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Sardegna

AeA ai movimenti della Sardegna

Recentemente Autonomie e Ambiente (AeA) ha inviato un messaggio politico alle forze territoriali impegnate per il pieno autogoverno della Sardegna. Lo abbiamo fatto, insieme a ALE-EFA (European Free Alliance), inviando al VI Congresso di ProgReS, tenutosi il 10 luglio 2021, ad Aritzo, come osservatrice, Silvia Lidia Fancello (che è anche rappresentante personale in Sardegna della presidente EFA, Lorena López de Lacalle). Ne pubblichiamo una sintesi.

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Autonomie e Ambiente è  l’organismo politico che EFA, la nostra famiglia politica europea, ha scelto come interlocutore privilegiato nel sistema politico italiano. Coordina i movimenti autonomisti, indipendentisti, identitari, territorialisti, localisti, civici e ambientalisti attivi nella Repubblica Italiana.

AeA sta dialogando con diverse forze politiche sarde ed è aperta a tutte quelle che abbiano la volontà e le forze per partecipare a un cambiamento politico dello stato italiano in senso decentralista, oltre che per la piena attuazione dell'autonomia speciale sarda, in modo da porre le premesse per il pieno autogoverno della nazione sarda.

"Entrare in AeA ed EFA è un’opportunità che può permettere di essere protagonisti o quanto meno spettatori privilegiati in Europa, passando attraverso la porta principale e non come ruota di scorta dimenticata, dell’Italia"  - ha dichiarato, tra l'altro, Silvia Lidia Fancello ad Aritzo.

AeA lavora, non solo in Sardegna, per una feconda collaborazione fra indipendentisti, autonomisti, identitari, federalisti e più in generale fra tutti coloro che lottano per l'autogoverno dei propri territori.

L'autogoverno,  ha ricordato infine Silvia Lidia Fancello, va costruito attraverso una seria autocritica rispetto alle occasioni perse, con progetti innovativi, azioni concrete, partecipazione popolare, coalizioni larghe e durature.

A innantis.

 

 

Autonomie non giravolte

Grazie a una meritoria iniziativa dei RossoMori, in particolare della segretaria Lucia Chessa (nella foto insieme a Silvia Fancello), si è tenuto oggi, venerdì 3 marzo 2023, a Nuoro un convengo sulla cosiddetta "autonomia differenziata". Per coloro che credono nell'autogoverno dei territori, è stata una occasione positiva. Uno degli interventi più brillanti è stato quello sull'autogoverno dell'energia, del territorio, dell'ambiente, dell'ing. Fernando Codonesu. Una tema, l'autosufficienza energetica con le rinnovabili, che è una opportunità per tutti i territori e per le generazioni future, purtroppo messa in pericolo dal combinato disposto di eccessi tecnocratici europei, discutibili sentenze della Corte costituzionale, oltre che dal solito irredimibile centralismo italiano.

Preoccupante è stato, invece, sentire accenneare, quasi con una punta di dispiacere, che la presidente Meloni non sia abbastanza forte per fermare le iniziative dei salvinisti. Ora, sia chiaro, come dettagliatamente sostenuto dal Forum 2043, le iniziative in materia di autonomia differenziata sono cialtronesche, forse anche pericolose, soprattutto strumentali e senza futuro, ma attenzione a schierarsi con i centralisti, che intanto ci preparano la deriva del presidenzialismo.

La cosa più triste di tutte, poi, è stato assistere alle tradizionali giravolte, il peggio del peggio della politica di oggi, non solo in Sardegna. Si avvicinano le elezioni? Tutti diventano disposti a parlare di "autonomie". Una folla di amministratori locali, di ogni schieramento, si apprestano a mostrarsi disponibili a riprendere il mano di una delle autonomie più tradite della nostra Repubblica, quella della Sardegna.

Per noi era presente Silvia "Lidia" Fancello, osservatrice EFA e rappresentante AeA in Sardegna. Più sotto i punti essenziali del suo intervento.

2023 03 03 In Sardegna No autonomia e non solo differenziata purtroppo

L'intervento di Silvia "Lidia" Fancello

AUTONOMIE DIFFERENZIATE: in equilibrio fra la follia e la costituzione inattuata

Buongiorno a tutti e tutte. Sono Silvia Lidia Fancello e sono qui in doppia veste: come osservatrice EFA e come rappresentante di Autonomie e Ambiente. L’EFA ovvero European Free Alliance, cioè Alleanza Libera Europea, ALE.

EFA ha sede a Bruxelles, è rappresentata nel parlamento europeo e coordina i partiti che rappresentano i cosiddetti “popoli senza stato”. In EFA sono presenti oltre quaranta partiti provenienti dai più svariati territori europei. Fra i più noti i baschi di Eusko Alkartasuna, gli scozzesi dello lo Scottish National Party, i catalani diEsquerra Republicana, l’Union Valdotain, i friulani con il Patto per l’Autonomia, i corsi di Femu a Corsica, i fiamminghi, i frisoni e tante altre realtà territoriali. EFA dunque è naturalmente vocata a promuovere e difendere il diritto all’autodeterminazione e dunque di tutte le autonomie.

La seconda veste, direttamente collegata ad EFA è quella di rappresentante diAutonomie e Ambiente, il coordinamento di partiti territoriali e movimenti civici e ambientalisti, impegnati per il più ampio autogoverno dei loro territori,eattivi nello stato italiano. Inutile spiegare che Autonomie e Ambiente, con l’aiuto di EFA, aspira a una Repubblica delle Autonomie.Siamo per la sussidiarietà che è anche solidarietà fra territori, per autonomie responsabili, perché ogni territorio trovi le sue modalità di difendere l’ambiente e la salute. Siamo contro ogni centralismo e quindi in prima lineacontro ogni forma dipresidenzialismo.

Noi siamo convinti che le Autonomie differenziate, così come proposte dagli attuali ciarlatani al potere, siano impraticabili e sbagliate. Si tratta in sostanza di una “boutade” elettorale volta a fare rientrare nel recinto della Lega quei movimenti localisti che in essa non si riconoscono o che se ne sono distaccati.

Condividiamo alcune analisi fatte da costituzionalisti come il prof. Villone, almeno per ciò che riguarda le negative conseguenze delle Autonomie differenziate, tuttavia restiamodistanti dallaretorica dell’attentato alla cosiddetta “unità” dello stato. Agitare lo spauracchio di un’Italia frantumata in tante “repubblichette”, questa è la parola spesso usata, non è ciò che NOI veri autonomisti condividiamo, perché ha un sottofondo dispregiativo che schiaccia ogni anelito alla diversità dei territori che compongono la Repubblica italiana e la negano di fatto. In un’altra sede accetteremmo la sfida di spiegarvi perché dietro il velo della retorica dell’unità italiana, si nascondono vergogne e ingiustizie. Di certonon parteciperemo a iniziative volte a perpetuare il tragicocentralismo italiano. Ne’ ci metteremo affianco a coloro che con la lancia in resta difendonola Costituzione, la quale per noi non è “la più bella del mondo”, ma piuttosto la piùinattuata.

L’autonomia differenziata del DDL Calderoli è ingarbugliata? Lo è. È un pasticcio? Lo è. È pericolosa? Si, lo è,

Tuttavia èbene che in questo paese si continui alottare per attuare seriamente leAutonomie che invece sono state tradite a partire dalla nostra in Sardegna, senza inutili levate di scudi, senza retorica e senza pregiudizi, ma piuttosto in un sereno e civile confronto con chi aspira ad un sacrosanto diritto all’autodeterminazione.

Concludiamo con un pensiero di Alcide De Gasperi (che essendo vissuto nell’impero asburgico l’autonomia sapeva cos’era e difese quella della sua terra trentina, almeno quella): “il successo finale non mancherà di premiare chi avrà avuto il coraggio dell'utopia...”.

E se il pieno autogoverno di tutti i territori dello stato italiano per qualcuno è un pericolo, per noi è speranza

A Innantis e Fortza paris

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Nella foto sotto Silvia Fancello insieme a Danilo Lampis (Sardegna chiama Sardegna) al convegno dei RossoMori.

2023 03 03 Fancello Lampis

 

 

 

 

Claudia Zuncheddu: il 25 febbraio 2024 un voto per l'autogoverno sardo, contro il bipolarismo italiano

ELEZIONI REGIONALI IN SARDEGNA - AL VOTO IL 25 FEBBRAIO 2024

Intervento di Claudia Zuncheddu

(Sardigna Libera, associata di Autonomie e Ambiente)

Cagliari, 1 febbraio 2024

 

Non tutte le burrasche arrivano per nuocere. In Sardegna si destabilizza il bipolarismo italiano.

