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Territorialismo

Alcune verità nascoste sui soldi siciliani

  • Autore: Massimo Costa, fondatore Movimento Siciliani Liberi - Palermo-Trento, 30 marzo 2023

Sulle finanze della Regione Siciliana e, più in generale, sull'urgenza della territorializzazione delle imposte, ci sono diverse verità che ci vengono tenute nascoste. Ne ha scritto il prof. Massimo Costa su Il Nuovo Trentino e siamo grati al giornale per averci gentilmente concesso la possibilità di pubblicare qui l'articolo, oggi sabato 1 aprile. L'intervento è stato pubblicato da Il Nuovo Trentino il 30 marzo 2023.

2023 03 30 Costa su Autonomia Sicilia INT NuovoTrentino

 

Titolo originale: Un punto di vista siciliano sull'autonomia

Contributo di Massimo Costa, professore di economia aziendale dell’Università di Palermo e fondatore del Movimento Siciliani Liberi

Da Palermo, 29 marzo 2023, uscito il 30 marzo su Il Nuovo Trentino

Il tema dell’Autonomia Differenziata riapre in Sicilia vecchie ferite. In Sicilia, ben pochi in Italia lo sanno, lo Statuto non è ancora attuato (se non in maniera del tutto distorta), soprattutto nella sua parte più importante e vitale: quella finanziaria.

Un luogo comune sbagliato anche se molto radicato è quello che l’Autonomia Speciale siciliana sia fondata sui trasferimenti dallo Stato, e che quindi la Regione possa lucrare chissà cosa da questo status, come una sorta di rendita di posizione pagata da tutti gli altri italiani. Un recente servizio “disinformativo” sul Corriere va nella solita direzione. La realtà è ben diversa.

È ben vero che sulla carta il nostro ordinamento costituzionale prevede alcuni strumenti perequativi tra regioni povere e ricche, ma questi meccanismi non riguardano specificamente la Regione Siciliana. L’art. 119 della Costituzione prevede, ad esempio, una copertura integrale del costo delle funzioni trasferite a regioni ed enti locali, affinché siano garantiti i cosiddetti “livelli essenziali di prestazioni”. Questi, non ben definiti invero ad oggi, implicano che, se le entrate proprie non compensano questi costi, lo Stato deve intervenire con un trasferimento compensativo. Ma tutto ciò con la Sicilia non c’entra nulla, nulla almeno di specifico siciliano. La Sicilia anzi non può partecipare alla perequazione infrastrutturale (ma solo a quella per le spese correnti) perché in teoria disporrebbe per questo di un trasferimento dallo Stato (l’unico previsto dallo Statuto), a tempo (solo finché il reddito pro capite è più basso di quello medio italiano) e vincolato a un piano di opere pubbliche. Lo strumento è tuttavia disattivato sin dal lontanissimo 1990 e lo Stato non ha mai veramente dato nulla (prima di quella data, infatti, si limitava a retrocedere alla Sicilia a tale titolo l’85% delle accise petrolifere raccolte in loco).

Per il resto, sulla carta, la Sicilia dovrebbe fare da sé. Nello Statuto non c’è scritto che arrivano finanziamenti da Roma, anzi, tutto il contrario. La Sicilia dovrebbe decidere da sola – come uno stato che si autogoverna – di quale ordinamento tributario dotarsi. Tutti i tributi il cui presupposto tributario nasca nell’Isola dovrebbero restare al 100% alla Regione (e ai Comuni), mentre allo Stato sarebbero attribuiti solo tre tributi minori per le funzioni residue. Ma queste funzioni statali sono nulle o quasi: difesa, interni, esteri e giustizia, punto, basta. Tutto il resto lo dovrebbe fare la Regione-Stato. E persino Interni e Giustizia spetterebbero, sempre sulla carta, alla Regione: il Presidente della Regione sarebbe Ministro e Capo della Polizia, e dovrebbe nominare i prefetti. Funzioni quindi che dovrebbero prevedere quote di compartecipazione sui tre residui tributi erariali.

La Sicilia, con propria Agenzia delle Entrate, dovrebbe accertare e riscuotere tutti i tributi, diretti e indiretti che maturano nell’Isola. Non chiedendo quindi nulla allo Stato.

La realtà è diversa: lo Stato trattiene illegittimamente il 39% dell’IRPEF, il 63,6% dell’IVA, il 100% dell’IVA alla dogana, il 100% dell’IRES prodotta in Sicilia da società che hanno sede altrove, il 100% delle imposte di consumo, e in cambio ha accollato alla Regione e ai Comuni TUTTE le funzioni pubbliche, con pochissime eccezioni: Scuola e Università, Interni e Giustizia, qualche spicciolo ai Comuni (per il resto finanziati integralmente da tasse locali e trasferimenti regionali), circa mezza sanità. Tutto il resto, dai forestali ai musei, dalla motorizzazione agli ispettorati del lavoro, è già rigorosamente a carico del contribuente siciliano.

La Sicilia quindi non dovrebbe avere paura dell’Autonomia differenziata del Nord, ma pretendere finalmente i propri diritti. Tutti i tributi maturati in Sicilia le dovrebbero essere lasciati, tranne quelli che per Statuto sono destinati alle (residue) funzioni dello Stato centrale, con i soli interventi perequativi previsti dall’ordinamento costituzionale.

Temiamo che le cose vadano diversamente. O si lascia tutto com’è, con le ingiustizie attuali. O ci vengono tolte altre risorse fino a strangolarci. Oppure, per accontentare tutti (ad esempio attribuendo le risorse maturate in Sicilia e riscosse altrove a entrambe le regioni interessate), esploderà il debito pubblico erariale. Siamo giustamente preoccupati per questo, ma è anche una occasione per fare chiarezza, per attuare le norme vigenti ma tradite, per porre fine a un’ intollerabile condizione di colonialismo interno.

* * *

Per conoscere il lavoro scientifico, culturale e politico del prof. Massimo Costa: https://www.massimocosta.blog/

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Dibattito sulle autonomie ospitato da Il Nuovo Trentino

  • Autore: Mauro Vaiani, Claudia Zuncheddu, Ciro Lomonte, Roberto Visentin - 28 febbraio / 3 marzo 2023

Grazie all'impegno personale di Piercesare Moreni e alla lungimiranza del direttore Paolo Mantovan, Il Nuovo Trentino ha pubblicato quattro interventi in quattro giorni nel quadro di un dibattito sul futuro dell'autonomia del Trentino, che è cruciale per il futuro di tutte le autonomie nello stato italiano e forse anche oltre. Per gentile concessione del quotidiano trentino, pubblichiamo qui, in ordine cronologico, i quattro articoli, scritti rispettivamente dal dott. Mauro Vaiani (28 febbraio 2023), dalla dott.ssa Claudia Zuncheddu (1 marzo 2023), dall'arch. Ciro Lomonte (2 marzo 2023) e dal vicepresidente EFA-ALE e presidente Autonomie e Ambiente (AeA) Roberto Visentin (3 marzo 2023). Si avverte che: i testi qui riprodotti sono quelli integrali inviati dagli autori. Sulle pagine de Il Nuovo Trentino potrebbero essere stati soggetti a minimi ritocchi per esigenze d'impaginazione.

1) Martedì 28 febbraio 2023 - Mauro Vaiani (OraToscana, segreteria di Autonomie e Ambiente)

Titolo: Il Trentino non è autonomia "etnica"

INT 2023 02 28 Vaiani 1Testo

Quella della Provincia di Trento è per molti aspetti l’autonomia più avanzata e più ammirata della nostra Repubblica. Dall’esterno – chi scrive è un Toscano che vive e lavora in Toscana – non la vediamo affatto come una autonomia “etnica”, come l’ordinamento originale di un cantone montano, come l’autogoverno di un territorio in qualche modo marginale o periferico, che si sia trovato nella Repubblica Italiana per un accidente della storia e che quindi avrebbe bisogno di un qualche ordinamento speciale.

Al contrario, l’autonomia trentina è comprensibile e quindi ammirata in tutti gli altri territori, perché si è realizzata in una territorio percepito come “italiano” e comunque non periferico, ma al contrario ben inserito nella principali reti economiche e sociali della globalizzazione e dell’integrazione europea.

