paesi poveri (ex colonie europee), ma ora sono arrivate a toccare le società europee. Non ci sono ricette semplici per affrontarla, ma questa realtà non può essere negata. Chi la subisce in prima persona - poveri, lavoratori poveri, classi medie impoverite - si volgerà verso chi promette di occuparsene, non importa quanto brutto, sporco, cattivo lo dipingeranno i media mainstream.

Occorrono idee e pratiche nuove, per il governo dell’Europa e della globalizzazione, che sappiano tenere conto dello spaesamento che proviene dai territori. Anche per questo siamo euroregionalisti: per andare oltre una Unione Europea che appare un opaco club di grandi stati e banche multinazionali.

Dobbiamo avvicinare una grande parte dei poteri di governo ai cittadini, proprio per rendere tollerabile che altre decisioni, d’interesse continentale o mondiale, si siano allontanate. La proposta euroregionalista è indispensabile per una rifondazione dell’Europa a partire dalle regioni, per colmare così rapidamente un vuoto politico pericoloso.

Il futuro dell’Europa, se ve n’è uno, passa per il rafforzamento delle regioni, nazioni storiche e moderni territori, fino a farle assurgere al rango di unità costitutive della confederazione.

Vogliamo ribadirlo con nettezza: il ritorno all’autogoverno, presidio delle autonomie personali, sociali, territoriali, è indispensabile proprio per affrontare i grandi temi globali del nostro tempo: la sfida ecologica, la produzione di buon cibo, la salute pubblica, il mantenimento del welfare, la gestione dei flussi di persone, la crescita civile e culturale – tutti temi che sono sempre stati presenti nel discorso di Che l’inse!.

Rendersi conto che il loro svolgimento non può prescindere dall’affrontare la prima parte del ragionamento, la richiesta di autogoverno, è quel che rafforza e differenzia il pensiero euroregionalista dalle forze politiche dominanti, anche nel campo popolare progressista - che è stato, in un passato lontano ma non dimenticato, quello più vicino agli autonomismi.

Non ci sarà progresso sociale, transizione ecologica, integrazione tra genti di diversa provenienza, tutela dei beni comuni e dei servizi pubblici essenziali, stabilità demografica, senza una fortissima autonomia, nella nostra terra e nelle altre.

Come in un circuito, da ovunque lo si prenda il ragionamento ritorna al punto di partenza. Certamente servono buone idee civiche e ambientaliste, ma senza i poteri, i fondi, l’autonomia per realizzarle, territorio per territorio, esse non diventeranno mai realtà. Perché dall’alto, da lontano, da altrove, si distrugge il mondo, non lo si migliora affatto, come dimostrano platealmente le scelte ecocide e suicide di tutte le grandi potenze e di tutte le concentrazioni di potere (politico, economico, militare) del nostro tempo.

Neomunicipalismo antiregionalista?

Ben poco possiamo aggiungere al confronto con coloro che rifiutano ideologicamente l’euroregionalismo, perché statalisti, siano essi veteronazionalisti o neosovranisti di area progressista (convinti, non senza motivazione, che la Costituzione italiana sia più “sociale” dei trattati europei).

Più insidiosa è l’obiezione ideologica che ci muovono i “neomunicipalisti”. Anch’essi sono convinti dei limiti del vecchio stato-nazione e più o meno convinti della necessità di far avanzare l’istanza europeista. Partono da premesse simili alle nostre, ma giungono a conclusioni parecchio differenti.

Il neomunicipalismo è stato rappresentato internazionalmente dalla sindaca di Barcellona Ada Colau, oltre che da altre esperienze europee. In Italia lo hanno interpretato, fra gli altri, Beppe Sala (sindaco di Milano) e Luigi De Magistris (per dieci anni sindaco di Napoli). L’idea ha una attrattiva, in ottica decentralista e progressista, ma anche una profonda debolezza, rispetto al nostro discorso euroregionalista.