Nuovi fenomeni nel panorama elettorale sardo, rompono il rito delle solite guerre per bande tra centrodestra e centrosinistra per l’accaparramento del governo regionale, senza che nulla cambi per le condizioni di vita e dei diritti dei sardi.

A far tremare la stabilità del sistema bipolare è la candidatura di Renato Soru, un fenomeno dirompente.

L’ex-presidente, dopo una lunga e tormentata permanenza all’interno del PD, ha rotto con quel partito e con il polo di centrosinistra sul tema della grave imposizione della candidatura di Alessandra Todde del M5S alla presidenza della Regione autonoma della Sardegna. Un nome emerso a Roma dagli accordi tra PD e M5S, secondo logiche centraliste e di mera spartizione dei posti.

L’imposizione delle segreterie italiane sulla scadenza elettorale sarda ha risvegliato antiche differenze politiche mai risolte fra Renato Soru e il PD.

Sulle differenti e incompatibili visioni della Sardegna e i rapporti di forza all’interno del PD, i nodi sono venuti al pettine dopo anni di oblio.

Scrissi per il libro di Massimo Dadea “Meglio Soru (O NO?)” (uscito all’inizio del ‘22 per EDES: “La schiacciante vittoria elettorale di Soru alle elezioni del 2004, esprimeva la necessità, da parte della società sarda, di un cambiamento profondo che non poteva prescindere dalla rottura radicale di un sistema consolidato di potere e di privilegi nelle mani di una élite. Alla domanda, se in quegli anni ci fossero le condizioni politiche per la grande svolta, la risposta è no, se il rapporto di forza tra conservazione e cambiamento è a favore della conservazione. Così è stato allora e così sarà sino a quando non si sconfiggeranno i potentati e si costruirà una nuova classe politica dirigente che metta al centro della propria azione politica i destini del benessere della propria gente e della propria Terra… Ciò che il centrosinistra non volle capire, è che nel 2004, con la vittoria di Soru, non si trattava solamente di vincere le elezioni per la conservazione del proprio potere attraverso un ‘cavallo di razza’, ma di segnare una svolta nella società sarda con la messa in discussione del suo stesso ruolo all’interno del sistema”.

Per la cronaca, Soru rassegnò le dimissioni anticipatamente (nel novembre 2008), in quanto ostacolato nella sua azione di cambiamento da una parte del PD e del centrosinistra. Soru, vent’anni dopo, si riaffaccia nello scenario elettorale regionale con un’azione politica autonoma di rottura e contro ogni forma di centralismo: la Coalizione sarda.

Soru candidato presidente è sostenuto da cinque liste: Progetto Sardegna, formazione civica che Soru stesso aveva promosso sin dal 2003; Vota Sardigna, lista che unisce Sardegna Chiama Sardegna, IRS e Progres; Liberu; Rifondazione; la lista unitaria Azione-Più Europa-Upc.

La Coalizione sarda è il primo tentativo concreto di rottura del soffocante bipolarismo italiano, dopo anni di rassegnazione alla colonizzazione politica.

Soru avrebbe accettato di passare attraverso la selezione delle primarie, ma questa disponibilità è stata rifiutata dagli altri, perché il nome del candidato scelto a Roma, deciso nelle alte sfere del PD e del M5S, non poteva essere messo in discussione. La Sardegna era già stata oggetto di contrattazione e di scambio.

Todde, vicepresidente del M5S, deputata e già sottosegretaria di stato al Ministero dello sviluppo economico  nel governoConte II e nel governoDraghi,è di fatto una garante affidabile del sistema centralista italiano (e del neoliberismo europeo e globale, a cui il centrosinistra italiano è imbarazzantemente subalterno).

Per il dopo elezioni Renato Soru propone un nuovo progetto politico per il futuro della Sardegna: “...che comein Val d'Aosta, nel Trentino, inCorsica,nei PaesiBaschi,in Catalogna,i partiti regionali hanno dato una forte spinta per lo sviluppo , vogliamo che succeda anche da noi,cosìche la Sardegna diventi una regione che possa confrontarsi alla pari con quelle più avanzate d'Europa" ha dichiarato Soru.

Il fenomeno Soru potrebbe inaugurare un nuovo scenario, con la destabilizzazione del bipolarismo e del centralismo italiano, essendo una personalità politica con una esperienza personale, professionale, amministrativa, che oggettivamente surclassa quella degli altri candidati.

Della Todde abbiamo già detto. In questa contingenza politica, con una legge elettorale nata per tenere fuori dal consiglio regionale le forze minori e per blindare il bipolarismo italiano (che infatti nessuno ha voluto cambiare), c’è in corsa la lista Sardigna R-esiste con Lucia Chessa candidata presidente.

Nel centrodestra, che è stato a rischio di implosione, Alessandra Zedda di FI, ex assessora ed ex vicepresidente della giunta Solinas, ha ritirato la sua candidatura ed è rientrata nel polo italiano, a sostegno del candidato imposto da Roma, Paolo Truzzu di FdI, sindaco di Cagliari. Il presidente uscente, Christian Solinas (Psd’az), a suo tempo imposto dal leghismo salvinista, ha dovuto ritirarsi. Chi fu incoronato da Roma, da Roma venne deposto. Ciò che resta del Partito Sardo d’Azione sotto la guida di Solinas, non dimentichiamolo, nulla ha più a che vedere con i suoi fondatori autonomisti e antifascisti del 1921, tanto meno con le complesse ma anche entusiasmanti vicissitudini degli anni ‘70 e ‘80, quando il vento sardista portò Mario Melis alla guida della Regione autonoma.

Il risultato di queste elezioni è nelle mani dei Sardi e della loro capacità di individuare quali siano le formazioni politiche che sono per un reale cambiamento. In passato i Sardi hanno votato sinistra, destra, pentastellati, tutte realtà comandate dai vertici dello stato. Oggi con forza si pone il problema di scegliere fra chi è ancora succube del centralismo italiano e chi si batte per un genuino processo di autonomia e di autodeterminazione.

Il 25 febbraio 2024 è vicino ed è tempo di generosità e di speranza.

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Concluso a Strasburgo il congresso ALE-EFA

Si è concluso ieri a Strasburgo il congresso di Alleanza Libera Europea-European Free Alliance (ALE-EFA), la famiglia politica europea dei popoli, dei territori, delle regioni, di coloro che credono nella sussidiarietà, nell'autodeterminazione, nelle autonomie personali, sociali, territoriali, resistendo a ogni forma di centralismo. I lavori si sono svolti il 13 e il 14 ottobre 2023, nella storica capitale dell'Alsazia, città simbolo della riconciliazione e della costruzione della casa comune europea.

Per ALE-EFA è stato il primo raduno congressuale politico-elettorale nella sua storia ultraquarantennale (come prevedono gli statuti, il partito politico europeo ha sin qui celebrato delle assemblee generali che coinvolgevano un pubblico molto più ristretto di soli delegati delle forze politiche assorellate).

Il congresso ha ratificato all'unanimità un agile manifesto per le elezioni europee del prossimo 9 giugno 2024, che sarà reso pubblico a breve.

Inoltre sono state scelte e presentate all'opinione pubblica europea due persone che saranno il ticket degli autonomisti europei per la presidenza della prossima Commissione europea, cioè quelli che la stampa europea chiama gli "spitzenkandidaten" (nella foto sotto): la giovane attivista Maylis Roßberg (Rossberg) del partito regionale Südschleswigsche Wählerverband (SSW), che rappresenta l'autonomismo danese dello stato dello Schleswig-Holstein (uno dei sedici Bundesländer della Repubblica Federale Tedesca);  Raül Romeva i Rueda, economista e dottore di relazioni internazionali, già parlamentare civico-ecologista europeo dal 2004 al 2014 (gruppo Verdi-Ale), già consigliere agli affari esteri della Generalitat (il governo regionale della Catalogna) ai tempi del referendum per l'indipendenza catalana del 1 ottobre 2017 (consultazione duramente repressa dallo stato post-franchista), perseguitato politico imprigionato dalla Spagna per due anni, dalla fine del 2017 alla fine del 2019, oggi aderente al partito Esquerra Republicana de Catalunya (ERC).

2023 10 14 Maylis e Raul spitzenkandidaten ALE EFA

Maylis Roßberge Raül Romeva i Ruedahanno ottenuto il consenso unanime, anzi l'entusiasmo dal congresso, per il loro impegno per un'Europa diversa, per tutti non per pochi (#ForAll è stato uno degli hashtag più popolari del congresso).

