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grazia e giustizia

Ero carcerato, esiliato, perseguitato

"Ero carcerato e siete venuti a trovarmi"
(Matteo, 25, 36)

Più grandi, centralisti e autoritari sono gli stati, più le ingiustizie diventano irredimibili.

Anche per questo siamo decentralisti e il nostro mondo civico, ambientalista e territorialista non dimentica mai i carcerati, gli esiliati, i perseguitati per ragioni politiche e di coscienza, in tutto il mondo: da Leonard Peltier e Julian Assange, ai fratelli Mikhail e Aleksandr Kononovich, Aleksei Navalny, Ales Bialiatski, Nasser Zefzafi, Osman Kavala, Alaa Abd El Fattah, Xu Zhiyong, Ding Jiaxi, senza dimenticare i perseguitati politici e gli esiliati di Catalogna, Tigray, Birmania e quelli di migliaia di territori oppressi da stati centralisti e autoritari.

Coloro che languono in carcere o sono sotto lo scrutinio della giustizia per ragioni quanto meno discutibili non mancano nemmeno nella Repubblica Italiana. L'ultimo caso, in ordine di tempo, è quello di alcuni anarchici dello storico circolo "Gogliardo Fiaschi" di Carrara, finiti agli arresti per aver pubblicato una rivista che ha ormai interrotto le pubblicazioni.

Non dimentichiamo nemmeno le condizioni di coloro che sono incarcerati per ragioni magari meno discutibili, ma che soffrono in ambienti malsani e sovraffollati, in dispregio della Costituzione.

Agosto, per tutti coloro che vivono nella bolgia infernale del sistema carcerario centralista e autoritario di questo stato italiano, è il mese peggiore. Non solo per il caldo, la mancanza di visite, la rarefazione delle già scarse attività, ma soprattutto perché tribunali e cancellerie sono praticamente ferme. Il centralismo non è capace nemmeno di diluire nell'arco di una estate le ferie dei propri organi di giustizia.

Onoriamo persone come Rita Bernardini e tante altre persone dell'arcipelago radicale e nonviolento che non mancano mai, a Ferragosto, di essere dove sono sempre stati: nei luoghi del dolore, dove detenuti e detenenti soffrono delle ingiustizie strutturali di questo stato centralista, dove si muore dimenticati.

A cura della segreteria interterritoriale - Prato, 13 agosto 2023

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Giustizia, mai giustizialismo, nella Repubblica delle Autonomie

Nessuna delle componenti civiche, ambientaliste, territorialiste della rete Autonomie e Ambiente, è indifferente al destino dei prigionieri politici, di tutti. Ce ne sono negli stati autoritari, ma non mancano neppure negli ordinamenti dove il diritto è sostenuto da istituzioni più solide.

Sempre, nella faticosa ricerca di una giustizia giusta, si lotta per la sobrietà della legge penale, la rapidità dei processi, l’equità delle condanne, l’umanità del carcere, la rieducazione del recluso. Mai si escludono l’amnistia e l’indulto per porre rimedio a situazioni di crisi e di paralisi. Eccezionalmente, attraverso la commutazione della pena e la grazia, si cerca di riparare agli errori giudiziari. Questo è lo spirito, non solo la lettera, della Costituzione della Repubblica delle Autonomie.

Pur con la nostra tradizionale moderazione, con tutte le nostre differenze e con il nostro pluralismo interno, ci interessiamo sempre di coloro che languono in carcere, o sono in esilio, o sono inquisiti per le loro idee.

Solidarizziamo con coloro che da quasi vent’anni sono imputati dell’infinito – letteralmente interminabile - processo Arcadia. Non perché sono anticoloniasti e autodeterministi sardi, ma perché sono persone e cittadini vittime risucchiate in un tritacarne giudiziario.