L’impostazione neomunicipalista, in buona sostanza, concepisce un “noi” di riferimento, necessario a qualunque politica che non voglia cadere nell’esaltazione dell’individualismo neoliberista, come una “comunità di progetto” – secondo la terminologia di Manuel Castells – e non già come una comunità territoriale (nazionale o regionale). L’identità non è assente dal discorso neomunicipalista, ma è declinata in modo minimalista, svincolata da ogni retaggio storico o culturale, e non senza ragione: all’interno della comunità urbana – specie della contemporaneità metropolitana - il legato culturale delle appartenenze precedenti alla decisione di diventare residenti della città è meno visibile, più avanti nel processo di dissoluzione, quando non addirittura totalmente cancellato.

A Milano si sente difficilmente parlare milanese (mentre in provincia il lombardo è tuttora in uso). Un’analoga dicotomia esiste, ovviamente in proporzioni differenti, fra Barcellona e la Catalogna.

Le città sono sempre luoghi in cui la popolazione è più varia, in quanto a radici culturali, e questo facilita – quasi obbliga – a fare appello a un senso di comunità civica basato sulla costruzione, anzi la ricostruzione continua, di strutture sociali. E’ una identità, quella municipale o metropolitana, che trae il suo vigore dalla proiezione in un futuro condiviso, piuttosto che nella valorizzazione di un passato comune.

Le città, o meglio le aree metropolitane, sono dunque nell’idea neomunicipalista il vero centro del progresso civile, economico e sociale, e pertanto sono meritevoli di maggiori autonomie, facoltà di decidere e normare, per assecondare questa loro rilevanza a discapito di entità statali che sono sempre più superate dai tempi.

Tutto bene, fin qui, ma il territorio che le circonda? Secondo molti sindaci di questa corrente politico-culturale, esso verrà coinvolto per osmosi, di riflesso, nella costruzione di questa identità nuova, che supererà finalmente le distinzioni nazionali, nell’apertura a forme del vivere nuove e più coerenti con le necessità che l’epoca impone.

Le principali città europee sono in effetti, quale più quale meno, cosmopolite, inclusive, dinamiche. A loro il mondo non fa paura. In Italia lo sono anche molte città piccole. Molti sindaci, anche di cittadine e comuni relativamente piccoli, sono affascinati da questa prospettiva. Peccato, però, che ci si trova di fronte a una seduzione, più che a un osmosi, a un’attrazione più che a una inclusione. Il cittadino delle periferie e delle province rurali non è affatto uguale ai cittadini dei centri delle città, anche delle più socialiste e più democratiche.

Una grande città inserita nella globalizzazione può giustamente, in una stagione di confederalismo, aspirare a essere una città-cantone o una città-stato. Ma i territori circostanti le assomigliano poco e hanno, a nostro parere, bisogno di forme di autogoverno non solo altrettanto ma diversamente inclusive.

Nel neomunicipalismo la stessa espressione ‘cittadini europei’ rischia di diventare nei fatti ristretta alla sua etimologia: europeo si sente chi è di città (anche se possiede un buen retiro in posti rurali signorili...). La Le Pen non vincerà mai a Parigi, la Lega di Salvini non avrà mai più Milano. Magra consolazione se il resto dell’Europa diventa anti-europeo e anti-cittadino. Il neomunicipalismo, per dirla in modo semplice, può partorire molti “gilet gialli”.

L’antico cleavage città/campagna, specie di fronte agli immensi cambiamenti necessari per la transizione ecologica, è sempre più forte e richiede un buongoverno su scala territoriale più appropriata, come quella proposta da un serio e innovativo euroregionalismo.

Il necessario scetticismo nei confronti del macroregionalismo

Poiché il regionalismo contemporaneo è stato spesso calato dall’alto, a volte a casaccio, anche in Italia, ci ritroviamo anche con enti regionali con un’identità storica e dei confini molto incerti (anche se ormai cinquant’anni di regionalismo italiano ed europeo sono comunque un patrimonio che dovrebbe essere maneggiato con prudenza).

Per come è andata sviluppandosi la storia delle regioni, specie quelle di dimensioni geografiche e demografiche contenute, a molti pare ovvio che la prospettiva più plausibile sia quella dell’accorpamento all’interno di una regione più ampia. Così già avviene, per esempio, in molti campi delle realtà commerciale, associativa e civile, in cui la Liguria è accorpata al Piemonte e alla Val d’Aosta.

È chiaro che chi ha a cuore le sorti della Repubblica delle Autonomie non può che ostacolare questo macroregionalismo grossier.