Non senza fatica, il congresso ha lavorato su un documento di approfondimento e lavoro politico, non impegnativo per tutte le formazioni politiche che fanno parte dell'Alleanza ma che ha ottenuto il consenso della maggioranza delle forze sorelle. La basca presidente ALE-EFA, Lorena López de Lacalle Arizti, il catalano segretario generale Jordi Solé i Ferrando (che è anche il capogruppo dei parlamentari europei di ALE-EFA, che sono una componente del gruppo Verdi-ALE nel Parlamento europeo) e il giovane consulente politico scozzese Paul Butcher hanno supervisionato questo delicato momento di confronto politico-programmatico. Segnaliamo alcune questioni su cui il dibattito è stato complesso e l'apporto delle forze politiche territoriali della Repubblica Italiana è stato particolarmente ficcante: l'impegno per il superamento del nucleare (non solo per i suoi rischi intrinseci, ma anche per le sue connessioni con il centralismo politico-economico);  il nitido rifiuto di ogni forma di presidenzialismo europeo (l'elezione diretta di capi politici europei sarebbe dominata dai media e dalle lobby, una caricatura della democrazia); la necessità di passare dal pur necessario supporto all'Ucraina all'ancora più urgente "cessate il fuoco", per evitare non solo la distruzione dei territori contesi, ma pericoli ancora più grandi per l'Europa e per il pianeta.

Il congresso ha confermato la solidarietà internazionale come cifra costitutiva dell'identità dell'Alleanza. C'è stato un commosso omaggio agli Armeni dell'Artsakh (Nagorno-Karabakh), che sono stati cacciati dalle loro terre ancestrali dallo sciovinismo azero, una tragedia che non sarà dimenticata, come vorrebbero i fascisti centralisti delle grandi potenze. E' stato confermato il supporto di ALE-EFA per la causa dell'autogoverno della RASD (Repubblica Araba Saharawi Democratica) e dei curdi. E' stata espressa piena solidarietà per le vittime israeliane e palestinesi della violenza, del terrorismo, della guerra, auspicando che si continui a lavorare per la pacifica convivenza fra Gaza, Israele e Cisgiordania.

Sono stati ricordati con commozione dal congresso una madre e un padre del nostro movimento europeo per l'autogoverno di tutti dappertutto: Winifred Margaret (Winnie) Ewing (1929–2023), a lungo deputata europea per la Scozia, che meritò il nomignolo di Madame Écosse; Max Simeoni (1929–2023), medico e politico còrso, già parlamentare europeo per la Corsica, uno dei padri della rinascita dell'autogoverno dell'isola.

Ricordiamo infine i partecipanti provenienti dalla Repubblica Italiana. Erano rappresentate tre forze politiche territoriali cruciali per il futuro della Repubblica delle Autonomie, da Sicilia, Valle d'Aosta e Sardegna.

Il Movimento Siciliani Liberi è stato rappresentato da Elena Gumino (Giuvintú Siciliana Lìbira), Alfonso (Alessandro) Nobile ed Eliana Esposito (foto sotto).

2023 10 14 delegazione Siciliani Liberi

Per la Valle d'Aosta era presente la Union Valdôtaine (UV), rappresentata da Frédéric Piccoli, Diego Bovard e dalla giovane Sylvie Hugonin.

Infine, per il Friuli-Venezia Giulia, era presente il Patto per l'Autonomia (PA-F-VG), rappresentato da Roberto Visentin (che è anche vicepresidente EFA e presidente della nostra rete Patto Autonomie e Ambiente) e, per il giovanile, Gabriele Violino.

Il Patto per l'Autonomia F-VG ha voluto portare al congresso due delegati da altri territori in cui non ci sono ancora forze politiche territoriali strutturate e assorellate a EFA: Silvia (Lidia) Fancello, che in Sardegna è la rappresentante di EFA e AeA; Mauro Vaiani, il garante di OraToscana e, nel Patto Autonomie e Ambiente, impegnato a coordinare la segreteria interterritoriale.

Nella foto di gruppo in alto a sinistra, di corredo al post, da sinistra: Diego Bovard (UV), Gabriele Violino (PA-F-VG), Sylvie Hugonin (UV), Maylis Rossberg (EFA spiztenkandidatin), Frédéric Piccoli (UV), Silvia Lidia Fancello (EFA-AeA in Sardegna), Mauro Vaiani (OraToscana).

A cura della segreteria interterritoriale - Prato, 15 ottobre 2023

 

èVento di Saccargia

Autonomie e Ambiente sarà presente sabato 15 giugno 2024 all' "èVento" di Saccargia, contro la speculazione eolica.

Via gli ecomostri dai luoghi della storia e basta con l'estrazione neocoloniale di risorse dalla Sardegna.

2024 06 15 STRISCIONE EOLICO

https://radiolina.it/event/evento-di-saccargia-levento-contro-la-speculazione-energetica/

A Saccargia sabato 15 giugno 2024 dalle ore 14:30 alle 20:30.

èVento di Saccargia

Un Appello al Popolo Sardo per Difendere il Territorio

Il Coordinamento dei Comitati Sardi contro la speculazione energetica lancia un appello urgente al popolo sardo: uniamoci per proteggere la nostra Terra dalla speculazione energetica.

L’evento, “Ѐ-Vento di Saccargia”, si terrà sabato 15 giugno presso la Basilica della Santissima Trinità di Saccargia, in occasione della Giornata Mondiale del Vento.- -

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Olbia, 12 giugno 2024 - a cura di Sardigna Pro S'Europa - coordinamento AeA in Sardegna

Fare rete in Sardegna e ben oltre

 

Olbia 20 novembre 2021

 

Gentilissimi e gentilissime partecipanti al convegno indetto dall’Assemblea Natzionale Sarda (ANS),

 

in occasione dell’incontro con la presidente dell’Assemblea Nacional Catalana (ANC), Elisenda Paluzie, vi scrivo, impossibilitata a presenziare, in qualità di osservatrice ALE-EFA e delegata di Autonomie e Ambiente.

Vi trasmetto i saluti e gli auguri di buon lavoro della presidente ALE-EFA Lorena Lopez De La Calle e del presidente di Autonomie e Ambiente Roberto Visentin, oltre ai miei personali.

La storia della Catalogna, come territorio autonomo che aspira e quindi lotta per il pieno autogoverno in una Europa confederale, è esemplare e dovrebbe essere d’ispirazione per la Regione Autonoma della Sardegna e per tutti gli altri territori della Repubblica Italiana che aspirano all’autodeterminazione.

La repressione anti-catalana deve essere approfondita e ben compresa da tutti noi. Noncisi può nascondere che tale repressione sia sostenuta in molti modi, espliciti o sotterranei, dalle forze del centralismo sia in Italia che in Europa.

La Repubblica Italiana e l’Unione Europea, come dimostrato una volta di più dall’uso del mandato di cattura europeo come armapoliticaimpropria contro gli esuli catalani, sono percorse da pulsioni autoritarie e centraliste, ma la nostra ammirazione per il percorso deiCatalani non deve fermarsi alla valutazione dei risultati da loro ottenuti, tralasciando l’analisi del metodo seguito per ottenerli.

È necessario capire le fasi del percorso, composto di dialogo, unità di intenti, piccole e grandi strategie e che ha portato la Catalogna a sfiorare il Sogno indipendentista.

Lo loro capacità di crescere, rinnovarsi, fare rete con le forze civiche, ambientaliste, territoriali e locali, spiega molti dei loro risultati.

Alla luce di questo oggi,anchein questa assemblea si possono gettare le basi per un nuovo percorso, che vada verso la maturità dell’autodeterminismo sardo,il qualedeve passare necessariamente dalla celebrazione delle altrui vittorie alla programmazione delle proprie,che sianovittorie a breve, a media, o a lunga scadenza.

La pluralità delle forze che aspirano all’autogoverno della Sardegna è una ricchezza che va incanalata nella capacità di fare squadra, rammentando che il nostro unico avversario storico è il centralismo.

Infine l’auspicio è che il mondo autodeterminista sardo volga lo sguardo anche a quei territori della penisola italiana che soffrono degli stessi mali della nostra terra, che aspirano a forme più o menoavanzatedi autogoverno, che come noi detengono un patrimonio culturale e linguistico oramai a rischio.

Non è da sottovalutareche un lavoro politico comune, tra forze delle diverse nazioni e territori,ci consentirebbe di esercitare maggiori pressioni sulla Repubblica Italiana,anche per una riscrittura della Costituzione in terminipiù avanzati nella direzione dell’autogoverno dei suoi popoli e territori.

Lo statuto della nostra regione è oramai obsoleto,dopo esser stato in gran parte tradito,mentre lo stato italiano sta riguadagnando terrenoin ogni materia.

Sono convinta che sia necessario ristabilire i termini dei rapporti fra stato e regione e sono altresì convinta che non si possa aspirare all’indipendenza se non si è capaci di praticare l’autonomia.

Con l’augurio di un proficuo lavoro vi saluto e vi abbraccio.

