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Fuori dallo stato d'emergenza

Il centralismo contro i poveri, le autonomie per la loro emancipazione

Il centralismo non solo ha fallito, ma si scatena contro i poveri. Mentre ormai s'incontrano per strada persone ricurve per il peso degli anni che vendono piccoli oggetti o chiedono elemosine per sopravvivere, le forze del centralismo autoritario hanno fatto fiasco miseramente con il "reddito di cittadinanza". Non difendiamo quel fallace progetto centralista, ma nello stesso tempo dobbiamo lottare perchè i comuni abbiano le risorse e i poteri per prendersi cura dei fragili e per l'emancipazione dei poveri. Avviata una riflessione tra le forze del patto Autonomie Ambiente, di cui riproduciamo qui i punti cruciali.

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Per l’emancipazione dei poveri
Un dibattito aperto fra le forze del patto Autonomie e Ambiente (AeA)

Venezia – Milano – Roma – Napoli – Palermo, 2 agosto 2023

Il patto Autonomie e Ambiente (AeA), rete di forze territoriali rappresentata e guidata dal Patto per l’Autonomia Friuli-Venezia Giulia, con il supporto del partito politico europeo Alleanza Libera Europea- European Free Alliance (ALE/EFA), ha avviato al proprio interno un dibattito sul fallimento del “reddito di cittadinanza” e sul pasticcio della sua frettolosa abolizione, nel cuore di un estate difficile, d’inflazione e quindi d’impoverimento generale.

Insieme ai nostri amministratori e attivisti dei diversi territori, non abbiamo mai condiviso la struttura e i meccanismi del “reddito di cittadinanza”, né il suo affidamento all’INPS, un ente centrale che non aveva alcuno strumento e alcuna competenza in materia di emancipazione dei poveri e di vicinanza alle persone fragili e inabili al lavoro.

Noi chiediamo un ritorno alla Costituzione che, anche in questa materia come in molte altre, è largamente inattuata e spesso sfacciatamente tradita.

L’assistenza, ma ancora di più l’emancipazione dalla povertà di chi è in difficoltà o è inabile al lavoro, fanno parte dei diritti inviolabili della persona umana, protetti dagli articoli 2 e 3 della Carta. L’art. 38 concretizza il diritto a essere assistiti: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. (…) Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera”.

Quali siano gli organi e gli istituti che devono essere messi in campo è chiarito dalla divisione dei compiti fra stato e regioni sancita dall’art. 117. Tocca evidentemente alle autonomie locali occuparsi di protezione degli inabili al lavoro e l’emancipazione di chi è povero. Le regioni possono legiferare in materia, mentre ai comuni spetta di operare concretamente e direttamente.

Devono trovare piena attuazione i principi dell’art. 118, di sussidiarietà verticale (portando l’azione amministrativa al livello più vicino possibile ai cittadini di ogni comunità) e di sussidiarietà orizzontale (riconoscendo il ruolo decisivo delle istituzioni caritative autonome, molte delle quali sono parte decisiva della storia e dell’identità delle nostre comunità).

Si deve porre fine a decenni di confusione legislativa, di invadenza dei poteri centrali sulle autonomie, di confusione fra assistenza e previdenza, di dispersione e di spreco dei patrimoni degli enti assistenziali e delle risorse fiscali, di cui il “reddito di cittadinanza” è stata solo l’ultima manifestazione.

Il sovrapporsi di troppe leggi e leggine ha finito per creare una costellazione di enti e strumenti assistenziali in nessun modo coordinati fra di loro, finendo per creare terreno fertile per l’assistenzialismo, il clientelismo, le piccole furbizie, o anche vero e proprio malaffare organizzato. Gli ultimi governi – tecnici, populisti, di centrosinistra, di centrodestra – in questa materia sono stati tutti assolutamente distratti, inadeguati, quando non addirittura perniciosi.