Ci sono macroregionalisti che sono sinceramente europeisti, che credono, come noi, che il vecchio stato-nazione possa dissolversi nel sistema confederale europeo, che possa avanzare una Europa delle regioni… Purché non siano le attuali, ma per forza più grosse, le macroregioni.

Essi si ritengono più pragmatici degli euroregionalisti, contestando che se si andasse in quella direzione ci sarebbero troppe entità regionali, di dimensione troppo piccola… La loro astrazione arriva a immaginare accorpamenti con criteri analoghi a quelli con cui in età napoleonica si disegnavano dipartimenti e compartimenti: distanze, dimensioni, statistiche insomma. Nella migliore delle ipotesi, i meno fantasiosi, passerebbero dai NUTS2 (le attuali regioni europee) ai NUTS1 (le macroregioni già in uso nelle statistiche europee). A queste realtà più grandi essi concederebbero volentieri più risorse e più potere.

A chi scrive pare che dietro molte costruzioni macroregionaliste ci sia, innanzitutto, una debolezza di pensiero confederalista: la sussidiarietà si costruisce dal basso, non dall’alto.

C’è poi in molti casi una malcelata ignoranza di quello che i territori sono stati nei secoli, mettendo per di più esigenze di (presunta) efficienza amministrativa, omogeneità dell’ampiezza dei mercati, facilitazioni ai traffici, davanti alle ragioni culturali, ambientali e storiche di quelle che non sono “divisioni amministrative”, ma, prima di tutto, democrazie locali.

Per una buona politica, fondata sulle libertà e sulle autonomie, si devono valorizzare tutti gli aspetti dell’esistenza, anche quelli meno materiali e meno organizzativi, ma non meno rilevanti.

Del resto nulla vieta, in un contesto euroregionalista, che le singole regioni, della dimensione confacente alla loro storia e cultura (e volontà popolare debitamente informata), facciano rete fra di loro (come fanno già le Euregioni, o come prevede la Costituzione italiana per la collaborazione fra regioni vicine), condividendo strutture e servizi, senza bisogno di privare le popolazioni di un governo che le rappresenti.

Ai macroregionalisti, in sostanza, sfugge il nocciolo del discorso euroregionalista: avvicinare il governo ai territori, far sentire i territori arbitri del proprio destino, in un’epoca in cui i centri di potere diventano globali, quindi lontani e irrangiungibili. Questo non è possibile se si privano regioni storiche della propria entità amministrativa, per metterle insieme ad altri territori solo per fallace “funzionalismo”.

Conclusioni

L’euroregionalismo si pone dunque come un pensiero profondo e una azione praticabile, nella grande avventura necessaria per salvare l’idea stessa di Europa: in varietate concordia.

Per diventare prospetticamente egemone il discorso euroregionalista deve ovviamente abbandonare tutti i folklorismi e i ciarlatanismi. Il ché non significa affatto perdere il romanticismo dell’amore per la propria madreterra, o la passione per la sua storia, o la consapevolezza delle ingiustizie che abbiamo subito dai centralismi autoritari.

Anzi, l’euroregionalismo va autorevolmente proposto, senza scadere in argomenti obsoleti e in fin dei conti regressivi, proprio per proteggere i nostri territori, da nuove e sempre più sofisticate forme di centralismo autoritario, non solo politico-amministrativo, ma anche tecnologico e finanziario.

L’euroregionalismo è una idea vincente, per una vera Europa dei popoli, e deve iniziare a sentirsi tale.

Genova-Barcellona, 28 luglio 2023

* * *

se determinata a far valere la propria dignità,
anche una piccola nazione come quella ligure
può sviluppare una mobilitazione volta a conquistare l’autogoverno,
un diritto inalienabile riconosciuto a tutti i popoli,
compresi quelli della vecchia Europa.

Franco Monteverde (1933-2019)

* * * 

Per chi non conoscesse Franco Monteverde, qui un affettuoso necrologio in ricordo di colui che è considerato il padre dell'autonomismo ligure del XX secolo.