Silvia Lidia Fancello

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Giovanna Casagrande sul 25 febbraio 2024, un voto decisivo per l'autogoverno sardo, a cui non si può essere indifferenti

ELEZIONI REGIONALI IN SARDEGNA - AL VOTO IL 25 FEBBRAIO 2024

Intervento di Giovanna Casagrande

(Sardegna Possibile, in dialogo con Autonomie e Ambiente)

Nuoro, 3 febbraio 2024

La Sardegna voterà il 25 febbraio 2024, con una legge elettorale infame non consente una rappresentanza democratica.

Per poter partecipare alle elezioni e superare la soglia di sbarramento si deve partecipare a delle coalizioni. Da anni, ciò significa piegarsi a entrare in uno dei due blocchi italiani: centrodestra o centrosinistra.

L'indipendentismo sardo non gode di buona salute. Anche Liberu, che è il maggior partito di quell'area, ha scelto di schierarsi prima nel cosiddetto campo largo, poi in assenza di primarie che consentissero una scelta del/della presidente della giunta regionale sarda, ha scelto di appoggiare Renato Soru.

Soru, dopo aver chiesto invano le primarie, ha deciso di proporsi per la presidenza con un campo autonomo. Sono confluiti nel progetto denominato Coalizione Sarda alcuni soggetti politici sardi: Progetto Sardegna, Irs, Progres, Sardegna chiama Sardegna. Partecipano anche i liberali italiani di Azione e Più Europa, anch’essi in forte disagio con l’attuale bipolarismo forzato.

Coalizione Sarda vede in campo persone che da anni lottano per una politica sarda, svincolata da partiti italiani. Il fatto che fra gli alleati ci siano alcuni partiti italiani ha determinato critiche anche feroci, volte a disconoscere questo percorso.

Personalmente ho scelto di sostenere un giovane candidato di Liberu – Antonio Fronteddu - che, nel Nuorese, rappresenta per età, competenze e visione, il futuro che va sostenuto.

Sono consapevole che solo in questo modo si possa provare a rinnovare, se non a sostituire, vecchi modelli che hanno soffocato, in campo indipendentista, non solo un ricambio generazionale, ma anche la possibilità di un diverso approccio alla politica. Occorre superare un atteggiamento settario, quindi di scarsa influenza nella società.

Coalizione Sarda rappresenta quindi, ai miei occhi, una seria opportunità di ricostruire un tessuto connettivo con le comunità, aprendo a un modello in cui soggetti poco connessi possano incontrarsi per affrontare nuove sfide che sono, come da programma, un nuovo modelli di istruzione, una transizione energetica che non soccomba alla speculazione, una rinnovata tutela ambientale, un nuovo approccio su politiche sociali e di genere, il superamento della legge elettorale e degli assetti istituzionali verticali oggi vigenti.

Chi critica l'operazione politica, e la candidatura di Renato Soru, dovrebbe interrogarsi sul perché, a dieci anni dal percorso di Sardegna Possibile, che vide candidata Michela Murgia e che fu stroncato non dai numeri ma da una impietosa legge elettorale, il mondo indipendentista non abbia espresso altre figure all'altezza della sfida contro i poli del colonialismo politico italiano.

A tuttə noi va il merito di aver sfidato un bipolarismo che ha visto sin qui l'elettorato sardo costretto a un plebiscito su due nomi entrambi espressi dal sistema che, inutile dirlo, fa capo a Roma e non a Cagliari.

Credo fermamente che occorra insistere e strutturare un percorso politico sardo, sganciato dalle ingerenze italiane. Per questo, comunque vada il voto, "abbiamo già vinto" come dice Renato Soru, ormai instradato in un percorso di autodeterminazione.

Sarà il 26 febbraio a rivelarci i nuovi rapporti di forza, ma noi comunque dobbiamo continuare il nostro lavoro sui territori, per l’autogoverno della Sardegna.

 

 

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Il diritto e il dovere di proteggere la propria isola

Da tempo è iniziato il lavoro del "forum isole" di ALE-EFA, per l'autogoverno e il buongoverno delle isole d'Europa e del Mediterraneo.

L'anno scorso, l'11-12 novembre 2022, il forum si era riunito a Palma de Mallorca (Maiorca) e nell'occasione era stato diffuso un importante studio sulle isole europee del prof. Joan David Janer Torrens. A Maiorca erano presenti Silvia Lidia Fancello (rappresentante EFA in Sardegna e associata AeA) ed Emilia Maggio (Siciliani Liberi) - insieme nella foto qui sotto. Grazie al loro lavoro, possiamo mettere a disposizione lo studio in lingua italiana media e in una elegante veste grafica, nella sezione documenti di questo sito.

2023 11 Fancello Maggio a Mallorca

Per approfondire su quell'incontro dell'anno scorso:

https://e-f-a.org/2022/11/14/islands-join-together-to-develop-a-common-strategy-for-european-islands/

Il forum si è nuovamente riunito il 29-30 settembre 2023 a Minorca, presente fra gli altri l'arch. Ciro Lomonte (segretario dei Siciliani Liberi), nella foto a sinistra insieme ad altri dirigenti, studiosi, attivisti di ALE-EFA.

In questa ultima occasione è stata firmata la "Menorca Declaration" sul diritto-dovere all'autogoverno e al buongoverno delle isole europee.

Per aggiornamenti su questo importante passo avanti, si seguano le reti sociali di ALE-EFA:

https://x.com/EFAparty/status/1708174090647789734

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Prato, 1 ottobre 2023 - a cura della segreteria interterritoriale

 

 

 

 

In ricordo di Michela Murgia

Ieri, 10 agosto 2023, Michela Murgia ci ha lasciato prematuramente. La scrittrice era nata a Cabras in Sardegna il 3 giugno 1972. Aveva parlato pubblicamente della gravità della sua malattia. L'autrice del romanzo "Accabadora" era una intellettuale impegnata su molti fronti delle autonomie personali, sociali, territoriali. Non c'era bisogno di essere sempre d'accordo con lei, per stimarla.

Per il nostro mondo civico, ambientalista, territorialista, Michela Murgia è stata una figura importante. Ha condotto una generosa campagna come candidata indipendentista alla presidenza della regione autonoma della Sardegna nelle elezioni del 16 febbraio 2014. Con un programma di innovativo autogoverno della sua terra, ottenne il 10,32% (76.000 voti).

Nel prezioso archivio di Radio Radicale c'è anche la registrazione della chiusura della sua campagna elettorale di quasi dieci anni fa: https://www.radioradicale.it/scheda/403661/elezioni-regionali-in-sardegna-chiusura-della-campagna-elettorale-di-michela-murgia.

 

 

Le autonomie che vogliamo

Giovedì 18 maggio 2023 a Olbia in Sardegna si è tenuto un convegno sull'autonomia che vorremmo. L'incontro è stato coordinato da Lucia Chessa (segretaria RossoMori). Sono intervenuti il prof. Omar Chessa (costituzionalista dell'Università di Sassari), l'ing. Fernando Codonesu (attivista autonomista, in particolare per l'autonomia energetica), Francesco Desogus (RossoMori), Silvia "Lidia" Fancello, rappresentate di Autonomie e Ambiente e di Alleanza Libera Europea (ALE-EFA) in Sardegna. Non è stato l'ennesimo incontro di lamentazione sugli sconclusionati e irrealizzabili progetti leghisti. Silvia Fancello ha portato lo spessore politico-culturale di quanto AeA ha raccolto nel Forum 2043 e la determinazione con cui Autonomie e Ambiente intende realizzare la Repubblica delle Autonomie. Pubblichiamo qui la traccia dell'intervento di Fancello.

2023 05 18 convegno di Olbia locandina

“LA PACE NEL MONDO”, IL PRESIDENZIALISMO E LE AUTONOMIE

Intervento di Silvia "Lidia" Fancello

Immaginiamoci di essere in un film americano in cui la protagonista, una giornalista con molto senso critico, descrive le dinamiche dei concorsi di bellezza. Essa nota come le vincitrici delle competizioni, al ritiro del premio, nello sforzo di sembrare non solo belle, ma anche intelligenti ed empatiche, pronuncino la fatidica risposta alla fatidica domanda:

- Quale sarebbe il tuo desiderio? –

- La pace nel mondo! – rispondono le protagoniste eccitate e commosse fino alle lacrime mettendo in pericolo il trucco.

Un appello ruffiano, banale e purtroppo astratto rispondente ad un’idea ingenuamente buonista, molto stelle e strisce, di vago benessere generale, ovviamente priva di ogni ancoraggio a un contesto reale, senza la minima comprensione della purtroppo drammatica scena mondiale.

Adesso molti leader politici, in testa la presidente del consiglio Giorgia Meloni, vanno ripetendo oramai da settimane un mantra: “la stabilità del governo”.

Una frase magica che mette d’accordo tutti, come mette d’accordo “la pace nel mondo”.