In ogni altro territorio dove è presente un movimento civico autonomista o anche solo vagamente territorialista, l’autonomia del Trentino è vista come una fonte di ispirazione. Sbagliamo a vedervi così? Non lo crediamo affatto.

E’ stato autolimitante e alla lunga distruttivo, per gli stessi autonomisti del Trentino e di altre realtà alpine, pensare al proprio autogoverno come una necessaria e speciale solidarietà fra gente di montagna.

Nella Provincia di Trento sono affidate alle amministrazioni locali molte responsabilità e la necessità di far funzionare concretamente cose essenziali alla vita quotidiana. Poiché chi governa è molto vicino a chi è governato, nel tempo si sono selezionati pubblici funzionari e un personale politico le cui prestazioni sono molto superiori alla media italiana (e anche a quella di parecchi stati europei).

Sarebbe semplicistico continuare a credere che la buona qualità dell’autogoverno locale a Trento sia una eredità culturale dell’antica solidarietà montanara o di altre, pur preziose, eredità storico-culturali.

E’ stato decisivo, invece, aver trattenuto sul territorio poteri, risorse, competenze. Questo ha significato per il Trentino una accumulazione di capitale sociale in pochi decenni! Una trasformazione moderna, che va ben oltre la rivendicazione di identità e tradizioni.

Le vostre montagne erano povere quanto e forse più di quelle del nostro Appennino, dopo la Seconda guerra mondiale, ma oggi, dopo decenni di autogoverno, la situazione è completamente cambiata.

Il vostro territorio è fra i più benestanti d’Europa, mentre le nostre province appenniniche, che sono state governate da autorità centrali (e spesso centraliste) chiuse nei loro palazzi romani (o milanesi, o, più recentemente, bruxellesi), si sono spopolate, impoverite, degradate. Qua e là magari i nostri territori peninsulari sono stati fatti oggetto di una qualche rinascita artificiale, turistica o connessa con la “signorilizzazione” (“gentrification”, direbbero i più globalizzati), ma il “buon ritiro” in montagna è assolutamente insufficiente a restituire vitalità a comunità locali romagnole, toscane, umbre, marchigiane, abruzzesi, campane, lucane o calabresi, che continuano a declinare.

Non si dovrebbe chiudere l’autonomismo entro il recinto dell’autodifesa di una comunità montanara. Nelle contraddizioni della globalizzazione, tutti i territori, anche le pianure, le coste, le isole, persino le città più grandi e più ricche, hanno bisogno di un maggior autogoverno, che significhi controllo sui propri beni comuni, sui servizi pubblici locali, sulla pubblica istruzione, su un servizio sanitario capillare, sui faticosi ma necessari processi di transizione ambientale, perché ogni territorio resti abitabile e sia consegnato intatto alle generazioni future.

Nel nostro Forum 2043 ci stiamo preparando al centenario della Carta di Chivasso del 1943, perché consideriamo che quelle antiche parole autonomiste e confederaliste scritte da resistenti antifascisti alpini siano più vive e più attuali che mai per tutti e dappertutto.

Come ha scritto Walter Pruner, in suo contributo al nostro Forum 2043, anche a Trento sono arrivate la crisi della partecipazione civile e l’eclissi della diligenza nelle elite, che mettono in pericolo anche l’autonomia italiana di maggior successo.

Gli errori della politica italiana (ed europea) sono tanti e non possono certo essere trattati qui: il declino del pluralismo nei media, ormai in mano a poche centrali globali di conformismo; le vergognose leggi elettorali, che impediscono ai cittadini di scegliere liberamente i loro leader locali; la distruzione dei partiti politici popolari. I contraccolpi negativi sono arrivati a far danni anche in Trentino, lasciando spazio a varie forme di populismo (non solo quello leghista o pentastellato, sia chiaro, ma anche a un certo populismo “dall’alto” in stile renziano), oltre che, più recentemente, a una destra piena di idee centraliste, presidenzialiste, nazionaliste, tutte drammaticamente vecchie e sbagliate.

Il Trentino, ha scritto Walter Pruner al Forum 2043, “all’opzione autonomista ha preferito l’allineamento con Roma, con un voto oltremodo prevedibile e reso incontendibile a causa di un incontinente lassismo politico, in Trentino non meno che nella più generale scena italiana.”.

La fase politica che stiamo vivendo ha bisogno di più autonomie personali, sociali, territoriali, non certo di meno. Ciò che però nessun autonomismo dovrebbe più fare, a nostro parere, è isolarsi.

I nostri ideali hanno grandi padri e madri trentine: la Repubblica delle Autonomie, l’Europa delle regioni, il confederalismo per un mondo emancipato dal colonialismo, dall’autoritarismo, dal militarismo.

Coloro che li condividono devono tornare a fare rete tra di loro, consapevoli e fieri del proprio passato, ma consapevoli che la posta in gioco è altissima e richiede un supplemento d’anima: un futuro più “trentino”, cioè una vita comunitaria a misura di persona umana, non solo per i Trentini, ma per tutti, dappertutto.

 

2) Mercoledì 1 marzo 2023 - Claudia Zuncheddu (Sardigna libera, attivista per la salute e per l'autogoverno della Sardegna)

Titolo: Ondate di populismi e naufragi autonomisti

INT 2023 03 01 Zuncheddu

I processi di globalizzazione in corso, per poter attuare il proprio dominio economico e culturale, necessitano dell’eliminazione di qualsiasi identitàe diversità, di ogni forma di dissenso,di autonomia personale, sociale, territoriale. Tuttavia la storia delle varie comunitànon è così facilmente cancellabile. Ha determinato fenomeni di appartenenza e di condivisione culturale, sociale ed economica, che tutt’ora, nonostante i processi di disgregazione violenta della globalizzazione,persistonodandosostanza, dal locale al globale, a diversità cheintendono organizzarsiin modo differente.

L’esperienza di autonomia del Trentino è per gli autonomisti e per tutti i movimenti identitari che mettono in discussione il centralismo dello Stato italiano, un buon esempio diautogoverno. E’ un’esperienza di emancipazione che va ben oltre le sabbie mobili del localismo in cuiin moltivorrebbero veder scomparire le autonomie.

AllaSardegna, a differenzadelTrentino,è stato impedito peroltre 70 annidi attuare le previsioni delloStatutospeciale. A certificare questo, sin dalla conquista formale dell’Autonomia,sono statel’imposizione di attività militari in 24 mila kmq di territorio sardo (62% della militarizzazione italiana), l’imposizione di una cultura industrialeestranea agli interessi dell’Isola, la creazione di “bolle” turistiche gestite da capitali stranieri, decretando sino a oggi uno status coloniale, con altissimi costi in termini sociali, economici, ambientali e sanitari.

L’ ”antistorico successo di Fratelli d’Italia” è un’anomalia politica che nondeve mettere in discussione l’esperienza autonomista alla base dell’emancipazione del Trentino,né delle speranze di altri territori, come la Sardegna, il cui autogoverno è rimasto incompiuto.

ll fenomeno della perdita di capacità progettualedei partiti, con il confondersi dei valori di destra e di sinistra, nel nome diunapretesa unità nazionaleo della rigidità dei vincoli esterni, ha generato governia cui hanno partecipato tutte le forze politiche, compresa l’antipolitica realtà dei Cinque Stelle,ma che sono risultati troppo simili nel governo dell’esistente.Lo star fuori “formalmente” di Fratelli d’Italia da questi governi e la diffusa sfiducianella possibilità di un miglioramento reale delle condizioni economiche e sociali, hapremiato elettoralmente questa formazione dianticamatrice neofascista,così come prima aveva premiato altre forze.

Queste ondate anti-sistema hanno avuto ripercussioni in tutte le regioni, senza esclusione di quelleautonome, conil connessosvilimento dell’autonomia del personale politico locale, e quindidell’ autogoverno e autodeterminazione delle comunità.