* * *    

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La deuxième gauche

  • Autore: Ione Orsini e Mauro Vaiani - Vecchiano e Prato, 20 gennaio 2024, San Sebastiano

Coloroche seguono il nostro Forum 2043sono impegnati a prepararsi per leelezioni europeedel 9 giugno 2024insieme alla nostra famiglia politicaALE-EFA e al patto Autonomie e Ambiente.Crediamo che possa essere d’ispirazione questo riconoscimento a una delle sorgenti culturali, una delle diversità che contribuisce alla nostra sorellanza di diversità. Grazie a Ione Orsini e a Mauro Vaiani per questo omaggio a una sinistra socialista autonomista e libertaria di cui l’Europa e l’Italia hanno bisogno oggi come ieri, in questo tempo dove vecchie e nuove forme di centralismo autoritario sono più scatenate che mai.

La deuxième gauche

Un omaggio all’umanesimo socialista e autonomista di Michel Rocard

di Ione Orsini e Mauro Vaiani*

Vecchiano e Prato, 20 gennaio 2024, San Sebastiano

"... la Deuxième gauche, décentralisatrice, régionaliste,
héritière de la tradition autogestionnaire,
qui prend en compte les démarches participatives des citoyens,
en opposition à une Première gauche,
jacobine, centralisatrice et étatique."

Michel Rocard, Congrès de Nantes du PS, 1977

 

L’espressione "Deuxième gauche" si diffuse nell’ultimo quarto del XX secolo per segnalare, proprio dalla Francia (l’Hexagone, lo stato centralista per antonomasia, forgiatodai giacobini),alle forze progressiste di tutto il mondo, che è possibile un umanesimo socialista e autonomista, una sinistra amica delle autonomie personali, sociali e territoriali. “Seconda sinistra”, in contrapposizione alla “prima”, centralista e autoritaria, voleva dire “altra”, ma non necessariamente “nuova”, poiché una sinistra antitotalitaria, anticentralista, antiautoritaria, è esistita dai tempi della Gironda, di Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865), della primavera libertaria che attraversò la Spagna e soprattutto la Catalogna prima della reazione franchista alla fine degli anni Trenta del secolo scorso.

In tempi più vicini a noi, una “seconda sinistra” è stata necessaria per distinguersi dalla imbarazzante subalternità dei comunisti europei nei confronti del PCUS, ma anche in contrapposizione al bellicismo e al neocolonialismo di tante sinistre centraliste (basti ricordare la SFIO di Guy Mollet, forza della "prima sinistra", al potere nel 1956, che s’impantanò nell’atroce guerra d’Algeria).

Della “seconda sinistra” divenne un portavoce chiave Michel Rocard quando, nel congresso dei socialisti francesi del 1977 a Nantes, chiese al suo partito di abbracciare il regionalismo e l’autonomismo, recidendo una volta per tutte ogni commistione con il settarismo, l’estremismo, l’elitismo autoritario (quello marxista e leninista, ma non solo).

Michel Rocard (1930-2016) era stato sin da giovane un socialista riformista, autonomista, libertario, impegnato nel piccolo ma vivace e plurale Partito Socialista Unificato (PSU), una formazione che dava spazio a molte diversità: laici di sinistra, cattolici cristiano-sociali, ex-comunisti anti-stalinisti, socialisti riformisti che rifiutavano la repressione in Algeria, persone di origine trotskista e altri socialisti con radici anarchiche e libertarie.

La forza e l’originalità del suo pensiero si manifesta nel rapporto "Décoloniser la province" (decolonizzare la provincia) del 1966. Il documento era sulla scia di una lunga tradizione intellettuale anticentralista francese. Riecheggia l’opera di Jean-françois Gravier, Paris et le désert français (Parigi e il deserto francese) del 1947, che a suo tempo aveva fatto molto rumore. Si riconnette alla corrente girondina, che era stata spazzata via dal terrore giacobino nella Révolution française.

Il rapporto analizza lo squilibrio fra Parigi e le province francesi e vede in esso un “tratto coloniale”. Rocard formula un pensiero a noi familiare: "La clé du développement c'est la décision." (la chiave dello sviluppo è la [capacità di] decidere), che equivale a credere che senza potere politico locale di autodeterminazione, i territori non riescono a svilupparsi e prosperare.