C’è qualcuno che non vorrebbe la pace nel mondo, l’armonia e la serenità?

E c’è qualcuno di coloro che fanno politica che sono contrari alla stabilità del governo?

Magari qualcuno all’opposizione la desidera, ma se interrogato pubblicamente, non può che convenirne.

La “governabilità” è la parola chiave, contro la quale neanche il politico più oppositivo dell’opposizione si permetterebbe di contestare, perché la stabilità oggettivamente, ti consente di avviare percorsi lunghi di riforme, mettere in atto le leggi e valutarne la bontà nel tempo.

Dunque servendosi di questo concetto tanto nobile quanto astratto, la nostra premier ha avviato le consultazioni perfino con i leader delle opposizioni, per chiedere loro quanto siano disposti a sostenere una riforma della legge elettorale che consenta l’elezione diretta del presidente del consiglio, in nome della governabilità.

Nonostante si sia di fronte ad una sottrazione di democrazia a causa di una legge elettorale (i cui nomi via via assunti la dicono lunga sulla sua validità: Porcellum, Rosatellum ecc…), la quale rende impossibile per i territori eleggere i propri candidati in parlamento, anziché correggere questo sistema elettivo, si passa a discutere direttamente dell’elezione diretta del presidente.

Dietro questa manovra c’è una aspirazione molto chiara: concentrare in una sola figura ancora più potere, togliendolo a ciò che resta del Parlamento, ai territori e alla società, liberandosi dagli intralci e dai rallentamenti del nostro bicameralismo e anche di ciò che rimane delle attuali Autonomie.

Per dirla in breve, l’aspirazione è governare senza scocciature, dove per scocciature si intendono le inevitabili e noiose lungaggini istituzionali.

Lungaggini che devono essere una vera tortura per chi coltiva una visione unitaria e centralista del potere, una tale tortura da partorire l’idea perfino di un “sindaco d’Italia".

Facendo leva su certi sondaggi, alimentati peraltro da un conformismo mediatico monocorde, i leader degli attuali partiti, di destra ma anche di centro e di sinistra, si dichiarano tutto sommato disponibili a tali progetti di elezione diretta.

Come si fa a dire no alla pace nel mondo d’altronde?

C’è una classe politica a destra, al centro e anche a sinistra che sta scherzando col fuoco dove per fuoco si intende il centralismo autoritario.

Eppure siamo usciti da poco dal periodo in cui, in nome dell’emergenza, facendo leva su timori legittimi, abbiamo assistito a importanti sottrazioni di libertà e qualcuno deve avere capito bene quanto sia facile in Italia (e la Sardegna non fa eccezione), fomentare le paure, le più disparate e disperate reazioni, per proporsi poi come dispensatori dell’unica salvezza possibile…

Oggi qui, a nome di “Autonomie e Ambiente”, un coordinamento di sigle autonomiste e decentraliste, civiche e ambientaliste, attive in tutti i territori della Repubblica, ribadiamo che ci opporremo in ogni modo a questa deriva accentratrice di potere.

Occorre avere il coraggio di mettersi di traverso, opporsi alla narrazione accettata per stanchezza e per opportunismo, occorre smetterla di strizzare l’occhio a una parte ormai consistente dell’elettorato votante che è stata “educata” a essere populista, grazie alla superficialità dispensata a piene mani, per decenni, dall’alto – l’Italia è un caso emblematico in cui il populismo è stato calato dall’alto, da capi come Berlusconi, Renzi, Salvini, più che salito dal basso, con buona pace degli amici pentastellati, i quali anche loro hanno visto la loro sigla diventare una piramide finita in mano a un opaco vertice.

Noi abbiamo il coraggio di dire no, abbiamo il coraggio di andare in una direzione contraria al presidenzialismo.

Noi, le Autonomie le pretendiamo per tutti i territori, tutti nessuno escluso, perché nessuna regione è migliore di un’altra e perché nessuna regione ha più diritto di un’altra ad autogovernarsi.

Sui progetti di autonomia differenziata abbiamo già speso parole chiare (si vedano gli interventi nel nostro Forum 2043).

Il DDL Calderoli, è semplicemente irrealizzabile e infatti esso, in quanto tale, non è un pericolo, ma solo uno specchietto delle allodole per padani in preda a una crisi di nervi.

Che non sia un pericolo lo dimostra perfino l’ultima "bocciatura" di 48 ore fa da parte degli uffici del Senato.

Calderoli oggi porta avanti l’ultima pagliacciata di una Lega che non sa più cosa inventarsi, governata da capi in preda a gravi dissonanze cognitive, che vorrebbero essere autonomisti, ma sostengono il presidenzialismo; che parlano di autonomie, pur essendo centralisti in un governo centralista.

Naturalmente non ci basiamo solo sui corto circuiti leghisti, per affermare questo, ma ad un’analisi seria di tale proposta si può senz’altro affermare che:

  • Non c’è alcun progetto concreto di attuazione dell’art. 119 della Costituzione - I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni dovrebbero avere tutte un’autonomia di entrate e di uscite, peraltro osservando i vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea – una chimera impossibile senza un gigantesco processo italiano ed europeo di territorializzazione delle imposte
  • Non contiene la più pallida idea di come potrebbe essere il fondo “perequativo”, quello disposto dal terzo comma dello stesso art. 119 (infatti non se ne parla proprio in nessuna sede!)
  • Non c’è alcuna possibilità concreta di attuarla nei tempi stabiliti - Le vere autonomie, per esempio quella del Trentino, hanno richiesto cinquanta anni di estenuanti trattative fra stato e regione, con sacrifici e prese di responsabilità da parte dei territori, ma alla fine, fra le migliori attuate in Italia; cinquanta anni, non cinque mesi!
  • Non c’è alcuna concreta possibilità di decidere per tutti in via astratta e generale, quali possano essere i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), perché ogni territorio ha le proprie peculiarità, così come le comunità e le persone (basti pensare alla più semplice delle differenze, in campo sanitario, quella fra maschi e femmine); la Commissione Cassese, se mai partisse, partorirà qualche dichiarazione di principio, qualche rassicurante raccomandazione su cose perfino banali, ovvero quei diritti che ormai anche l’unione Europea cerca di garantire a chi viaggia per lavoro o studio; dopo di che, chiusi i lavori, non se ne farà nulla

Di fronte a questo nulla politico e giuridico, le forze politiche di Autonomie e Ambiente non ritennero di aderire alla proposta di riforma del Titolo V del 2001, con legge di iniziativa popolare, di cui il prof. Villone è stato il primo firmatario.

Questo pur nobile tentativo di correggere il testo costituzionale, oggi, in quali mani finirebbe?

Domandiamoci chi ne trarrebbe vantaggio proprio in questo momento di emergenza democratica, in questi giorni in cui si parla di elezione diretta del presidente del consiglio, cioè di una pericolosa deriva centralista?

Chiediamoci quale formidabile arma si sta mettendo in mano a coloro che vogliono blindare la costituzione contro aspirazioni autonomiste? Si combattono nuove improbabili autonomie differenziate, ma certamente si mettono in pericolo quelle consolidate, legittime e purtroppo ancora in gran parte inattuate.

Quelle autonomie autentiche, quelle che richiedono assunzione di responsabilità.

Quelle autonomie calibrate sull’esigenza di ogni territorio.

Quelle che chiedono la piena solidarietà fra tutte le regioni, non certo ridicole e incompetenti rivendicazioni di risorse (secondo alcuni inattendibili schemi fiscali alcuni territori hanno più industrie, più fatturati, più risorse, certo, ma, come ci mostrano le cronache delle ultime ore, a ritrovarsi territorio in emergenza e bisognoso di aiuto, a seguito di una calamità, è un attimo).

Riteniamo che, l’unica stabilità possibile e l’unica governabilità che possiamo accettare sia quella del decentralismo, della ridistribuzione dei poteri agli enti locali, dell’assunzione di responsabilità, territorio per territorio, in un quadro normativo che prevenga i conflitti di competenze, impedisca le rendite di posizione, assicuri a tutti non solo e non tanto i diritti, ma il dovere di conservare la propria terra, con tutte le sue diversità e consegnarla alle generazioni future.

Dai fatti invece risulta che una classe politica tutta ha dimenticato che esistono la Costituzione, gli Statuti e, non in ultimo, lo Statuto speciale della Sardegna.

Uno Statuto che per quanto imperfetto è comunque uno strumento da attuare fino all'ultima riga.

Perché le Autonomie non sono altro che questo, strumenti da usare per amministrare bene i propri territori e non serve ottenerle se poi si fa finta che non esistano, essendo più comodo ubbidire e inchinarsi a Roma piuttosto che assumersi la responsabilità di fare sentire la voce della propria terra e lottare per essa.