In Sardegna, per esempio, l’onda lunga della Legasalviniana alle elezioni regionali del 2019, ha contribuito alla vittoria del centrodestrainalleanzacon ilPsd’Az.Quest’ultimo però non era più ilpartito storico dell’autonomiasarda, ma una mera appendice del salvinismo.Ilpresidente Solinas,passato dalcentrodestra alla guida del Psd’Az, haincarnatoquestaderiva, imbarcando nel partitole seconde e terze file del centrodestra italiano.Ora lo stesso accadrà, in molti territori, con la parabola crescente di Fratelli d’Italia.

Per lamancataautonomia,la Sardegna è il territorio più spopolato d’Italia, trai più impoveriti e più inquinati(dove siregistra,fra l’altro, la più alta percentuale di rinunce alle cure sanitarie, in primis per ragioni economiche).Nessun territorio, nemmeno il Trentino, è al riparo da un simile declino, venendo a mancare una politica autonoma e autonomista,

In tutti i territori sipuò e sideve resistere,magari conoscendoci e cooperando di più, restando attaccati a una antica enuovaideadiautonomia diffusa e interconnessa in modo solidale,con un respiro europeo e internazionale.

 

3) Giovedì 2 marzo 2023 - Ciro Lomonte (segretario del Movimento Siciliani Liberi)

Titolo: Le Dolomiti viste dall'Etna, il fuoco dell'autogoverno

INT 2023 03 02 Lomonte

Una delle caratteristiche da noi ammirate nei politici autenticamente autonomisti di Trento e di Bolzano è la loro capacità di farsi eleggere al Parlamento Italiano senza essere costretti a farsi rappresentare da partiti centralisti. Quando gli eletti autonomisti vengono sollecitati a dare un supporto al voto di maggioranze traballanti, chiedono in cambio benefici per i rispettivi territori, non per sé stessi. Un comportamento coerente che ha garantito benessere e sviluppo a due comunità da tempo in vetta alle classifiche della qualità della vita.

Ci si potrebbe chiedere come mai i siciliani – non parliamo di Siciliani Liberi, forza politica ancora troppo giovane e troppo debole per essere presente nelle istituzioni – non abbiano mai fatto altrettanto per la propria terra. Eppure sono sempre stati numerosi in Parlamento. Hanno espresso capi di Governo, ministri e ultimamente pure un Presidente della Repubblica, tutti assolutamente ignavi o passivi riguardo alla “questione finanziaria siciliana”. I media nascondono la realtà che la Sicilia è trattata come una colonia interna, a cui vengono sottratti ogni anno 10 miliardi di euro provenienti dalle stesse tasse dei siciliani. E i rappresentanti isolani dei partiti centralisti tacciono.

L’istituzione dell’autonomia speciale siciliana (1946) e la nuova Costituzione repubblicana (1948) non hanno funzionato come l’autonomia trentina, proprio per il rifiuto del governo centrale di porre fine alla sottrazione di risorse dall’Isola verso lo stato centrale. Oggi sembra incredibile, ma il Regno di Sicilia (1130-1816) è stato una realtà fiorente e sviluppata per circa settecento anni, uno degli stati più ricchi del mondo, prima di essere soppresso dai Borbone e poi, definitivamente, dal Regno d’Italia. A suo tempo la Sicilia era terra d’immigrazione. L’emigrazione dei siciliani è iniziata dopo il 1860 (come pure altri gravi guasti, come la mafia, fenomeno studiato a fondo da alcuni storici quali Francesco Benigno).

L’attuale assetto statuale è sorretto da forze poderose: i vincoli internazionali (militari, non solo politici); i rapporti economici di dipendenza; le strutture statali che sono ancora centraliste e prefettizie; il monopolio dell’educazione e dell’informazione. Non sono mancate neppure brutalità e violenza, perché i siciliani si sono ribellati, in alcuni momenti storici, ma sono stati repressi.

Il fuoco dell’aspirazione all’autogoverno non è certo spento, come non è mai spento il nostro vulcano che domina la Piana di Catania. È lì, cova ininterrottamente e prima o poi avrà porrà fine alle conseguenze negative del colonialismo interno.

Tutti i territori aspirano a maggior autogoverno e tuttavia servono metodo, astuzia, costanza, perché il centralismo è forte.

Le richieste di maggiore autonomia, la cosiddetta “autonomia differenziata” chiesta da Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, sono anch’esse minate da una grave incomprensione di come concretamente si costruiscano processi di autogoverno. Le tasse sul fatturato di un’azienda che ha sede fiscale a Milano, per esempio, non sono “lombarde”. Esse dovrebbero restare nei territori dove si producono beni e manufatti. Senza principi seri di territorializzazione delle imposte, le aspirazioni di queste grandi regioni saranno (giustamente) liquidate come “secessione dei ricchi” e quei territori resteranno ostaggio del centralismo italiano.

Le autonomie a cui guardiamo con ammirazione, per ciò che hanno realizzato con grande sacrificio e sagacia, quella di Trento come anche quella di Bolzano, non si sentano al sicuro. Il centralismo è pronto a riprendersi ciò che è stato costretto a lasciarvi gestire con le vostre forze e secondo la vostra volontà (da accordi internazionali, non da buoni sentimenti filo-autonomisti, che erano e sono ancora minoritari nella politica italiana).

Trento e Bolzano non si lascino omologare, conservino le loro solide politiche locali (ammirevoli, per inciso, quelle che sono in essere per la famiglia e la natalità, la sanità e la vecchiaia, l’agricoltura e la cultura). Restino d’esempio, in un mondo che tende a sopprimere le identità territoriali in nome di una globalizzazione massificante e disumanizzante. Per noi è necessario promuovere forme di collaborazione più intense fra i politici di Trento e di Bolzano ed i nostri – intendiamo quelli sinceramente impegnati nello sviluppo dei rispettivi territori – all’interno di contesti come la rete “Autonomie e Ambiente”.

4) Venerdì 3 marzo 2023 - Roberto Visentin (vicepresidente ALE-EFA, presidente di Autonomie e Ambiente in rappresentanza del Patto per le Autonomie Friuli-Venezia Giulia)

Titolo: Autonomisti trentini, avete perso la bussola

INT 2023 03 03 Visentin

Non riesco mai a dimenticare che spesso o meglio quasi sempre chi vince le elezioni ed arriva a governare, lo fa grazie a demerito o incapacità degli avversari, più che per meriti propri.

Il successo prima dei “salviniani” e poi di Fratelli d’Italia, persino in Trentino, una delle province di più antica e operosa cultura autonomista, è certamente connesso con una stanchezza e una sfiducia generali, che hanno spinto troppi elettori in tutta la Repubblica e in molte altre parti d’Europa, a smettere di votare o a dare un voto di protesta a forze immature e a leader populisti.

Va tuttavia messo in conto anche agli autonomisti trentini, che evidentemente si sono limitati a gestire, ma hanno smesso di investire nella coesione sociale delle loro comunità locali.

I Sudtirolesi hanno un collante etnico, che per ora attenua i loro problemi, che in Trentino non c’è (e anzi non c’è nella maggior parte dei territori dello stato italiano – compreso il mio Friuli - se non nell’immaginazione di qualche frangia identitaria).

Questi anni di crisi e declino, dovuti alle contraddizioni della globalizzazione, stanno conducendo alla disgregazione delle comunità locali, dei loro legami sociali, del loro sentirsi responsabili del proprio territorio.

I recenti successi di partiti centralisti sono anche responsabilità di autonomisti locali incapaci di comunicare in un mondo che cambia. Si sono persi troppi anni, anche in Trentino, pensando che la propria autonomia speciale fosse il frutto di qualcosa di, appunto, “speciale”: la cultura “montanara”, o le tradizioni dell’ “arco alpino”, o i legami storici con il “popolarismo austro-tedesco”. Fantasie, non politica, che hanno impedito di vedere l’affievolirsi, giorno dopo giorno, della capacità delle comunità locali di garantire inclusione, emancipazione, senso di appartenenza.

Questo obliga tutta la nostra area politica, cioè le persone e i movimenti che, almeno dalla Carta di Chivasso del 1943 in poi, credono nelle autonomie, a studiare e faticare di più; a riflettere criticamente e autocriticamente su perché da quasi venticinque anni (dai tempi del Titolo V del 2001) la Repubblica delle Autonomie è messa sempre più in discussione, invece di avanzare; a mettere in discussione il nostro linguaggio e la nostra postura autonomista. Senza un cambiamento profondo e senza un altrettanto profondo rinnovamento generazionale, si diventa un peso morto, invece che un motore, per la causa autonomista.