Il testo diventò strumento di lotta politica contro quei socialisti e comunisti che si attardavano su posizioni centraliste (e, rispetto ai territori francesi d’oltremare, indulgevano in posizioni neocolonialiste, magari mascherate da “mission civilisatrice “, da parte della patria della Déclaration des droits de l'homme et du citoyen de 1789, una posizione che purtroppo è ancora oggi dominante in sinistre centraliste come quella di Jean-Luc Mélenchon).

Partì da quel rapporto un movimento culturale prima ancora che politico, che ispirerà le future, sia pure timide, riforme decentraliste in Francia, che condussero all’istituzione delle regioni. Se i dipartimenti e la stessa figura dei prefetti sono in discussione in Francia, come in Italia, è merito anche di quel coraggioso e lungimirante documento.

Per Michel Rocard era naturale che il socialismo implicasse autonomie personali, sociali, territoriali, uno sviluppo democratico necessario per ridurre il potere di pochi su molti. Questo socialismo per le autonomie non era solo francese. Influenzava tutta la sua generazione, i leader socialisti di cui era amico sin da giovane, grazie alle fitte relazioni internazionali del socialismo: Bettino Craxi, Willy Brandt, a Felipe González, Mário Soares, Andreas Papandreou, Salvador Allende.

Quando il socialismo francese si riunì in un partito più ampio, quello che poi sarà guidato da François Mitterrand, la “deuxième gauche” diventò una corrente importante ma purtroppo non dominante. Tuttavia Michel Rocard continuò il suo impegno, con battaglie concrete e di successo per la decolonizzazione della Nuova Caledonia, per l’autonomia della Corsica, per il regionalismo, per un’Europa unita ma fondata sulla sussidiarietà, per i redditi minimi d’inserimento, per servizi sociali diffusi.

Michel Rocard avrebbe potuto fare molto di più per smontare lo stato giacobino, se non ci fosse stata l’ingombrante e conservatrice influenza di François Mitterrand, che nelle elezioni europee del 1994, per ridimensionare il socialismo autonomista di Rocard, arrivò a sostenere la lista liberal-radicale di Bernard Tapie.

Una volta eletto nel Parlamento europeo, Rocard, continuò a impegnarsi sui temi sociali, per i giovani, per la libertà d’informazione. Fu rieletto anche nel 1999 e nel 2004.

Verso la fine del suo lungo servizio pubblico, nel 2009 Rocard fu nominato ambasciatore della Francia nei grandi negoziati internazionali per la tutela dei poli dell’Artico e dell’Antardide. In questi ultimi anni s’impegnò molto per la tutela dell’ambiente e per il futuro del pianeta, ma anche per criticare gli eccessi neoliberisti che stavano rendendo l’Unione Europea e il mercato unico un ambiente ostile per le piccole e medie imprese, per i ceti medi, per le nuove generazioni (fra l’altro, si oppose alla direttiva dell'Unione Europea 2006/123/CE, la famigerata “Direttiva Bolkestein”, approvata ed emanata nel 2006, così chiamata dal nome di Frits Bolkestein, uno dei membri della Commissione europea guidata da Romano Prodi, che ne fu il propugnatore).

Anche dopo la scomparsa di Michel Rocard, il 2 luglio 2016, gli ideali della “deuxième gauche” continuano a vivere, influenzando il mondo sindacale, le associazioni civiche, le organizzazioni ecologiste, gli autonomisti delle regioni e dei territori, non solo in Francia.

Rocard volle essere seppellito a Monticello in Corsica, il borgo che era stato caro anche al “babbo” della nazione corsa, Pasquale Paoli, tanto era l’amore che aveva conservato per quella piccola màtria che aspira, come è diritto di ogni territorio, al pieno autogoverno.