Siamo preoccupati quando vediamo scatenarsi tifoserie esagitate, che impediscono quel dibattito civile che sarebbe necessario di fronte a situazione complesse dal punto di vista giuridico e umanitario, come quella di un condannato come Alfredo Cospito (sottoposto allo stesso regime carcerario concepito per ben altri criminali, una situazione che è stata criticata in un recente appello pubblico che ha tra i propri firmatari don Luigi Ciotti e don Andrea Bigalli).

Non dimentichiamo mai i tanti ribelli allo stato centrale, da Venezia al Piemonte, dal Sudtirolo alla Sardegna, dalla Sicilia al Friuli, che sono stati vittime di un accanimento giudiziario assolutamente sproporzionato alle loro azioni.

La timida riforma intervenuta con la legge 24 febbraio 2006, n. 85, non è stata certo sufficiente a cancellare dalla nostra Repubblica i reati d’opinione, i processi indiziari, le querele temerarie. Né è ancora in vista – nonostante tante promesse fatte sia dal centrosinistra che dal centrodestra - alcuna riforma che bilanci gli enormi e arbitrari poteri dei giudici nei confronti di persone che hanno convinzioni diverse da quelle dominanti.

Infine siamo vicini a coloro che vivono e lavorano nelle carceri, il cui terrificante stato è una delle più grandi vergogne del centralismo autoritario italiano. Le carceri italiane sono sovraffollate, fatiscenti, malsane. Detenuti e detenenti soffrono ogni giorno in istituti che sono ormai una discarica sociale per immigrati clandestini, malati mentali, tossicodipendenti.

La realtà del carcere in Italia è uno schiaffo continuo e permanente a tutti coloro che, come noi, sono eredi del pensiero di Cesare Beccaria.

Nei prossimi anni molti più leader civici, ambientalisti, autonomisti di Autonomie e Ambiente avranno responsabilità di governo. Mai ci troverete pavidamente subalterni agli urlatori faziosi, agli imprenditori della paura, ai forcaioli, ai giustizialisti.

 

A cura della segreteria della Presidenza di Autonomie e Ambiente

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Lavoro giustizia pace - Buon Primo maggio 2023

Buon Primo maggio 2023!

La festa internazionale dei lavoratori è da noi dedicata a ciò che stava a cuore ai nostri padri, sin dai tempi di Émile Chanoux e della Carta di Chivasso, cioè l'impegno interclassista per l'emancipazione dei contadini, degli operai, degli artigiani, di tutti i lavoratori, attraverso tre linee di azione politica:

1) assicurare a chiunque la possibilità di continuare a vivere nella sua terra, valorizzando l'economia locale e ponendo fine alle migrazioni forzate;

2) combattere lo spopolamento delle montagne e di ogni altro territorio che non sia "competitivo" nella globalizzazione, promuovendo sfere di economia locale liberate dalla necessità di competere sul mercato europeo o internazionale;

3) dare piena attuazione alle autonomie personali, sociali e territoriali, perché le comunità locali abbiano poteri sufficienti a trattenere sul proprio territorio quanto è necessario per le generazioni future.

A cura della segreteria di Autonomie e Ambiente - Primo maggio 2023

L'immagine a corredo di questo post è quella dedicata al lavoro, la giustizia, la pace, riprodotta sulle tessere del sindacato autonomo valdostano SAVT per il 2023.

 

Per Beniamino Zuncheddu e per tutti

Giustizia e Libertà per Beniamino Zuncheddu e per tutti

Il caso giudiziario di Beniamino Zuncheddu, un condannato all’ergastolo che da 32 anni urla la propria innocenza, risveglia il dibattito sull’accanimento della giustizia italiana sugli umili in generale e in particolare sulla società pastorale sarda.

A dar voce alla disperazione di un giovane pastore, per il quale tutto depone per la sua innocenza, è, ancora una volta, in una agghiacciante solitudine nel panorama dei media, Radio Radicale.