Nei servizi sociali comunali e nel mondo delle istituzioni caritative e del terzo settore cresce la collera nei confronti della metastasi legislativa, delle complicazioni burocratiche, delle perversioni del centralismo.

Il centralismo si deve ritirare da ciò che può essere gestito solo dai sindaci e dagli amministratori locali, con i loro assistenti sociali, coordinandosi con le iniziative assistenziali e caritative presenti nei propri territori.

L’emancipazione dalla povertà e la protezione della persona inabile possono essere affrontate solo nella prossimità, da persone responsabili che conoscono le persone bisognose, perché vivono nella stessa comunità, come – ribadiamolo - previsto dalla Costituzione all’art. 118, secondo “princı̀pi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”.

Tutte le risorse e tutti i poteri, in materia di assistenza pubblica e di coordinamento dell’assistenza civica, devono tornare al più presto ai comuni.

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Per la fine dello stato d'emergenza e contro il centralismo


Perché la Repubblica
esca dall’emergenza
e si fermi la deriva
centralista e autoritaria

Ordine del giorno della Presidenza collegiale di Autonomie e Ambiente - Udine,5 luglio2021

1) Le forze politiche territoriali collegate nella rete Autonomie e Ambiente chiedono la fine dello stato d’emergenza, iniziato il 31 gennaio del 2020 e in scadenza il prossimo 31 luglio 2021.

2) Chiedono che si ponga fine alla concentrazione di potere nelle mani di ristrette strutture commissariali, speciali, centralizzate; dopo 18 mesi, è tempo che il potere esecutivo torni nell’ambito dei suoi poteri ordinari, che sono peraltro già enormi; ogni autorità centrale - sanitaria, di protezione civile, di pubblica sicurezza, delle forze armate - deve rientrare entro i limiti delle sue funzioni ordinarie; da mesi ormai, alla luce dell’esperienza interna e internazionale, il Covid non è più una malattia sconosciuta, tanto che si sono moltiplicati nel mondo vaccini e farmaci per combatterla; è tempo di amministrazione ordinaria di una malattia che resterà a lungo con noi.

3) Ai comuni e alle regioni, alle università e ai centri di competenza siano assicurate le risorse promesse per la sanità territoriale; come ammesso anche nel programma di governo, solo una sanità presente in ciascuna comunità, con la massima prossimità possibile ai cittadini, specie agli anziani e ai fragili, potrà combattere il Covid-19 e tutte le altre malattie.

4) In caso di nuovi focolai, i sindaci e i presidenti di regione hanno già i poteri necessari per imporre restrizioni circoscritte e appropriate alle caratteristiche di ciascun territorio, senza più ricorrere a disastrose quarantene generalizzate.

5) Di cruciale importanza, dopo questa stagione di vaccinazioni di massa approvate in via sperimentale, è che cessi il boicottaggio delle cure precoci domiciliari, che hanno mostrato di poter ridurre drasticamente l’ospedalizzazione e le complicazioni; la malattia resta un problema serio, ma l’infodemia di terrore non è più in alcun modo giustificabile.

6) Le forze di Autonomie e Ambiente ribadiscono la necessità di sospendere i brevetti (waiver of patents) dei nuovi farmaci, che – ricordiamolo - sono stati integralmente finanziati dai fondi pubblici; ciò anche al fine di moltiplicare i centri di produzione locale, in ciascun territorio, di ciò che serve, in un corretto rapporto tra pubblico e privati, senza improprie rendite di posizione per questi ultimi.

7) Ritengono che l’esercizio dei poteri emergenziali sia già andato troppe volte oltre i limiti costituzionali, in preoccupante correlazione con la riduzione del Parlamento all’impotenza, il grigio conformismo dell’informazione, la sospensione della vita politica.

8) Il coro che esalta le capacità del presidente del consiglio in carica nasconde il tentativo di convincere i cittadini della nostra Repubblica delle autonomie territoriali e sociali ad accettare l’uomo solo al comando, il "podestà d’Italia"; la prosecuzione dello stato d’emergenza finirebbe, inevitabilmente, per accentuare questa tentazione centralista e autoritaria, che ha inquinato già fin troppo la vita pubblica e contro la quale le forze di Autonomie e Ambiente intendono continuare a battersi con tutte le loro forze.

