Giustizia e Libertà per Beniamino Zuncheddu e per tutti
Il caso giudiziario di Beniamino Zuncheddu, un condannato all’ergastolo che da 32 anni urla la propria innocenza, risveglia il dibattito sull’accanimento della giustizia italiana sugli umili in generale e in particolare sulla società pastorale sarda.
A dar voce alla disperazione di un giovane pastore, per il quale tutto depone per la sua innocenza, è, ancora una volta, in una agghiacciante solitudine nel panorama dei media, Radio Radicale.
Siamo in attesa della revisione di un processo a oltre trent’anni di distanza da un delitto efferato, commesso a Sinnai, dove furono uccise tre persone. Il caso giudiziario in quell’ambito pastorale fu inquadrato come una presunta faida e fu chiuso in un batter d’occhio. Era bastato trovare uno da condannare per liquidare il caso. Beniamino Zuncheddu, di 26 anni, servo pastore fragile e indifeso, era il capro espiatorio perfetto per la giustizia italiana.
Quella lontana condanna all’ergastolo è ritenuta palesemente ingiusta dalla comunità di Burcei, il paese di Beniamino, per chi ha studiato il caso e oggi, finalmente, per gli addetti ai lavori.
Un giovane mite è invecchiato inascoltato. Ci sono voluti i Radicali per smuovere lo stagno putrido. In sostegno alla mobilitazione popolare di Burcei, si è tenuta pochi giorni fa una manifestazione radicale a Roma, in cui era presente, fra gli altri, la presidente onoraria del partito, Gaia Tortora, la figlia di Enzo.
Il caso di Beniamino Zuncheddu è emblematico dello stato desolante della giustizia dello stato centralista italiano, ma è reso ancora più insopportabile dalla condizione di subalternità coloniale in cui quello stato tiene le comunità sarde.
La società pastorale sarda è da sempre uno dei terreni preferiti dalle esercitazioni repressive della giustizia italiana. In questa atmosfera di discriminazione e disprezzo da parte degli operatori dello stato italiano, si è sviluppato un sentimento popolare di diffidenza nei confronti delle istituzioni della legalità (una conseguenza peraltro ben nota di tutti i colonialismi).
Il dramma di Beniamino non è solo un errore giudiziario. E’ anche un consapevole accanimento connesso con la criminalizzazione di un mondo pastorale che ha proprie regole, dettate dalla sua antica cultura, che ha resistito all’omologazione e che per questo è stato e viene ancora perseguitato, dai Savoia, al fascismo, al fallimento (voluto da Roma e da molti potenti di Cagliari) dell’autonomia speciale sarda, fino a tutt’oggi.
La nostra cultura è diversa e lontana dalla repressione dello stato centralista. La mediazione dei conflitti tra le parti è sempre avvenuta all’interno della comunità, attraverso personalità di valore: Sos òmines de gabbale, òmines de valoreche agivano per garantire le Paci, Sas Paghes.Queste figure avevano il compito di cercare riconciliazione tra le persone, come strada maestra per garantire sicurezza alla comunità. Questa concezione della risoluzione dei conflitti, peraltro, avrebbe qualcosa da insegnare a un sistema giudiziario burocratico e centralista che riempie le carceri, che trascina i processi per decenni, che è stato ripetutamente condannato in ogni foro internazionale per la sua feroce lentezza e incapacità di raggiungere obiettivi di giustizia riparativa.
Dal romanzo di Giulio Bechi, “Caccia Grossa”, descrizione della feroce repressione avvenuta a fine Ottocento ai danni delle popolazioni sarde, considerate fiancheggiatrici del banditismo, fino a oggi, il disprezzo dello stato centralista italiano per i sardi è ancora vivo. I codici italiani, ancora principalmente sabaudi e fascisti, pochissimo aggiornati (qualche volta in peggio) dalla Repubblica, hanno continuato a sradicare la nostra giustizia pastorale, insieme con la nostra cultura, per sostituirla con la giustizia peggiore d’Europa.
Insieme alla lotta per Beniamino, che merita la priorità e il massimo supporto da parte di tutti noi, tutta Autonomie e Ambiente ha il compito di approfondire, comprendere e ribellarsi contro il centralismo autoritario e la sua giustizia ingiusta, che continua a minacciare, con metodi antichi - e anche in modi nuovi tutti da mettere a fuoco - le nostre culture e i nostri territori.
Cagliari, 6 ottobre 2023
Claudia Zuncheddu
associata al Patto Autonomie e Ambiente - Movimento Sardigna Libera