Mi sia consentito di essere brutale: si può rimanere al potere anche senza avere un progetto per la propria terra, come è successo al PSDAZ (succede in politica di non sapere più come sistemare le cose che non vanno e allora ci si riduce a sistemare se stessi). Anche altri partiti autonomisti, anche lo storico PATT, sono a rischio di fare la fine del PSDAZ.

Non definirei antistorico il successo di Fratelli d’Italia in Trentino. E’ al contrario la conseguenza dell’abbandono del campo da parte di chi dovrebbe rappresentare i territori, lasciando spazio a esponenti di un centralismo vecchio e fallimentare, che non porterà da nessuna parte.

L’autonomia non è di sinistra o di destra e nessuno può rivendicare il diritto di rappresentarla in esclusiva, ma è inaccettabile che i ciarlatani di “prima gli italiani” e “via le accise dalla benzina”, siano considerati credibili come amministratori di comunità complesse come lo sono tutte le autonomie locali di questa Repubblica, non solo quelle speciali.

La proposta di autonomia differenziata fatta dall’autore del “Porcellum“ andrebbe definita con la stessa parola da lui suggerita – porcata – se fosse una cosa seria, cosa che ovviamente non è. Serve solo a fomentare tensioni e divisioni, a uso e consumo di chi vuole portare lo stato italiano verso il presidenzialismo, cioè una deriva centralista per noi inaccettabile.

Lo scontro c’è e va affrontato a viso aperto, tra chi persegue un progetto centralista e chi invece crede nell’autogoverno dei territori.

In Autonomie e Ambiente stiamo costruendo una rete politica interterritoriale per una nuova generazione civica, ambientalista, territorialista. Siamo e restiamo estranei a ogni nordismo, sudismo, alpinismo, montanarismo. Il nostro progetto, per tutti i territori della Repubblica e d’Europa, è “contro nessuno ma in favore di se stessi”.

 

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La centralità dei territorialisti in Spagna

A parte il prof. Stefano Ceccanti e pochi altri osservatori più attenti, nel dibattito pubblico italiano pochi hanno compreso la centralità delle forze politiche territorialiste in Spagna. La competizione fra centralismo e territorialismo, grazie anche a leggi elettorali molto più delle nostre rispettose della volontà degli elettori nei diversi collegi locali, è da anni importante almeno quanto la tradizionale contrapposizione fra destre e sinistre.

La nuova presidente del Congresso dei deputati di Spagna, Francina Armengol (nella foto, fonte Wikipedia), è una socialista cresciuta politicamente nella regione autonoma delle Baleari. E' stata eletta grazie al voto delle forze territorialiste, sia quelle più progressiste che quelle più moderate, sia quelle più radicali nella proposizione di progetti di autogoverno, sia quelle più tradizionalmente autonomiste.

Con le destre del Partito Popolare e di Vox nessun partito territorialista vuole collaborare, nemmeno gli autonomisti più moderati di origine cristiano-sociale o liberale, con la motivazione squisitamente e strettamente politica che esse sono centraliste (in questo, purtroppo, in assoluta continuità con il franchismo).

Alcune delle forze territorialiste sono più note, perché sono attive in antiche nazioni oppresse dal centralismo spagnolo, i Paesi Baschi, la Catalogna, la Galizia, ma ce ne sono altre in molte altre regioni del Regno di Spagna.

Dagli uffici della nostra famiglia politica europea, l'Alleanza Libera Europea (ALE - European Free Alliance, EFA), apprendiamo che Pedro Sánchez, il leader socialista uscente, potrebbe quindi restare alla guida del Regno di Spagna, formando una coalizione di una quindicina di partiti, di sinistra, centrosinistra e territorialisti.

Il Blocco Nazionale Galiziano (BNG) ha un seggio. La Sinistra Repubblicana di Catalogna (ERC) ha sette seggi. Gli indipendentisti catalani di Junts (formazione prevalentemente centrista guidata dal presidente in esilio Puigdemont) ha anch'essa sette seggi. Euskal Herria Bildu (EH Bildu), coalizione basca progressista a cui fa riferimento la presidente europea di EFA, Lorena López de Lacalle, ha ottenuto sei seggi.

Altre forze territorialiste, che fanno parte o sono vicine a EFA, hanno ottenuto seggi partecipando alla coalizione Sumar: Més Compromís di Valencia, Més per Mallorca, Chunta Aragonesista.

L'esperienza della coalizione Sumar, troppo poco conosciuta in Italia, è stata particolarmente interessante e innovativa. L'alleanza è guidata da Yolanda Diaz, esponente della sinistra e vicepresidente del governo di Pedro Sánchez, ma non è una ristretta e asfittica alleanza di vertici rossoverdi. Essa ha saputo riassorbire e superare l'esperienza di populismo - tanto centralizzata quanto incompetente - di Podemos. Ad essa hanno contribuito tanti movimenti locali, quali Más Madrid, Chunta Aragonesista, Coalició Compromís, Més-Compromís, Iniciativa del Poble Valencià, Verds Equo del País Valencià, En Comú Podem, Catalunya en Comú, Iniciativa del Pueblo Andaluz, Izquierda Asturiana, Més per Mallorca, Més per Menorca, Partido Drago Canarias. A Sumar hanno dato appoggio esterno realtà civiche locali come Barcelona en Comú, Zaragoza en Común, Ganemos Jerez, Ara Eivissa, Compostela Aberta, Marea Atlántica, Valladolid Toma la Palabra, Leganemos, Sí Se Puede - Canarias.

2023 08 20 coalicionSumar

Le forze territorialiste sono state quindi decisive, nel rappresentare le loro comunità, nell'essere promotrici di riforme, nel reagire e nello sconfiggere il centralismo e in particolare l'estremismo di Vox.

La situazione spagnola, in conclusione, anche in vista delle elezioni europee del 2024, è uno stimolo per noi che ci stiamo attivando per un patto civico, ambientalista, territorialista, anticentralista e impegnato per le autonomie, l'ambiente, l'Europa, la pace. Insieme, ci riprenderemo il posto che ci spetta nella Repubblica delle Autonomie e nell'Europa dei popoli, dei territori, delle regioni.

 

Roma - Madrid, 20 agosto 2023 - a cura della segreteria interterritoriale

 

La società dei piccoli per le piccole società

Un invito di OraToscana, in collaborazione con la segreteria interterritoriale e la presidenza, a tutti i dirigenti delle forze sorelle, agli associati, agli associandi, ai partecipanti ai lavori del Forum 2043, ai membri dei gruppi di lavoro - quello per le elezioni europee e quello per la Sanità Pubblica e Prossima:

Vigilia di San Francesco, martedì 3 ottobre 2023, ore 21

OraToscana, in occasione del suo II anniversario (la rete civica fu fondata il 4 ottobre 2021), in collaborazione con il Patto Autonomie e Ambiente, organizza un amichevole momento di condivisione online sul tema

La società dei piccoliper le piccole società

Ascoltiamoci gli uni con gli altri, la sera di vigilia della festa di San Francesco d'Assisi, con libertà e spontaneità, dandoci la possibilità di far risuonare ciò che ci sta a cuore e ciò che stiamo organizzando per riprenderci il posto che ci spetta nel futuro di questo stato italiano e dell'Unione Europea, per la Repubblica delle Autonomie personali, sociali, territoriali, per l'Europa dei Popoli, per la pace e per l'integrità del creato, fedeli alla Carta di Chivasso.

Noi non siamosolodalla parte dei piccoli, noi siamo i piccoli:
bambini, anziani, malati, diversamente abili, persone e famiglie diverse, libere e responsabili; piccole imprese, piccoli commercianti, artigiani di bottega, coltivatori diretti; abitanti di piccoli comuni e paesini; membri di minoranze e piccoli popoli; orgogliosi cittadini di piccole patrie e matrie. Abbiamo formato una società di realtà politiche territoriali, non importa quanto piccole, per il buongoverno e per l’autogoverno delle nostre piccole società, per il bene comune qui e ora, ma soprattutto per lasciare i nostri paesi e la Madreterra abitabili per le generazioni future.