Siamo in attesa della revisione di un processo a oltre trent’anni di distanza da un delitto efferato, commesso a Sinnai, dove furono uccise tre persone. Il caso giudiziario in quell’ambito pastorale fu inquadrato come una presunta faida e fu chiuso in un batter d’occhio. Era bastato trovare uno da condannare per liquidare il caso. Beniamino Zuncheddu, di 26 anni, servo pastore fragile e indifeso, era il capro espiatorio perfetto per la giustizia italiana.

Quella lontana condanna all’ergastolo è ritenuta palesemente ingiusta dalla comunità di Burcei, il paese di Beniamino, per chi ha studiato il caso e oggi, finalmente, per gli addetti ai lavori.

Un giovane mite è invecchiato inascoltato. Ci sono voluti i Radicali per smuovere lo stagno putrido. In sostegno alla mobilitazione popolare di Burcei, si è tenuta pochi giorni fa una manifestazione radicale a Roma, in cui era presente, fra gli altri, la presidente onoraria del partito, Gaia Tortora, la figlia di Enzo.

Il caso di Beniamino Zuncheddu è emblematico dello stato desolante della giustizia dello stato centralista italiano, ma è reso ancora più insopportabile dalla condizione di subalternità coloniale in cui quello stato tiene le comunità sarde.

La società pastorale sarda è da sempre uno dei terreni preferiti dalle esercitazioni repressive della giustizia italiana. In questa atmosfera di discriminazione e disprezzo da parte degli operatori dello stato italiano, si è sviluppato un sentimento popolare di diffidenza nei confronti delle istituzioni della legalità (una conseguenza peraltro ben nota di tutti i colonialismi).

Il dramma di Beniamino non è solo un errore giudiziario. E’ anche un consapevole accanimento connesso con la criminalizzazione di un mondo pastorale che ha proprie regole, dettate dalla sua antica cultura, che ha resistito all’omologazione e che per questo è stato e viene ancora perseguitato, dai Savoia, al fascismo, al fallimento (voluto da Roma e da molti potenti di Cagliari) dell’autonomia speciale sarda, fino a tutt’oggi.

La nostra cultura è diversa e lontana dalla repressione dello stato centralista. La mediazione dei conflitti tra le parti è sempre avvenuta all’interno della comunità, attraverso personalità di valore: Sos òmines de gabbale, òmines de valoreche agivano per garantire le Paci, Sas Paghes.Queste figure avevano il compito di cercare riconciliazione tra le persone, come strada maestra per garantire sicurezza alla comunità. Questa concezione della risoluzione dei conflitti, peraltro, avrebbe qualcosa da insegnare a un sistema giudiziario burocratico e centralista che riempie le carceri, che trascina i processi per decenni, che è stato ripetutamente condannato in ogni foro internazionale per la sua feroce lentezza e incapacità di raggiungere obiettivi di giustizia riparativa.

Dal romanzo di Giulio Bechi, “Caccia Grossa”, descrizione della feroce repressione avvenuta a fine Ottocento ai danni delle popolazioni sarde, considerate fiancheggiatrici del banditismo, fino a oggi, il disprezzo dello stato centralista italiano per i sardi è ancora vivo. I codici italiani, ancora principalmente sabaudi e fascisti, pochissimo aggiornati (qualche volta in peggio) dalla Repubblica, hanno continuato a sradicare la nostra giustizia pastorale, insieme con la nostra cultura, per sostituirla con la giustizia peggiore d’Europa.

Insieme alla lotta per Beniamino, che merita la priorità e il massimo supporto da parte di tutti noi, tutta Autonomie e Ambiente ha il compito di approfondire, comprendere e ribellarsi contro il centralismo autoritario e la sua giustizia ingiusta, che continua a minacciare, con metodi antichi - e anche in modi nuovi tutti da mettere a fuoco - le nostre culture e i nostri territori.

Cagliari, 6 ottobre 2023

 

Claudia Zuncheddu

associata al Patto Autonomie e Ambiente - Movimento Sardigna Libera