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Maurizio Onnis sul 25 febbraio 2024: Coalizione Sarda, perché i Sardi scelgano il proprio destino

ELEZIONI REGIONALI IN SARDEGNA - AL VOTO IL 25 FEBBRAIO 2024

Intervento di Maurizio Onnis

(Sindaco di Villanovaforru, candidato nella Coalizione Sarda, Lista Vota Sardigna - Circoscrizione Medio Campidano, associato di Autonomie e Ambiente)

 

Villanovaforru, 4 febbraio 2024

A venti giorni dalle elezioni regionali della Sardegna, possiamo stabilire alcuni punti fermi. Ai miei occhi di indipendentista, di sindaco di Villanovaforru (piccolo comune del sud dell’isola), e di candidato della Coalizione Sarda, appaiono chiare tre cose.

1. In Sardegna l’urgenza maggiore non è battere la destra, ma battere la destra e la sinistra. Quest’ultima ha infatti, nel disfacimento della nostra regione, le stesse responsabilità della destra. Maturate negli anni in cui è stata al governo e segnatamente nel corso della legislatura 2014-2019. Allora, così come sotto la destra nel quinquennio 2019-2024, non si sono affrontati e non si è riusciti a dare nemmeno una parvenza, un inizio di soluzione ai terribili problemi che affliggono la Sardegna, relegata agli ultimi posti di ogni graduatoria europea: che si tratti di qualità dei servizi o di indice infrastrutturale, di numero di laureati o di trasparenza della pubblica amministrazione.

2. La Coalizione Sarda non è una tradizionale alleanza di sigle accomunate dall’ideologia, quest’ultima pressoché sparita dal dibattito politico. E nemmeno, se non da pochi ed essenziali, punti di programma. È molto più simile a un rassemblement alla francese, garantito da chi l’ha creato. Spetta a Renato Soru il compito di dare corpo alla dichiarata “sardità” della Coalizione. E spetta a lui, per primo, il compito di piegare a questa sardità chi della Coalizione fa parte. Fino a quando tale “sardità” verrà assicurata, in programmi e azioni, ci staremo dentro: io e molti altri che lottano da tanto tempo per l’autodeterminazione dei Sardi.

3. È importante anche il dopo. È fondamentale che la Coalizione Sarda duri oltre il 25 febbraio, giorno delle elezioni. Perché il vero obbiettivo è inserire un cuneo, una zeppa, nel bipolarismo di marca italiana, recepito anche dalla ingiusta legge elettorale sarda. Questa dà un fortissimo premio di maggioranza al candidato presidente che superi il 25% dei voti ed esclude dal Consiglio regionale il candidato presidente che arrivi terzo. Svellere il bipolarismo significa portare a breve nelle istituzioni e nella lotta politica una nuova forza, davvero fondata sul desiderio dei Sardi di scegliere il proprio destino, prima e oltre i dettati del governo romano, prima e oltre le alchimie dei partiti italiani.

In poche parole: bisogna cambiare. E cambiare a partire dalla campagna elettorale, che personalmente conduco secondo i criteri della decenza: dire quel che si pensa, badare al concreto, non brigare, non mentire, non offendere, non fare vacue promesse. A queste condizioni, si può persino sperare di offrire alla Sardegna e ai Sardi un servizio utile.

Maurizio Onnis

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Radici, fallimento, riscatto per l’autogoverno della Sardegna (e non solo)

  • Autore: Claudia Zuncheddu (con un omaggio a Eliseo Spiga) – Cagliari, domenica 4 giugno 2023

La dottoressa Claudia Zuncheddu è animatrice della Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica (la foto di Giampaolo Cirronis la riprende in una manifestazione del settembre '22) e punto di riferimento del decennale cammino del movimento Sardigna Libera. E' impegnata qui nel Forum 2043 per immaginare i "paesi nuovi" da lasciare alle generazioni future sin dall'inizio dei nostri lavori. Nel quadro di un lungo, delicato, rispettoso, inclusivo dialogo tra forze, gruppi, persone attive nella politica sarda, si è associata al progetto di Autonomie e Ambiente. Questo scritto è anche quindi, non casualmente vista la sua storia personale e la scelta radicale fatta in proposito da AeA, un'appassionata difesa della sanità pubblica, proprio attraverso  processi di autodeterminazione concreta in materie cruciali come acque, energie, cibo, salute. Contiene, infine, un omaggio alla bella figura di Eliseo Spiga: scrittore e politico sardo (nato ad Aosta nel 1930 da genitori sardi migranti e morto a Casteddu nel 2009) che non deve essere dimenticata.

Radici, fallimento, riscatto per l’autogoverno della Sardegna (e non solo)

Claudia Zuncheddu – Cagliari, domenica 4 giugno 2023

Se oggi siamo costretti a commentare gli espedienti retorici di Calderoli e Salvini sull’autonomia differenziata, mentre al potere è andato il governo più centralista della storia della Repubblica italiana, significa che la situazione è davvero grave.

Il ministro delle “porcate” fa quello che ha sempre fatto, ma noi? Noi possiamo attardarci, sulla difensiva, di fronte a processi politici che ormai da un ventennio disconoscono e svuotano tutte le autonomie, quelle personali, quelle sociali, quelle territoriali, preparando le condizioni per esaltare il centralismo autoritario?

Non perdiamo tempo accanto a coloro che, non sapendo come opporsi alla deriva populista, si attardano a discutere delle iniziative del leghismo salviniano, senza capire che quell’autonomia differenziata non si realizzerà mai, mentre il presidenzialismo e altre forme, ancora più opache, di centralismo avanzano.

A questo punto potremmo dire che noi indipendentisti, localisti, autonomisti, convinti sostenitori di forma avanzate di autogoverno e di confederalismo europeo, siamo costretti a mobilitarci contro il rischio che… Vengano minate le fondamenta di questa Repubblica italiana delle Autonomie e di questa Unione Europea disfunzionale. E’ un paradosso? Fino a un certo punto!

Noi che siamo sardi dovremmo aver chiaro, prima di tanti altri territori italiani ed europei, che cosa significa vivere sotto uno Statuto speciale di Autonomia e una Costituzione, carte tradite dal 1948.

Tutti i processi neocolonialisti, tesi a distruggere la nostra identità e la nostra economia locale, si sono solo accelerati, dopo l’avvio dell’ultima globalizzazione, quella del “Washington Consensus”. Dall’Unione Europea, peraltro contro i principi fondamentali dei trattati, sono arrivati capitalisti avventurieri, attacco ai beni comuni, austerità. Dalle rivolte cosiddette “anticasta”, in realtà solo antipolitiche e quindi anche, fondamentalmente, antidemocratiche, abbiamo avuto la contrazione degli spazi di partecipazione e agibilità politica, la scomparsa di fonti trasparenti di finanziamento pubblico dell’attivismo politico, il taglio dei consiglieri comunali, il taglio dei rappresentanti in consiglio regionale, il taglio dei parlamentari (il tutto, ovviamente, con il contemporaneo incistirsi di leggi elettorali ingiuste che discriminano ancor più le minoranze politiche presenti nella tradizione sarda).

Il risultato è, non solo per la Sardegna ma per tutti i territori, che sui media regna una cappa di grigio pensiero unico, le élite sono sempre più oligarchiche, l’alternanza fra i sedicenti “centrosinistra” e “centrodestra” corrisponde sempre più a un gioco delle parti, in una sostanziale continuità delle politiche.

Eppure le popolazioni non sono completamente domate.

Respinsero la disgraziata proposta di riforma costituzionale centralista Boschi-Renzi-Verdini nel 2016. E’ fallita, per mancanza di cultura democratica e autonomista, la protesta populista dei Cinque Stelle. E’ iniziata la parabola discendente del salvinismo e dei suoi decreti sicurezza. La deriva centralista, con l’espropriazione delle competenze territoriali, è tuttora in corso con il Piano di Colao (uomo alla guida della “task force” di Conte e poi ministro del governo Draghi), ma ha il fiato corto. Spogliare i sindaci di responsabilità, risorse, competenze, in materie come la sanità, l’ambiente, l’emancipazione degli ultimi, significa abbandonare queste materie, che hanno bisogno, per loro natura, di essere portate avanti territorio per territorio da autorità locali forti e autorevoli.

A proposito di sanità, vale la pena di ricordare che siamo in piena emergenza. In Sardegna dal 2006, a seguito di un accordo stato-regione, mai equamente onorato dal governo centrale, i costi della sanità sono a carico delle casse sarde con pesanti ricadute sull’economia locale e sulla salute dei Sardi.

La Sardegna è in testa per la mortalità e per la rinuncia alle cure. I pochi medici sardi sono sottopagati e demotivati. Fiumi di malati, che ne hanno la possibilità, vanno a curarsi altrove, arricchendo ancor più le regioni già ricche e le loro avide sanità private. Un fenomeno questo che non risparmia le risorse pubbliche, depauperate per curare numerosi malati in strutture convenzionate, nelle solite regioni opulente.