Il link all'adunanza online sarà distribuito attraverso il canale Telegram del Forum, i gruppi di lavoro, le stanze Whatsapp di collegamento.

Per maggiori informazioni:

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Le màtrie di un’altra Italia

  • Autore: Massimo Angelini (Edizioni Temposospeso) - dal Minceto di Ronco Scrivia, 1 gennaio 2024, Capodanno e Giornata internazionale della pace

Passata l’importante ricorrenza degli 80 anni della Carta di Chivasso, abbiamo deciso di aprire l’anno 2024 rilanciando la mappa delle màtrie, realizzata dalle edizioni Temposospeso, a cura dello studioso territorialista Massimo Angelini. E’ la carta di un’altra Italia, che rappresenta la ricchezza delle diversità e biodiversità delle nostre regioni storiche, comunità culturali, terre identitarie, piccole patrie anzi, appunto, màtrie. La carta è giunta alla sua seconda edizione, ma resta aperta al contributo di tutti, studiosi, attivisti, amministratori locali. Contributo che non può mancare da parte di coloro che condividono con il nostro Forum 2043 la sfida dell’incontro e della collaborazione tra civismo, ambientalismo, bioregionalismo, storici autonomismi, territorialismi contemporanei, impegnati per il bene delle generazioni future.

La carta delle màtrie di un’altra Italia

(tratto dalla premessa alla guida della seconda edizione, edizioni Temposospeso, Minceto di Ronco Scrivia, 2023)

C’è un’Italia che la geografia politica e amministrativa ignora, un’Italia di piccole patrie, anzi màtrie (come la lingua-madre e la terra-madre), sub-regioni, terre identitarie, bioregioni, case comuni, nicchie linguistiche, luoghi omogenei per ambiente o per storia o per cultura, talvolta grandi come piccole regioni, talvolta piccole come lo spazio che lo sguardo può abbracciare da un campanile; c’è un’Italia dove prossimità e vicinato forse vogliono dire qualcosa e il locale è un portato di cultura quando, però, non degrada nel localismo, in uno spazio meschino di paura e chiusura, in uno spazio di autocompiacimento attraverso la costruzione dell’altro, il foresto, l’estraneo, lo straniero; c’è un’Italia fatta di molte terre, più grandi dei singoli comuni, meno dei territori amministrativi, multicolore come l’abito di Arlecchino, dove, però, nessun rombo è uguale agli altri; un’Italia che molti conoscono ma che forse per la prima volta qui viene rappresentata. Un’Italia composta di terre, di màtrie definite nel tempo per ragioni di omogeneità ambientale, per questioni di storia politica laica o ecclesiastica (le diocesi), intorno alla diffusione di una lingua locale o di una sua declinazione, separate da fiumi o dislivelli, o da coste e crinali o da altri confini meno visibili, meno reali, eppure veri per l’incidenza che hanno avuto nella vita delle persone e nella costruzione degli immaginari locali.

Anche questa seconda edizione è inevitabilmente incompleta e approssimativa, con numerose informazioni da rivedere, imprecisioni da correggere; ma è anche un’occasione per iniziare una riflessione su quei territori che in qualche misura definiscono un’appartenenza locale per ambiente, immaginario, lingua, abitazione, desiderio (jus cordis, questo è ciò che dovrebbe bastare per essere o diventare nativi di un luogo: né jus sanguinis, né jus soli, solo jus cordis), e permettono ai membri di una collettività di dire ‘io vengo da…’, ‘io vivo in…’; è una edizione per la quale mi aspetto critiche costruttive, osservazioni, proposte di integrazione, inclusione, modifica. Insomma, lettrice o lettore, ti chiederei di non affliggermi per le imprecisioni che certamente troverai, ma di scrivermi i

tuoi suggerimenti (qui: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.), così, in prospettiva di una prossima edizione, gli errori li correggeremo insieme.

L’idea viene da lontano, dai primi anni 1980, quando, attraverso la rivista Etnie, avevo trovato una carta ‘Aproximació a l’Europa de les Nacions’, realizzata dal Centre Internacional Escarré per a les Minories Ètniques i les Nacions (CIEMEN) di Barcellona – che aveva intercettato la mia attenzione, richiamandomi su un altro modo di pensare l’Europa e, più in generale, di suddividere lo spazio geografico al di qua dei sistemi ufficiali di ordinamento. Questa idea, da adattare su altri criteri all’Italia, l’ho accarezzata più volte fino a decidere – durante la clausura del 2020 – di darle una forma definita, placando nello stesso tempo una spiccata propensione alla pignoleria. Sì, perché ne serve tanta, di pignoleria, per collocare e scontornare i 7.982 comuni che compongono l’Italia e disegnare oltre 500 partizioni territoriali (per la precisione, 581).

La definizione territoriale è stata fatta in minima parte sulla base delle mie conoscenze, un po’ sulle indicazioni ricevute da corrispondenti degni di fiducia, soprattutto sui dati rilevati attraverso l’Enciclopedia Treccani, Wikipedia e altri siti; ed è stata ottenuta usando come unità di aggregazione i confini dei singoli comuni, sia quelli interamente coinvolti nella definizione di una terra, sia quelli per i quali è interessata solo una parte, la prevalente, del territorio municipale. Per alcune aree d’Italia ho proposto una suddivisione più dettagliata, per altre meno: questo dipende solo dalla quantità di dati raccolti e conferma il carattere sempre perfettibile di questo lavoro . C’è ancora da osservare che la maggior parte delle suddivisioni territoriali messe in evidenza rientra nella categoria delle terre identitarie, delle màtrie o come altrimenti piaccia chiamarle, ma alcune sono solo circoscrizioni amministrative (come lo sono, per esempio, certe ‘unioni di comuni’) o nascono da una politica promozionale e turistica (così le varie coste e riviere, ancora per suggerire un esempio) oppure sono espressione di una matrice socio-urbanistica che esula dai riflessi identitari (penso alle conurbazioni, alle cinture e ai retroterra urbani), e queste ultime categorie – amministrative, promozionali, urbanistiche – le ho aggiunte solo dove non ho trovato traccia di terre identitarie per il piacere di campire l’intera Repubblica senza lasciare spazi vuoti.

Massimo Angelini
scritto nel Minceto di Ronco Scrivia
pubblicato sul Forum 2043 a Capodanno
Giornata internazionale della Pace, 1 gennaio 2024

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Per conoscere Massimo Angelini

E’ nato a Genova e vive con Esther Weber nel Minceto di Ronco Scrivia, sui monti del capoluogo ligure. Ha scritto e pubblicato su storia delle mentalità, formazione delle comunità locali, tradizione rurale, cultura della biodiversità, antropologia filosofica. Ha fondato e coordinato l’associazione Consorziodella Quarantina per la terra e la cultura rurale e la Rete Semi Rurali. Cura ogni anno gli almanacchi rurali Il Bugiardino e Il Miraluna: il primo destinato alle terre liguri, il secondo al resto d’Italia. Ha diretto la casa editrice Pentàgora dal 2012 al 2022. Nel 2023 con Esther ha fatto nascere la casa editrice Temposospeso.

Oggi è conservatore dell’Istituto Mazziniano di Genova.

Si definisce di “pochi rimorsi e pochi rimpianti”, curioso di quello che riserva il tempo che resta.

Fra le persone a cui deve molto, ricorda Pavel A. Florenskij, Ivan Illich, Christos Yannaras, James Hillman, Marko Rupnik, Jean-Claude Michéa.

Per conoscere la sua avventura intellettuale come moderno territorialista e non solo: http://www.massimoangelini.it/.