- - -

Fonti e inviti all’approfondimento

- https://michelrocard.org/ (progetto di valorizzazione del lavoro politico e culturale di Michel Rocard gestito in collaborazione con la Fondation Jean-Jaurès)

- https://michelrocard.org/app/photopro.sk/rocard/publi?docid=357232#sessionhistory-ready (Décoloniser la province)

- https://www.lemonde.fr/archives/article/1966/12/20/le-socialisme-doit-avoir-priorite-sur-le-regionalisme-estime-m-michel-rocard-qui-demande-d-autre-part-la-suppression-de-l-institution-prefectorale_2684365_1819218.html

- https://it.euronews.com/2016/07/02/e-morto-michel-rocard-ex-premier-francese-sotto-mitterrand-aveva-85-anni

- https://www.rivistailmulino.it/a/michel-rocard (Michele Marchi)

- https://fr.wikipedia.org/wiki/Deuxi%C3%A8me_gauche

- https://fr.wikipedia.org/wiki/Michel_Rocard

- https://it.wikipedia.org/wiki/Michel_Rocard

- https://www.toupie.org/Dictionnaire/Deuxieme_gauche.htm

- https://www.cairn.info/revue-le-debat-2019-1-page-182.htm

- https://it.wikipedia.org/wiki/Bettino_Craxi

- https://france3-regions.francetvinfo.fr/corse/corse-retour-sur-le-discours-de-michel-rocard-en-avril-1989-a-l-assemblee-nationale-2524200.html

- - -

* Ione Orsini, attivista socialista civica e autonomista, è comoderatrice di OraToscana (insieme a Cristiano Pennesi, comoderatore). Mauro Vaiani è, oltre che coordinatore della segreteria interterritoriale di Autonomie e Ambiente, il garante di OraToscana.

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Lettura pubblica integrale delle PAROLE VIVE della Carta di Chivasso - Seminario online

  • Autore: Gruppo di studio interterritoriale Forum 2043 - 11 marzo 2023
Ciò che i rappresentanti di queste valli hanno affermato,
vale per tutte le regioni italiane,
per i piccoli popoli che formano quel tutto
che è il popolo italiano
(Émile Chanoux, Federalismo e autonomie,
in P. MOMIGLIANO LEVI (a cura di), Écrits, Institut Historique de la Résistance en Vallée d'Aoste,
Aosta, 1994, p. 399, p. 422)

I contenuti del nostro seminario online dedicato alle parole vive della Carta di Chivasso, tenutosi ieri sabato 11 marzo 2023, sono pubblici e disponibili attraverso il prezioso archivio politico di Radio Radicale:

https://www.radioradicale.it/scheda/693128/parole-vive-per-le-autonomie-e-lambiente

Per un approfondimento delle conclusioni politico-culturali e una sinossi completa degli interventi:

https://www.autonomieeambiente.eu/news/117-parole-vive-per-le-autonomie-e-l-ambiente

Attraverso il nostro canale YouTube diffondiamo l'estratto della lettura pubblica integrale della Carta di Chivasso:

https://www.youtube.com/watch?v=wSLSjx0PJ0c

 

La Carta di Chivasso, dopo ottant'anni dal 19 dicembre 1943, ci definisce, ci unisce, ci aiuta a tramandare i nostri valori, ci sostiene nel nostro impegno per la Repubblica delle Autonomie personali, sociali, ambientali.

Aiutateci a diffonderla e a farla conoscere, attraverso le reti sociali:

https://twitter.com/rete_aea/status/1634869894306058240?s=20

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Meno armi, più politica

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Riflessioni a margine dell’annunciato piano #ReArmEU

 