 

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(nella foto di corredo al post una immagine della Concordia, fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Concordia)

 

Porre fine allo stato di emergenza

Udine,28 novembre 2021

Per la fine dello stato di emergenza

Comunicato stampa della Presidenza di Autonomie e Ambiente

1) Riprendendo riflessioni già emerse e consolidate in Autonomie e Ambiente, sia in nostre precedenti prese di posizione che nelle decisioni della nostra II Assemblea generale, torniamo a chiedere che si ponga fine allo stato di emergenza entro il 31 dicembre del 2021. E’ necessario che il potere esecutivo e ogni altra autorità centrale - sanitaria, di protezione civile, di pubblica sicurezza, delle forze armate – ritornino entro i limiti delle loro funzioni ordinarie.

2) Alla luce dell’esperienza interna e internazionale, il Covid non è più una malattia sconosciuta, né sono più sconosciute le potenzialità ma anche i limiti delle misure messe in campo per prevenirla (distanziamento fisico, mascherine, riduzione delle occasioni di assembramento) o per curarla (dalle cure precoci anti-infiammatorie ai nuovi vaccini).

3) Le amministrazioni regionali e comunali, gli ospedali, le aziende sanitarie, le università e i centri di competenza devono avere le risorse promesse dal Governo, per poter ricostruire una sanità territoriale pubblica, presente in prossimità fin nelle più piccole e remote località, nel rispetto della Costituzione e degli Statuti di autonomia. Il Covid ha dimostrato, una volta di più, che solo una rete di servizio sanitario pubblico territoriale è in grado di fronteggiare con la necessaria elasticità le situazioni di crisi. Questa elasticità deve essere protetta e anzi premiata, nel tempo, da una seria programmazione, territorio per territorio, sotto il controllo stretto dell’opinione pubblica delle comunità locali, le dirette interessate.

4) In caso di nuovi focolai, i sindaci e i presidenti di regione hanno i poteri necessari per imporre restrizioni circoscritte e appropriate alle caratteristiche di ciascun territorio, senza più ricorrere a disastrose quarantene generalizzate o a provvedimenti inutilmente discriminatori. I più recenti decreti (come quello sul c.d. Super Green Pass) ci paiono difficilmente conciliabili con il quadro normativo europeo sin qui consolidato.

5) Pur non volendo entrare in discussioni che non ci competono, ricordiamo quanto da Autonomie e Ambiente già sostenuto in passato su un tema specifico: è di cruciale importanza valorizzare le cure precoci domiciliari, che hanno dimostrato di poter ridurre drasticamente l’ospedalizzazione e le complicazioni. Il Covid è una malattia con cui dobbiamo imparare a convivere. L’infodemia di terrore non è più in alcun modo giustificabile.

6) Le forze sorelle di Autonomie e Ambiente ribadiscono la necessità di sospendere i brevetti (waiver of patents) dei nuovi farmaci, che – ricordiamolo - sono stati integralmente finanziati dai fondi pubblici. Si devono moltiplicare i centri di produzione locale, in ciascun territorio, di ciò che serve alla sanità pubblica, in un rapporto con i privati meno sbilanciato a favore di questi ultimi.

7) Ci sia consentito, infine, di esprimere la nostra preoccupazione. I poteri emergenziali centrali sono già andati oltre i limiti costituzionali. Il significato della parola “emergenza” viene stravolto, quando gli interventi straordinari diventano ordinari. Non ci pare ci sia consapevolezza che quella del Covid non è una emergenza, ma un fenomeno destinato a ripresentarsi. Anche in campo sanitario, come si è già dimostrato necessario in caso di crisi ambientali od energetiche, è tempo di programmazione.

 

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