 

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Un augurio d’inizio anno dal Forum 2043

Il 2024 sarà un anno cruciale per studiosi, attivisti, amministratori locali che seguono il nostro Forum 2043, per il nostro impegno di unire le diversità per promuovere una società fondata sulle autonomie personali, sociali, territoriali, quindi veramente umana. Ci sono le europee, che vivremo insieme alla nostra famiglia politica EFA e al patto Autonomie e Ambiente. Ci saranno elezioni in diverse regioni. Siamo attesi, prova ancora più impegnativa, all’impegno per il rinnovo di migliaia di amministrazioni comunali, nelle quali c’è sempre più bisogno del nostro patrimonio di civismo, ambientalismo, storico autonomismo, moderno territorialismo. Ci impegneremo perché il Forum 2043 sia fonte di ispirazione e formazione per tutti coloro che ci vorranno provare sul serio, a lanciare un messaggio chiaro, di speranza e di pace, alle generazioni future: o l’autogoverno al più basso livello possibile, oppure la rassegnazione a essere sudditi in una società percorsa da centralismi (tecnologici, economici, militari, politici) sempre più autoritari. In poche parole: o decentralismo, o servitù.

Il gruppo di studio che coordina il Forum 2043
Prato, 1 gennaio 2024, Capodanno – Santa Maria Madre di Dio

 

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Lettura pubblica integrale delle PAROLE VIVE della Carta di Chivasso - Seminario online

  • Autore: Gruppo di studio interterritoriale Forum 2043 - 11 marzo 2023
Ciò che i rappresentanti di queste valli hanno affermato,
vale per tutte le regioni italiane,
per i piccoli popoli che formano quel tutto
che è il popolo italiano
(Émile Chanoux, Federalismo e autonomie,
in P. MOMIGLIANO LEVI (a cura di), Écrits, Institut Historique de la Résistance en Vallée d'Aoste,
Aosta, 1994, p. 399, p. 422)

I contenuti del nostro seminario online dedicato alle parole vive della Carta di Chivasso, tenutosi ieri sabato 11 marzo 2023, sono pubblici e disponibili attraverso il prezioso archivio politico di Radio Radicale:

https://www.radioradicale.it/scheda/693128/parole-vive-per-le-autonomie-e-lambiente

Per un approfondimento delle conclusioni politico-culturali e una sinossi completa degli interventi:

https://www.autonomieeambiente.eu/news/117-parole-vive-per-le-autonomie-e-l-ambiente

Attraverso il nostro canale YouTube diffondiamo l'estratto della lettura pubblica integrale della Carta di Chivasso:

https://www.youtube.com/watch?v=wSLSjx0PJ0c

 

La Carta di Chivasso, dopo ottant'anni dal 19 dicembre 1943, ci definisce, ci unisce, ci aiuta a tramandare i nostri valori, ci sostiene nel nostro impegno per la Repubblica delle Autonomie personali, sociali, ambientali.

Aiutateci a diffonderla e a farla conoscere, attraverso le reti sociali:

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Memoria e liberazione

 

La Giornata della memoria del 27 gennaio 2023 viene ricordata dalle forze civiche, ambientaliste, autonomiste, come momento di consapevolezza che furono i grandi stati centralisti e autoritari ad organizzare persecuzioni, deportazioni e sterminio. Senza una enorme stato burocratizzato, industrializzato, militarizzato, interamente mobilitato, capace di invadere e occupare per anni l'intera Europa, non ci sarebbe stato l'abisso della "soluzione finale", non sarebbe stata possibile la Shoah. Non dobbiamo deflettere dal nostro sostegno a tutti i popoli del mondo in cammino verso la liberazione, in lotta contro.l'oppressione che è sempre possibile nei grandi stati centralisti. Vale per tutti i territori, non solo per chi resiste, si ribella e muore in Russia, Ucraina, Cina, Iran, Etiopia, Nigeria, America Latina. Vale anche per le nostre lotte decentraliste in Italia, in Europa e nei paesi dell'Occidente.

Massimo Moretuzzo, candidato civico, ambientalista, autonomista, alla presidenza della regione Friuli Venezia Giulia, ha ricordato il nostro impegno per una memoria che sia risveglio e liberazione, partecipando alla cerimonia di commemorazione per le vittime della Shoah alla Risiera di San Sabba,a Trieste.

In Toscana, gli esponenti civici, ambientalisti, autonomisti, raccogliendo un suggerimento della lista Un Cuore per Vecchiano e della rete OraToscana, celebrano la Giornata della memoria ricordando che siamo entrati nell'85° anno da quando furono firmate le infami leggi razziali del 1938, dall'infame Savoia, nella reggia di San Rossore (qui un post storico).

In Piemonte il mondo civico, ambientalista, autonomista, di difesa delle culture e delle lingue alpine, coordinato dai Liberi Elettori Piemonte, si avvia a promuovere, insieme con il Forum 2043, un anno di studi e celebrazioni dell'80° anniversario della Carta di Chivasso, che contiene parole vive, oggi più attuali che mai, contro il centralismo autoritario e per la promozione dell'autogoverno di tutti dappertutto.

Alla riflessione contro il centralismo autoritario, che fa strage di diritti e quindi di popoli, hanno contribuito i recenti incontri di Forlì del Movimento per l'Autonomia della Romagna (XXIV assemblea del 21 gennaio 2023, con la commemorazione di Stefano Servadei), e l'assemblea di Siciliani Liberi a Pergusa (22 gennaio 2023, nel settimo anniversario della loro costituzione).

 

 

Nuova Costituente in difesa dei territori

E' in corso a Milano il congresso di Nuova Costituente, una realtà politico-culturale in cui si sono raccolti intellettuali e attivisti, prevalentemente di matrice liberale classica ma non solo, che negli anni sono sempre stati apertamente autonomisti o comunque vicini agli autonomisti e ai movimenti territoriali decentralisti.

Ricorderete l'intervento di Carlo Lottieri, uno dei promotori, alla nostra II Assemblea generale di Autonomie e Ambiente, nel marzo del 2021.

Siamo sempre stati fianco a fianco nella dedizione alla causa dell'autogoverno della Catalogna.

Hanno affrontato, studiato e maturato una critica al globalismo, con le sue insopportabili concentrazioni di ricchezza e di potere, che tolgono ogni significato alle autonomie personali, sociali e territoriali. Del liberalismo dei mercati locali aperti e competitivi, che lascia spazio agli attori più creativi ma anche più responsabili nei confronti dei loro territori e delle generazioni future, resta ben poco nella società globalizzata del XXI secolo. E' difficile continuare a credere nel "liberalismo" globalizzato, dopo aver assistito alla gestione della pandemia come una emergenza da affrontare con metodi centralisti e autoritari, alla fine "risolta" attraverso l'imposizione di pochi prodotti farmaceutici, comprati da pochi grandi monopolisti globali (le cosiddette "big pharma"), imposti ope legis a miliardi di esseri umani.

Al congresso di Nuova Costituente, non avendo potuto partecipare, per una serie di impegni pregressi nei diversi territori, nessun rappresentante della presidenza di Autonomie e Ambiente, Roberto Visentin ha mandato un messaggio scritto che riportiamo di seguito integralmente:

 

Al Primo Congresso di Nuova Costituente
Milano, 18 Giugno 2022

Cari amici di Nuova Costituente, riuniti nel vostro primo congresso, vi salutiamo e vi auguriamo buon lavoro. Siete una delle poche realtà politico-culturali veramente decentraliste. Siete schierati nitidamente dalla parte dell’autogoverno libero e responsabile di ciascun territorio. Anche fosse solo per questo, fra di noi devono moltiplicarsi le occasioni di incontro e di collaborazione.

Avremmo voluto restituirvi la visita che ci avete fatto alla nostra II Assemblea generale dello scorso marzo 2021, con l’intervento di Carlo Lottieri. Una serie di impegni presi precedentemente al vostro invito ha ridotto le nostre disponibilità, impegni a cui si sono aggiunti alcuni importanti ballottaggi in cui siamo impegnati in diverse città.

Senza nascondere ma anzi valorizzando le nostre diversità, siamo sicuri che lavoreremo insieme sui problemi di questo secolo: la deriva centralista e autoritaria dello stato italiano e degli altri; la degenerazione tecnocratica delle istituzioni dell’Unione Europea; gli abusi delle concentrazioni di potere finanziario globale. E dobbiamo trovare il modo di farlo senza farci etichettare dai media come forze estreme, come antieuropeisti, come sovranisti che vogliono “ancora più Italia”. Proprio noi, che sin dall’inizio della storia di questa Repubblica siamo i propugnatori dei principi confederalisti della Carta di Chivasso!