  1. La drammatica realtà dell’attuale momento politico è che l’Unione Europea non è riuscita da darsi una politica estera comune e, peggio ancora, né la II Commissione Ursula von der Leyen, né i 27 capi di stato e di governo, né i capi di altri paesi europei membri della NATO, hanno un mandato popolare per elaborarne una, nonostante essi si muovano in un apparente rispetto rispetto dei trattati.
  2. Né il tradizionale atlantismo della maggior parte degli stati membri, né la storica neutralità di alcuni di essi, sono più adeguati alla complessità dei tempi. I principi di coesistenza pacifica stabiliti a Helsinki nel 1975 possono ancora essere una fonte di ispirazione, ma sarà necessario un paziente lavoro di aggiornamento e non abbiamo istituzioni democratiche comuni dotate dell’autorevolezza e della competenza necessarie a portarlo avanti.
  3. In questo contesto, nessuno può dimenticare che le spese militari dell’Unione Europea sono già oggi superiori a quelle della Federazione Russa e quindi fra le più alte al mondo. Quando arriveremo a coordinarle seriamente, in una ideale comunità di sicurezza, esse dovranno scendere, non certo salire.
  4. Non di nuove commesse militari abbiamo bisogno, ma di una politica estera comune, costruita democraticamente, nell’interesse dell’Europa, di tutti i suoi popoli, delle sue regioni, dei suoi territori, oltre che per promuovere pace, giustizia, autogoverno per tutti e dappertutto, a cominciare da
    1. le province sanguinosamente contese nella terribile guerra russo-ucraina;
    2. le minoranze etniche e culturali che sono ancora minacciate o che sono state addirittura spazzate via, come è accaduto agli Armeni dell’Artsakh (Nagorno Karabakh);
    3. le nazioni e le minoranze che sono, ancora oggi nel XXI secolo, disconosciute o addirittura oppresse all’interno del centralismo degli stati.
  5. Non è il momento di costruire la casa europea dal tetto, invece che dalle fondamenta. Le coalizioni di “volenterosi” (e gli aspiranti “napoleone” d’Europa) hanno già fatto abbastanza danni nel nostro passato europeo. Non servono fughe in avanti, come l’improvvisa calata dall’alto del piano chiamato “ReArmEU”, un investimento di ben 800 miliardi di Euro, annunciato all’improvviso dalla presidente Von der Layen, all’insaputa degli unici organi che hanno una qualche rappresentatività di tutta l’Europa, cioè il Parlamento europeo e il Comitato delle regioni.
  6. Spendere di più in armi senza sapere cosa farne, è peggio che avventuristico, è controproducente per noi Europei, per la nostra coesione, per la nostra sicurezza e per quella della nostra vicina Ucraina dopo che sarà entrato in vigore l’ormai prossimo armistizio.
  7. Queste riflessioni critiche vengono messe a disposizione di tutte le componenti di Autonomie e Ambiente e, se ritenute utili, della nostra famiglia politica europea EFA, perché siano di stimolo all’elaborazione di una cultura politica e geopolitica comune, nel rispetto delle nostre diversità politiche e culturali.

Documento creato a Olbia, mercoledì 5/3/2025, le Ceneri - A cura della presidenza di AeA
Sottoposto alla riflessione comune dei responsabili di AeA il 7/3/25
Reso pubblico il 12/03/2025 (Anniversario della marcia nonviolenta del sale, promossa dal Mahatma Gandhi)

 

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English version

 

 

 

 

Occitani per una nuova Europa

Riceviamo e volentieri rilanciamo, pressoché integralmente, un appello occitano per le prossime elezioni europee 2024. L'Occitania è, per definizione, uno spazio europeo. Gli Occitani vivono in diversi stati dell'attuale Unione Europea, a cominciare da Spagna, Francia, Italia. Il loro è un messaggio transnazionale e confederale, che ispira tutti i territori, le regioni, le culture, le diversità, le autonomie, i popoli e le nazioni nel cammino per il pieno autogoverno, al più basso livello possibile.

APPELLO PER UNA LISTA EUROPEA "PER L'AUTONOMIA DELL'OCCITANIA" E PER TUTTE LE AUTONOMIE
 
Le elezioni europee sono ancora distanti, almeno all'apparenza, ma crediamo sia necessario iniziare un dibattimento tra tutte le forze occitane (senza esclusione di natura politica) che portino avanti un'idea autonomista o indipendentista.
Le elezioni europee sono le elezioni più "occitane che ci siano", la nostra nazione si estende infatti su 3 stati (Italia, Francia, Spagna) che fanno parte dell'Unione europea.
Inoltre il formato delle elezioni europee consente una più facile presentazione alle elezioni consentendo di presentarsi senza la raccolta firme (che in Italia e Catalogna rischia di essere una chimera insuperabile visti i numeri esigui di residenti nelle zone occitane), [grazie a] un simbolo presente nel Parlamento europeo.
È necessario mettere alla finestra tutte le divisioni che hanno impedito finora all'occitanesino politico di affermarsi come movimento politico credibile e popolare.
Crediamo sia giunta l'ora di provarci!
Le condizioni politiche (con lo sciovinismo in crescita ovunque come dimostrato dalle recenti elezioni politiche in Italia e Francia e come i sondaggi mostrano in Spagna con Vox) dicono che se continuiamo a essere divisi rischiamo di sparire!
Siamo una delle nazioni non riconosciute più grandi nel mondo ma anche una di quelle dove lingua e cultura stanno velocemente sparendo, inglobate dalla cultura "globale" che finge di tutelare le culture minoritarie ma in realtà le relega a folklore, a diventare una cultura per macchiette: bene, per tutto questo siamo fermamente convinti che si debba reagire! Uniamoci, non in un listone che annulla le diversità e finisce per essere solo elettorale e di élite senza il seguito popolare, ma in un manifesto programmatico semplice, con pochi punti chiari e unitari, su cui tutti siamo concordi!
Noi ci siamo! Chi ci vuole seguire in questa impresa?
 