Per il taglio dei posti letto la Sardegna perde non solo importanti scuole di specializzazione, ma rischia persino la chiusura della Facoltà di Medicina. Neppure i LEA (livelli essenziali di assistenza), imposti dallo stato, a differenza di altre regioni, vengono rimborsati alla Sardegna.

Non stiamo parlando, sia chiaro, di una maledizione biblica che colpisce la Sardegna, ma di un processo generalizzato di svuotamento dell’assistenza sanitaria pubblica in tutte le realtà marginali, le cui conseguenze sono drammatiche nella maggior parte dei territori della Repubblica e anche in molte periferie d’Europa e della globalizzazione.

Da noi è tutto più esacerbato, per via della nostra condizione insulare e per il plateale tradimento di quello che dovrebbe essere uno statuto di autonomia speciale.

La fragilità e l’insicurezza sono la condizione esistenziale a cui ci hanno relegato le politiche centraliste. Allo spopolamento dei nostri paesi e all’abbandono delle campagne lo Stato e la Regione rispondono con la chiusura dei servizi pubblici: scuole, sanità, trasporti. Le regole europee e italiane di austerità e sostenibilità si risolvono in scelte di darwinismo sociale, una impropria selezione in cui sopravvivono i servizi pubblici nelle regioni di più alta densità demografica ed economica, a scapito di quelle che si stanno spopolando e impoverendo.

Tutte le economie locali e tutti i legami sociali sono sotto l’attacco della globalizzazione, delle agende centraliste e conformiste provenienti dall’Europa e dallo stato italiano. In Sardegna è tutto esasperato dalla marginalità geografica e dalla gracilità demografica. In 304 comuni sardi su 377, i decessi superano le nascite. La fuga verso le città (del continente) decreta la morte dei piccoli centri e di ogni speranza.

Fallace è anche la convinzione che lo spazio urbano, anche quello di Cagliari e degli altri pochi centri maggiori della Sardegna, possa essere luogo di incontro, relazioni, innovazione, men che meno agorà democratica o culturale.

L’urbanizzazione è selvaggia anche in un territorio povero come il nostro, anzi forse di più.

Ai ceti poveri, anche nelle piccole città della Sardegna, sono riservate periferie degradate dove le persone sono più sole, più fragili, più ricattabili, più assoggettabili al clientelismo della politica neocolonialista. Crescono sacche di disagio sociale che sono serbatoio di voti indispensabili per la conservazione delle attuali élite al potere.

La nostra speranza è nel distacco dagli schemi dell’attuale disumanizzazione e la riscoperta del comunitarismo proprio della nostra cultura millenaria.

Mentre riprendiamo nelle nostre mani il nostro destino, viene spontaneo un omaggio a Eliseo Spiga. Nel 1998, nel suo romanzo “Capezzoli di pietra“, emerge il suo grido contro un urbanesimo che non è fatto per noi e per quest’isola: “Da noi sovrana è la comunità e il nuraghe è simbolo e scudo della sovranità comunitaria. Noi non costruiamo città ma villaggi. La città è ostile alla terra agli alberi agli animali e inselvatichisce gli uomini, pretende tributi insopportabili per accrescere la sua magnificenza. In essa, i topolini che rodono la mente trovano pascoli lussureggianti per ingigantirsi: ambizione e voglia di potenza, invidia avarizia e brama di ricchezze superflue, slealtà odio e inimicizia verso i fratelli. La città crea specie che noi nuragici detestiamo, come i funzionari del tempio e del sovrano, i servi e gli schiavi. Ci porta un mondo di guerre insensate in cui ogni città combatte contro le altre per dominio e superbia“.

Noi, come popolo, dobbiamo rifiutare di essere deportati in periferie disumane. Come isola della bellezza, dobbiamo impedire di essere sfigurati dalla cementificazione. Non ci interessa di essere considerati “retrogradi” o “superati”.

Fra i tanti misteri della nostra cultura nuragica, gli addetti ai lavori una certezza ce l’hanno: non erano concepite concentrazioni urbane, ma piuttosto migliaia di villaggi nuragici sparsi in tutta la Sardegna, che suggeriscono una società fondata sulla cultura comunitaria e sull’equilibrio con la natura.

Cosa c’è di più antico e così nuovo, quindi, se non riappropriarci della nostra autonomia individuale e collettiva, cioè del nostro autogoverno?

L’autonomia speciale della Sardegna è sin qui fallita, anche perché, nelle illusioni del consumismo e di un malinteso progresso, essa è rimasta ostaggio di dispotici ascari del centralismo italiano, europeo, atlantico.

Oggi, grazie alla riscoperta, su scala europea, dei valori della Carta di Chivasso e della necessità di un nuovo confederalismo dal basso, possiamo rilanciare. Stavolta non in solitudine, ma insieme ai movimenti civici, ambientalisti, autonomisti degli altri territori della Repubblica italiana e dell’Unione Europea, attraverso il lavoro politico, culturale, elettorale di Autonomie e Ambiente.

E’ tempo di tenere fermi i principi e di portare avanti le lotte in cui abbiamo sin qui creduto: dalla resistenza contro la militarizzazione, alla rivolta contro l’inquinamento, alla difesa della salute di comunità e in prossimità, a tutte le nostre iniziative contro il neocolonialismo e contro lo spopolamento.

Dobbiamo dimostrare fermezza, proprio ora che alcuni giovani stanno infine tornando in Sardegna, portando con sé una salutare disillusione, dopo che hanno visto con i loro occhi le crisi degli eccessi neoliberisti.

Possiamo spezzare i processi che ci stanno spopolando e distruggendo e tornare a vivere in armonia con la nostra terra e con i nostri valori più antichi, da cui la società consumistica e capitalistica ha tentato di sradicarci… Non è troppo tardi.

Da quando Eliseo Spiga nel 2000 pubblicò il suo “Manifesto della gioventù eretica e del comunitarismo“, che volle firmare insieme al poeta Francesco Masala e al filosofo Placido Cherchi, è passato un quarto di secolo in cui le grandi macchine livellatrici della globalizzazione si sono inceppate più di una volta.

Le loro pretese di dominio universale si stanno arenando di fronte ai problemi dell’ambiente, all’impossibilità di nutrire e curare il mondo con i prodotti delle multinazionali, agli inaccettabili rischi della guerra infinita, all’imprevedibilità delle aspirazioni dei popoli del mondo.

La nostra riscossa, il nostro recupero di “sardità”, non è in ritardo e, forse, non è più nemmeno in anticipo.

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Sa die de sa Sardigna 2023

Questo 28 aprile 2023 cogliamo l'occasione per raccontare al di fuori dell'isola cosa è “Sa Die de Sa Sardigna”, il giorno della Sardegna, che sta assumendo nell'isola il valore di una festa nazionale.

Si ricorda il 28 aprile 1794, la data che è diventata per tutti “Sa Die”, ovvero il giorno in cui furono cacciati da Cagliari, la capitale del regno di Sardegna, i funzionari piemontesi della dinastia straniera dei Savoia, in seguito ad una rivolta popolare.

I Savoia si fregiavano del titolo di "re di Sardegna", ma governavano l'isola dal Piemonte e il rapporto con il loro possedimento d'oltremare stava diventando sempre più "moderno", cioè colonialista.

Ciò che accese la ribellione fu il rifiuto da parte dei Savoia di soddisfare le richieste inviate dagli "Stamenti" di Sardegna, il parlamento dell'isola. Esse vertevano sul rendere i funzionari sardi partecipi delle decisioni prese a Torino (la residenza dei Savoia) in materie economiche, amministrative, civili, militari e anche culturali.

La rivoluzione sarda ebbe da subito i connotati di una lotta antifeudale, contro lo sfruttamento, le crudeltà e la pesante tassazione operata dai colonizzatori piemontesi.

Il vento illuminista aveva soffiato forte in Europa per tutto il Settecento e aveva accentuato, nei ceti più borghesi e colti, due necessità destinate a scontrarsi: molti individui cominciarono a immaginarsi di vivere in uno stato più forte e più giusto, ma molti altri, quelli appartenenti ad antiche nazioni sottomesse, pretendevano un loro proprio stato. La contraddizione avrebbe attraversato la Francia rivoluzionaria nei suoi rapporti con la Corsica e altri suoi possedimenti, ma anche il Piemonte nei confronti della Sardegna e poi anche di Genova e di altri territori nella penisola italiana.