Fra i temi su cui potremmo lavorare insieme, ne segnaliamo con candore uno che a noi pare estremamente concreto: cerchiamo alleati in tutta la Repubblica per opporci al presidenzialismo, in ogni forma e declinazione. Di più, vorremmo lavorare a ogni livello per diminuire i già troppo ampi poteri degli esecutivi, rafforzando gli organi collegiali, le assemblee rappresentative, la democrazia locale, la partecipazione dei cittadini al più basso livello possibile. Fateci sapere, attraverso i vostri documenti congressuali, cosa ne pensate!

A presto, quindi, e ancora buon lavoro.

Firenze - Udine, 16 aprile 2022

Roberto Visentin

(presidenza di Autonomie e ambiente)

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Pisa, l'aeroporto che la Toscana ha già

OraToscana, la rete di civismo, ambientalismo, autonomismo, che fa parte della nostra sorellanza Autonomie e Ambiente, ha diffuso una nota sul futuro prossimo degli aeroporti toscani.

La rilanciamo perché alcune delle considerazioni di OraToscana sono valide per tutti i territori. Confermano il nostro comune impegno, come sorellanza di territorialisti, contro le grandi opere inutili, per la salvaguardia dei beni comuni, perché si accetti serenamente, con moderazione, pragmatismo ed equità, la sfida della fuoriuscita dal fossile e dal fissile.

Scrive OraToscana che non possiamo conoscere, oggi, come la transizione ecologia investirà il trasporto aereo: nuovi aeromezzi più piccoli (più lenti ma anche più silenziosi, magari), nuovi biocarburanti, introduzione di soluzioni elettriche o a idrogeno? Non lo sappiamo ma certamente nulla sarà più come prima.

Nel frattempo la Toscana ha un bene comune prezioso: l'aeroporto intercontinentale "Galileo Galilei" di Pisa, capace di funzionare tutto l'anno grazie alla mitezza del tempo, con diverse rotte di avvicinamento dal mare che ne riducono l'impatto per gli abitanti delle vicinanze, circondato da ampi spazi verdi. Pisa ha anche un altro incredibile valore aggiunto: è interamente circondata da un anello ferroviario, che con investimenti contenuti lo renderebbe raggiungibile da ogni parte della Toscana in modo sostenibile.

Spiace, quindi, prendere atto che da decenni va avanti una incomprensibile "novella dello stento" sulla costruzione di un nuovo aeroporto a Peretola, alle porte di Firenze. Come si vede dall'immagine (risalente al 2019) pubblicata a corredo di questo intervento, il "master plan" della nuova pista comporterebbe un investimento enorme e stravolgerebbe la vita della grande piana di Firenze-Prato-Pistoia, la quale è già, peraltro, la più cementificata e inquinata della Toscana. Già oggi la vita di almeno 800.000 residenti della Piana toscana è difficile, insieme con quella di altre centinaia di migliaia di Toscani che vi si recano ogni giorno per lavoro. Se venissero aperti i cantieri di questa opera faraonica, si rovinerebbe definitivamente l'abitabilità di questo territorio per generazioni.

Insistere per un nuovo aeroporto a Firenze è assurdo. Assorbirebbe enormi risorse pubbliche. Comporterebbe il declino di Pisa e l'abbondono di altri piccoli aeroporti che pure in Toscana sono utili, per raggiungere, con un traffico di servizio e non solo turistico, territori come l'Elba.

Gli attuali amministratori della Toscana, come il presidente Eugenio Giani e il sindaco metropolitano di Firenze, Dario Nardella, ma anche esponenti importanti ai vertici della politica italiana, come Matteo Renzi e Matteo Salvini, che continuano a propagandare l'idea di un nuovo aeroporto a Firenze, stanno dimostrando grande limitatezza di vedute.

Il "campanilismo", a ben guardare, non c'entra nulla. Nessun fiorentino, a proprie spese, si avventurerebbe nell'apertura di un cantiere così disastroso. E' solo un centralismo prepotente, ignorante e conformista (e in definitiva autoritario), che può concentrare e sperperare, a spese delle generazioni future, risorse per costruire opere faraoniche inutili, come abbiamo già scritto rispetto a cose ancora più disastrose come il famigerato ponte di Messina

L'intervento rilancia anche, integralmente, il testo di una mozione della lista civica, ambientalista, autonomista "Un Cuore per Vecchiano", presentata dal consigliere comunale dott. Vincenzo Carnì, per ribadire la storica centralità dell'aeroporto intercontinentale di Pisa per la Toscana.

Per approfondire: https://diversotoscana.blogspot.com/2023/02/pisa-e-lunico-aeroporto-strategico.html

 

 

Presentazione della sorellanza AeA

(ultimo aggiornamento 11 giugno 2023)

Autonomie e Ambiente (AeA) è una sorellanza di forze e gruppi politici territoriali, una rete di civismo, ambientalismo, storico autonomismo e moderno decentralismo.

E' stata registrata l’11 novembre 2019, dopo una lunga serie di contatti e incontri preliminari tra diverse forze italiane aderenti alla Alleanza Libera Europea, ALE (European Free Alliance, EFA) e altre forze locali attive in diversi territori dello stato italiano.

La sorellanza ha tenuto la sua prima assemblea generale e si è presentata all'opinione pubblica a Udine il 21 febbraio 2020.

La rete unisce forze politiche locali e territoriali, ciascuna delle quali ha la propria storia di impegno per l'autogoverno e contro il centralismo: localista, territorialista, autonomista, federalista, confederalista, anticolonialista, indipendentista. Ciascuna delle forze sorelle è e resta una organizzazione autonoma, attiva secondo quanto stabilito dall'art. 49 della Costituzione. AeA associa realtà, gruppi e singoli attivisti che ne condividono le finalità. Autonomie e Ambiente è in rete anche con movimenti, gruppi, centri politico-culturali autonomisti che non partecipano alle elezioni nei loro territori.

AeA ha stabilito uno strettissimo rapporto politico con ALE-EFA, assumendo un ruolo di sostegno alle forze locali della Repubblica Italiana nel loro cammino di collaborazione e, in prospettiva, di adesione diretta alla famiglia politica europea dell'autogoverno di tutti dappertutto, del civismo, dell'ambientalismo, degli autonomismi, del confederalismo, delle aspirazioni delle comunità senza stato.

Le forze di AeA si sono unite in questa sorellanza per condurre la Repubblica Italiana verso un radicale decentralismo, cominciando dalla piena attuazione della Costituzione e degli Statuti regionali (speciali e ordinari) vigenti, che disegnerebbero una ideale Repubblica delle Autonomie ma che da decenni vengono costantemente disapplicati o addirittura traditi.

La piaga del coronavirus e l'intensificarsi della terribile guerra in Ucraina hanno reso drammaticamente evidente la necessità del nostro impegno per l'autogoverno dei territori, anche a coloro che non hanno una formazione e una cultura autonomista o anticolonialista. Sta crescendo la consapevolezza globale che quanto è necessario per garantire alle generazioni future la pace e l'ambiente, la libertà e la giustizia, il cibo e l'acqua, la salute e la cultura, potrà essere realizzato solo attraverso forti, competenti e determinate autorità locali, capaci di cambiare le cose territorio per territorio.

Per decenni e in particolare dopo la riforma costituzionale del 2001, che con tutti i suoi difetti può essere considerata comunque l'ultima riforma autonomista italiana, le promesse di decentramento e sussidiarietà sono state tradite da tutti: sinistre, destre, tecnici, politici, persino da vecchi e nuovi movimenti (il leghismo e i Cinque Stelle, per esempio) che pure erano cresciuti proprio proclamando di voler restituire più potere alle comunità locali e ai cittadini. Cosa è andato storto? E’ successo che tutti i partiti “nazionali”, cioè centralisti e verticisti, guidati da leader soli al comando o comunque da cerchie ristrette (non di rado avide del potere e delle ricchezze concentrate nelle istituzioni centraliste), hanno mostrato di essere carenti di cultura autonomista.

L'autonomismo vive anche di orizzontalità organizzativa. Da forze politiche organizzate in modo verticale, centralista e autoritario, non potranno mai essere realizzate riforme decentraliste, evidentemente.