Versione originale in lingua occitana:
APÉL PER UNA LISTA TRANSNACIONALA "PER L'AUTONOMIA DE L'OCCITANIA"
Las eleccions europèas son encara distantas, au mínim a l'aparença, mas crei qu'es necessari d'iniciar un debat entre totes las forças occitanas (sense exclure de natura politica) que promovon una idèa autonomista o independentista.
Las eleccions europèas son las eleccions mai "ocitanas qu'existisson", la nacion se estén en realitat sus 3 estats (Itàlia, França, Espanha) que son dins l'Union Europèa. A mai, lo format de las eleccions europèas permet una presentacion mai aisada a las eleccions permetent de presentar-se sense la recolha de signaturas (que en Itàlia e en Catalonha risca d'èsser una quimera insuperabla considerat los nombres escasses de residents dins las zonas occitanas) mas amb un simbòl present dins lo parlament europèu.
Una lista unificada a las eleccions europèas amb un simbòl unic d'una realitat autonomista e federalista seria una realitat mai unica qu'una rara en Europa!
Es necessari d'escampar totes las divisions qu'an impedit fins ara a l'occitanisme politic de s'afirmar coma movement politic credible e popular.
Es temps d’i provar!
Las condicions politicas (amb lo chauvinisme crescut a tot arreu, coma demostrat per las recentas eleccions politicas en Itàlia e en França e coma las sondatges mostran en Espanha amb Vox) ditz que si seguèm dividits, nos risquèm de desaparéisser!
Som una de las nacions mai grandas del monde, mas tanben una d'aquelas on la lenga e la cultura s'esvanisson rapidament, englobadas per la cultura "globala" que finta de protegir las culturas minoritàrias mas que las relega al folklore e que se convertiá en una cultura de manchas: ben, per tot aquò, nos convencèm fermament que cal reaccionar! Unim-nos, non pas dins una lista que anula las diversitats e que finís per èsser solament electorala e d’elit sense lo seguiment popular, mas dins un manifèst programatic simple, amb qualques punts clars e unitaris, sus çò que tots som d’acord!
E soi aquí! Qui nos vòu seguir dins aquò?
 
Approfondimenti sull'Occitania:
Fonte:
 
La bandiera dell'Occitania:
Flag of Occitania with star
 Fonte: Di Nimlar - Derived from Image:DrapeauOccitan.png, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=945312
 
 
 
 

Pace e bene per il 2023

Pace e bene per l'anno nuovo 2023, questo è l'augurio della sorellanza di Autonomie e Ambiente a tutte le famiglie, le comunità, i territori, i popoli della Repubblica Italiana.

Andiamo avanti con umiltà, consci dei nostri limiti, ma fieri e ambiziosi. Siamo al servizio di un progetto di collaborazione fra storiche forze delle autonomie con una vasta rete di movimenti civici e ambientalisti territoriali, di forze politiche a "chilometro zero", di realtà politiche di antica tradizione ma spesso anche radicalmente innovative.

Siamo una presenza essenziale per il futuro di una repubblica italiana e di una Europa delle regioni che siano fondate sulle autonomie personali, sociali, territoriali. Antichi ideali di autogoverno e buongoverno sarebbero perduti per le generazioni future, senza la nostra diligenza e la nostra costanza.

Ripercorriamo insieme ciò che ci ha unito nel 2022 e che ci unirà anche nel futuro:

Auguri!

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L'immagine è un estratto di una mappa delle regioni europee del Comitato europeo delle regioni 

Fonti:

https://cor.europa.eu/it

https://medienfriz.wordpress.com/2017/09/25/mappa-delle-regioni-europee/