Francesco Ignazio Mannu, un esponente della piccola nobiltà sarda, dovette rifugiarsi in Corsica dopo avere partecipato ai moti rivoluzionari e dall’isola sorella pubblicò clandestinamente una canzone in sardo ritenuta uno dei più antichi canti popolari d’Europa: “S’innu de su patriotu sardu a sos feudatarios” (Inno del patriota sardo ai feudatari). Tale pezzo, meglio conosciuto come “Procurade ‘e moderare”, chiamato anche “la marsigliese sarda” nel 2018 è stato dichiarato dal governo regionale, inno ufficiale della Sardegna.

La figura più emblematica della rivoluzione sarda rimane comunque quella di Giovanni Maria (Giommaria) Angioy.

Era un Intellettuale e funzionario sabaudo, di formazione illuminista. Chiamato a sedare la ribellione, venne direttamente a conoscenza delle condizioni dei suoi compatrioti. Si fece interprete delle loro richieste presso il re e divenne il loro più strenuo difensore fino a meritarsi una taglia sulla testa che lo costrinse all’esilio in Francia.

La riscoperta di queste memorie e l'adozione di esse nella costruzione di una identità civile (con la festa e l'inno nazionali che si sono aggiunti alla storica bandiera dei quattro mori), sono il frutto di un paziente lavoro che viene da lontano, a cui hanno contribuito persone di ogni appartenenza politico-partitica e della più diversa cultura. Non ultimo, deve essere ricordato il contributo che è venuto dalla diaspora sarda, presente in ogni territorio italiano e in molte parti del mondo.

E' ancora tutto molto simbolico, ma è anche un segnale che il tema dell'autogoverno, per il popolo sardo che sta riducendosi e impoverendosi in questi anni di crisi e di emergenze, è sempre attuale ed è qui per restare. I pochi giovani rimasti (o per fortuna tornati) in Sardegna dovranno entrare nella lotta per l'autogoverno, oppure l'isola declinerà fino a diventare poco più che un parco turistico per pochi ricchi oligarchi del pianeta.

Fino a non molti anni fa, motore di ideali di autogoverno era stato anche l'antico Partito Sardo d'Azione (PSDAz). Ebbe origini complesse e magari anche controverse nel reducismo post-Prima guerra mondiale (l'Inutile Strage, di tantissimi giovani sudditi del Regno d'Italia, quindi anche tanti sardi, in una guerra impopolare, vergognosa, dalle conseguenze storiche disastrose). Alla fine del regime fascista, i sardisti azionisti ottennero per l'isola uno statuto di autonomia speciale. Subito dopo l'avvio della nuova Repubblica, purtroppo, s'inaridirono e dispersero lungo fratture politiche "coloniali", imposte da fuori (allineamento con la DC e l'America, oppure con il PCI, per intendersi, e ovviamente scusandosi della sommarietà). L'autonomia fu tradita e restò inattuata almeno finché non si tornò a costruirla con le giunte progressiste guidate da Mario Melis negli anni '70-'80.

Negli anni '90, con il crollo del sistema dei partiti italiani, ai quali era diventato troppo somigliante, il PSDAz è sopravvissuto a se stesso, come forza clientelare di complemento, a volte dell'uno o dell'altro polo "italiano" della c.d. Seconda repubblica (il centrosinistra o il centrodestra).

Il declino è stato lento, anche per la resistenza interna di molte persone che credevano profondamente nell'autogoverno della Sardegna. La fine, invece, è stata drammatica e ingloriosa, con la svendita del "marchio" PSDAz, antica forza politica autoctona della Sardegna, a uno dei fenomeni più ambigui, deteriori e pericolosi apparsi sulla scena politica dello stato italiano, il "leghismo" finto-federalista, neocentralista, populista.

Chi crede nell'autogoverno e nell'emancipazione civile e sociale della Sardegna non è rimasto in un angolo a lamentarsi della morte cerebrale (politicamente parlando) del PSDAz. Si è elaborato il lutto e molte più persone, di tutte le generazioni, stanno lavorando in progetti alternativi per le autonomie, l'ambiente, il lavoro, la vita delle generazioni future, anche attraverso le reti di Autonomie e Ambiente (AeA) e dell'Alleanza Libera Europea - ALE (European Free Alliance - EFA).

Cagliari - Olbia, venerdì 28 aprile 2023

a cura di Silvia Fancello (Lidia) - rappresentante ALE-EFA in Sardegna - referente Autonomie e Ambiente AeA per la Sardegna

Spunti di approfondimento:

https://www.regione.sardegna.it/messaggero/2008_marzo_13.pdf

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2021/04/17/il-partito-sardo-dazione-100-anni-di-lotte-per-lautonomia_9b3690e3-be92-4d3c-a922-f60be23f27b5.html

https://diversotoscana.blogspot.com/2020/10/la-scelta-di-ale.html

 

 

 Flag of Sardinia bandiera Sardegna

 

Soru, un'idea di Sardegna, finalmente

Riceviamo e volentieri pubblichiamo dalla nostra associata Claudia Zuncheddu (Sardigna Libera)

Cagliari, 21 febbraio 2024

La campagna elettorale per le elezioni regionali in Sardegna è in fase conclusiva. Il 25 febbraio 2024 i sardi sono chiamati a esprimere il voto per le regionali e benché secondo certi sondaggi aleggi lo spettro dell’astensionismo, va messo in conto che il rientro di Renato Soru nello scenario politico sardo potrebbe aver risvegliato l’interesse degli elettori. La speranza del cambiamento, rispetto alla triste competizione a chi è più ignorante e conformista fra sinistra e destra italiane, potrebbe essere di stimolo.

Di certo, la candidatura indipendente di Soru ha stravolto quegli equilibri che sino ad oggi hanno garantito ai poli italiani la certezza dell’alternanza al governo della Sardegna, per non cambiare mai nulla. La legge elettorale sarda del 2013 fu varata ad hoc per blindare il bipolarismo italiano. Eppure l’Italien Régime non appare più così saldo.

La Coalizione Sarda, con Soru presidente, rompe gli antichi schemi. È costituita da cinque liste di cui almeno tre accolgono antiche aspirazioni all’autogoverno e una di esse, Sardegna chiama Sardegna, ha portato in campo una nuova generazione. Il lungo processo di maturazione politica, che ha indotto Renato Soru ad entrare in rotta di collisione con entrambi i poli italiani, non è ancora da tutti compreso nella sua forza dirompente.

Il fenomeno è in parte volutamente travisato. Certi ambienti, tanto iperpoliticizzati, quanto sterili, fanno le pulci all’alleanza sarda con giudizi arroccati su analisi e situazioni del passato. Il centrosinistra promuove, nei confronti della Coalizione Sarda con Soru presidente, una campagna di denigrazione, secondo la quale la loro sconfitta sarà da imputare non alle loro politiche fallimentari degli ultimi decenni, ma a Soru. Il centrodestra annaspa, perché i Sardi hanno già sperimentato che la deriva sardo-leghista e il centrodestra italiano significano più ricchezza per qualcuno in Italia e in Europa, ma sempre più povertà e spopolamento per la Sardegna.

Tra i candidati per la presidenza, la levatura politica e il progetto di Renato Soru sono senza rivali. Siccome siamo in un regime a democrazia fortemente limitata, la stampa lo svantaggia, preferendogli le coalizioni italiane, sostenute dalle incursioni in Sardegna di leader romani e lombardi. I capi della politica continentale, come al solito, arrivano con lo spirito dei padroni che devono controllare le loro “piantagioni di cotone”. Scortati da scarse truppe cammellate stanno poco in strada. Preferiscono le redazioni giornalistiche e le riunioni con i notabili, durante le quali ricordano a noi Sardi che siamo poveri, con tante emergenze, che la Sardegna è bella, che dobbiamo votare per i loro fedeli luogotenenti.

Renato Soru non aspetta nessuno, se non noi Sardi. Nei suoi 100 confronti con le comunità sarde, ha ascoltato, ha preso appunti, ha spiegato la sua visione di Sardegna, sapendo anche entrare nei dettagli di come si potrebbe migliorare l’amministrazione.

Soru riprende, ma avendolo aggiornato profondamente, il progetto politico per la Sardegna che lo portò alla vittoria delle regionali del 2004. Un’idea di Sardegna già allora avanzatissima, osteggiata dai centri di potere del suo partito d’origine, che oggi ripropone all’insegna di “mai più con i partiti del bipolarismo italiano”.

Ci vorrà un po’ di tempo prima che lo capiscano le elite chiuse nelle loro torri (romane) d’avorio, ma la scelta di Soru ha minato il potere centralista e coloniale, che opprime la Sardegna.

Al di là di quali saranno i nuovi rapporti di forza dopo il voto, il progetto politico di Soru ha già vinto con l’apertura di un varco, la creazione di uno spazio politico autonomo sardo, laddove noi sardi dobbiamo impegnarci per rompere le dipendenze e costruire il nostro futuro.

Claudia Zuncheddu – Sardigna Libera