E' compito di Autonomie e Ambiente creare una famiglia politica di forze politiche territoriali che credano nelle autonomie personali, sociali, territoriali, a cominciare dalla propria autonomia, come organizzazioni territoriali. L'antico problema gandhiano della coerenza tra strumenti e fini va risolto una volta per tutte. Non accetteremo mai più "un partito" di autonomisti o con programmi autonomisti. Vogliamo tanti partiti autonomisti, almeno uno per ciascun territorio. Se si crede davvero nella Repubblica delle Autonomie, in una nuova Europa delle regioni, dei territori e dei popoli, nel confederalismo e nel decentralismo internazionali, occorre confederalismo anche nell'organizzazione politica.

La rete confederale di Autonomie e Ambiente è e resterà governata collegialmente, con meccanismi di selezione di dirigenti competenti per l'oggi e di formazione di una nuova generazione di leader territoriali per il domani.

AeA è stata concepita attraverso un lungo dialogo preparatorio tra forze antiche e nuove, facendo tesoro delle preziose esperienze di collaborazione politica tra forze territoriali che ci sono state in passato, come le liste Federalismo, e altri sforzi congiunti portati avanti dalle forze autonomiste storiche nelle aule parlamentari e nella società.

La sorellanza si riconosce debitrice delle visioni di autogoverno diffuso presenti nelle lotte antipartitocratiche, antiautoritarie, anticentraliste che sono fiorite in tutto il mondo dopo il 1989, ma che erano emerse anche prima: nella istituzione delle regioni a cui si giunse nel 1970; nei movimenti autonomisti degli anni della Ricostruzione; nella presenza degli autonomisti e dei federalisti nella Costituente eletta nel 1946; nell’indipendentismo siciliano e sardo; nell’anticolonialismo; nel neutralismo (socialisti, popolari, liberali, conservatori contrari all’ingresso del Regno d’Italia nella “Inutile Strage” 1915-1918).

Tra le pietre miliari della nostra storia c'è la Dichiarazione di Chivasso, firmata il 19 dicembre 1943 a Chivasso, durante un convegno antifascista clandestino, a cui contribuirono, tra gli altri, figure come Émile Chanoux e Federico Chabod. Nella Carta di Chivasso fu sancita la rivolta contro “i venti anni di malgoverno livellatore ed accentratore sintetizzati dal motto brutale e fanfarone di «Roma Doma»”, ma più in generale contro il centralismo, il colonialismo, il militarismo, che avevano caratterizzato lo stato unitario italiano, scatenando “OPPRESSIONE POLITICA, attraverso l'opera dei suoi agenti politici ed amministrativi (militi, commissari, prefetti, federali, insegnanti), piccoli despoti incuranti ed ignoranti di ogni tradizione locale, di cui furono solerti distruttori; ROVINA ECONOMICA...; DISTRUZIONE DELLA CULTURA LOCALE...”. La Carta di Chivasso propose “un regime repubblicano democratico a base regionale e cantonale”, con un evidente riferimento alla Confederazione Svizzera, come unica garanzia contro il ritorno della dittatura, considerata come una conseguenza diretta del centralismo autoritario italiano.

Il nostro decentralismo contemporaneo, quindi, ha radici profonde, ricche, diverse, territorio per territorio. Le forze sorelle di Autonomie e Ambiente sono fedeli a queste radici e guardano con fiducia al futuro, perché, come amano dire gli attivisti dell’autogoverno della Catalogna, siamo “siamo qui per cambiare secolo, non solo per cambiare stato".

La lista aggiornata delle formazioni politiche sorelle e di tutte le realtà e persone a noi associate è mantenuta sul nostro sito (voce "rete").

Autonomie e Ambiente, attraverso il Forum 2043 e altre forme di collaborazione con altre reti civiche, ambientaliste, ambientaliste, sta allargando il proprio raggio d'azione, in vista della partecipazione, in stretta cooperazione con EFA, alle elezioni europee 2024.

Per approfondire:

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Solidarietà a Monza e alla Brianza

Esprimiamo solidarietà al territorio di Monza e Brianza, che è stato colpito da un maltempo eccezionale. Ormai anche nella zona temperata in cui sono posti i territori della penisola italiana si assiste al moltiplicarsi di eventi estremi. Non è solo l'aumento delle temperature medie che preoccupa, aumento a cui secondo gran parte della comunità scientifica contribuisce l'enorme inquinamento prodotto dagli esseri umani. Preoccupa ancora di più che nell'atmosfera si accumuli un'energia capace di scatenare eventi a cui, alle nostre latitudini, non siamo preparati.

Monza e la Brianza hanno conosciuto, fra molti altri danni, lo sterminio di alberi adulti, spesso anche sani. La caduta degli alberi nei parchi pubblici e nei giardini privati è emblematica della necessità di cambiare, al più presto, il nostro atteggiamento nei confronti dei nostri territori. Nella storia non siamo mai stati così tanti, non abbiamo mai cementificato così tanto. Senza gli alberi, città e paesi, zone industriali e commerciali, diventano invivibili. Senza il verde, la vita è insopportabile, soprattutto per gli anziani, che sono ormai la maggioranza della nostra popolazione, oltre che per i bambini, per tutte le persone più fragili, per gli animali domestici.

Deve cambiare profondamente l'amministrazione del territorio, paese per paese, comune per comune, sia nelle zone urbane che nelle zone ancora rurali. Segnaliamo, fra le tante, la riflessione di un agronomo che ha lavorato per il verde a Monza, intervistato il 27 luglio 2023 da Il Cittadino di Monza e Brianza, Ambrogio Cantù, che propone spunti interessanti e, soprattutto, lancia un allarme sulla mancanza di custodi competenti del verde pubblico e privato, che invece dovrebbero essere presenti in tutte le comunità e territori.

La foto del post è tratta da un video del "Contadino Nick", un coraggioso e brillante giovane di Desio, agricoltore per passione, che purtroppo ha sofferto anche nel suo campo la caduta di alberi che erano forti e sani.

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A cura della segreteria interterritoriale di Autonomie e Ambiente - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - Desio, 28 luglio 2023

 

Un sentito omaggio del Forum 2043 al socialista calabrese "Ciccio" Francesco Catanzariti

Il gruppo di studio che porta avanti il Forum 2043 è onorato di ospitare, a pochi giorni dalla sua scomparsa, un ricordo di Francesco Catanzariti ("Ciccio" per i suoi amici e compagni), figlio delle Calabrie, impegnato per l'Europa delle regioni e per l'emancipazione di tutti i popoli del mondo. E' stato un socialista meridionalista e autonomista di grande coraggio e lungimiranza.

Ci ha scritto il figlio, l'avvocato Gianpaolo Catanzariti (impegnato come avvocato e come intellettuale nelle lotte per i diritti civili e la giustizia giusta, nel Partito Radicale): "Mio padre, in passato, si è speso molto, pur nella sua radice profonda dell'umanesimo socialista, per le autonomie e per la lotta ad ogni forma di colonialismo, interno e non. Ricordo le esperienze con il Movimento Meridionale Calabria e le sinergie con diversi movimenti autonomisti (dalla Val d'Aosta agli occitani, dai sardi agli sloveni, ad esempio), che sin da allora, con grande lungimiranza, miravano ad arginare il fenomeno degli egoismi e dei particolarismi e che, attraverso il rispetto dei territori, avrebbe consentito una vera unità politica, sociale ed economica per il nostro Paese e soprattutto per l'Europa.".

Il Forum 2043 ha pubblicato, grazie all'impressionante archivio di Radio Radicale,  una trascrizione accurata e commentata di un intervento che Francesco Catanzariti fece nel 1986 al XXXII congresso del Partito Radicale, a nome del Movimento Meridionale Calabria. Un discorso breve in cui però c'erano già tutti gli strumenti necessari per un moderno territorialismo italiano ed europeo, sempre connesso con l'anticolonialismo e l'aspirazione alla pace e alla giustizia internazionale, in profonda consonanza con i valori della Carta di Chivasso e della Charta di Melfi.

Collegamento all'intervento sul Forum 2043

Reggio Calabra, 16 agosto 2024, San Rocco - a cura del gruppo di studio Forum 2043