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Romagna, Italia, Europa

Giovanni Poggiali - Ravenna, 2 giugno 2024, Festa della Repubblica

La festa della Repubblica è per noi una felice occasione per ribadire il nostro impegno per le autonomie personali, sociali, territoriali. Nulla di meglio che una aspirazione concreta di autogoverno, moderno, responsabile, competente, solidaristico, come quello della Romagna in Italia e in Europa, rappresenta compiutamente il nostro impegno. Per questo ospitiamo l’intervento di Giovanni Poggiali, viticoltore ravegnano e romagnolo, candidato autonomista indipendente nella lista di Azione – Siamo Europei dell’Italia nordorientale alle ormai imminenti elezioni europee dei giorni 8-9 giugno 2024.

 

Nei giorni scorsi, passando per il Polesine per rendere omaggio al grande socialista riformista autonomista Giacomo Matteotti, ho ripensato a mio nonno Giordano Mazzavillani che, insieme ad amici come Benigno Zaccagnini, andò con le sue marionette e la sua poesia in quella terra sorella, a portare un po’ di solidarietà e di allegria alle vittime delle alluvioni.

Romagna non è solo una parola antica, una storia di 1500 anni, non è solo una cultura e una identità, che sono più forti e più vive che mai (come avviene peraltro, grazie al cielo, per moltissime “periferie” del mondo globalizzato): Romagna è emanciparsi dalla miseria e rialzarsi dalle disgrazie, insieme, attraverso una solidarietà che unisce dall’Appennino all’Adriatico e che ci unisce a tutti gli altri territori, a partire da quelli prossimi.

Romagna è lavorare duro ma sempre con il sorriso sulle labbra, cantando “Romagna Mia” (l’inno di Secondo Casadei che quest’anno compie 70 anni e che ormai è conosciuto in tutto il mondo).

Romagna è inclusione e protezione per chi ci viene a vivere e a lavorare, oltre che capacità di accogliere quelle che sono state e sono ancora oggi le grandi ondate del turismo di massa, senza perdere identità, originalità, qualità, cortesia, generosità.

Nella mia famiglia confluiscono grandi tradizioni repubblicane, socialiste e anarchiche della Romagna, in tutte le loro varianti, tutte incredibilmente capaci di coesione nel comune amore per la nostra terra e la nostra libertà.

Mio nonno Giordano Mazzavillani - dentista, poeta in lingua romagnola, sportivo e burattinaio – era di famiglia repubblicana e laica, ma aveva scoperto Cristo durante la malaria che lo aveva colpito durante una delle guerre d’Africa, dove serviva come medico militare.

Grazie a lui e ai suoi amici abbiamo potuto vedere da vicino l’operosità dei cattolici democratici impegnati in politica. Fu grazie a figure come Benigno Zaccagnini e Luciano Cavacoli (storico presidente della Camera di commercio di Ravenna dal 1951 al 1974) che fu favorito lo sviluppo della moderna Ravenna e del suo porto, in cui mio nonno Domenico Poggiali diventò, grazie ad alcune geniali intuizioni, il primo terminalista privato italiano.

Mio nonno Domenico, precisiamolo, era un monarchico liberale – una mosca bianca in Romagna – ma rispettoso e rispettato da tutti, amici, colleghi, concorrenti, concittadini. Non per nulla il suo punto di riferimento era Luigi Einaudi, il monarchico diventato presidente della Repubblica, liberale amico delle autonomie (autore di un pamphlet troppo spesso dimenticato: Via il Prefetto (Gazzetta ticinese, 17 luglio 1944).

La mia famiglia ha avuto anche la fortuna di vedere la zia Maria Cristina unirsi in matrimonio con il maestro Riccardo Muti. Così anche la grande musica colta e universale è entrata nella nostra casa, insieme alla poesia e alla politica. Tutto in modo leggero, sempre con umiltà e allegria, con cui sempre amano presentarsi le virtù e le competenze più profonde.

La Romagna, quando fu annessa al Regno unitario e centralista dei Savoia, essendo stata terreno fertile per il pensiero dei “perdenti”, pur essendo stata terra di sinceri sostenitori dell’unità italiana, fu politicamente emarginata.

A distanza di oltre un secolo e mezzo, alla luce dei disastri compiuti dal nostro e dagli altri “grandi stati”, siamo finalmente consapevoli che proprio a quei perdenti e quindi anche a noi Romagnoli si riferisce la Carta di Chivasso, quando evoca le migliori tradizioni del Risorgimento, quelle dei federalisti Carlo Cattaneo, Giuseppe Ferrari, Carlo Pisacane, oltre che del romagnolo Aurelio Saffi (ispirato da Giuseppe Mazzini ma anche da Antonio Rosmini).

Reagire all’emarginazione politica del nostro territorio in Italia e in Europa, ha richiesto un lungo cammino, tutt’altro che terminato!

Fra i pionieri dobbiamo ricordare il popolare Giovanni Braschi (1891-1959), fondatore della “Rivista agricola romagnola”. Portò avanti la richiesta di una regione per la Romagna, facendola votare da alcuni comuni addirittura durante il Ventennio. Naturalmente il regime fascista (che pure non mancò di strumentalizzare le identità locali riducendole a “folklore”), non si lasciò distogliere dal suo progetto di rendere sempre più autoritario e infine totalitario il centralismo che era già insito nello stato sabaudo.

Per inciso, le origini romagnole di Benito Mussolini e di molti altri gerarchi fascisti della prima ora, che lo avevano seguito nel suo culto del potere, della violenza e infine della guerra, contribuirono all’emarginazione della Romagna anche nella nuova Repubblica.

Dopo la catastrofe della Seconda guerra mondiale, l’occupazione nazifascista, giunta finalmente la Liberazione, la Costituente eletta nel 1946 si accinse a disegnare una moderna Repubblica delle Autonomie, formata da regioni.

Nella Costituente si fece portavoce della regione Romagna il repubblicano Aldo Spallicci (1886-1973), non per nulla ricordato come il “Babbo della Romagna”.

Spallicci era assolutamente convinto della necessità delle autonomie amministrative. «Siamo tutti italiani e la Repubblica è una ed indivisibile. La storia, la cultura, la stessa geografia ci ha, però, fatti diversi. È una opportunità da mettere a profitto nell'interesse generale del Paese responsabilizzando, nell'esercizio autogestionario, le varie popolazioni» disse alla Costituente, opponendosi alla prosecuzione di quello stato accentrato, napoleonico e infine autoritario che era stato voluto dai Savoia.

La Costituente, purtroppo, bocciò la proposta di istituire regioni più piccole e più omogenee, come sarebbero state la Romagna, ma anche il Salento e altre, magari avviando nel contempo l’eliminazione – secondo un’antica aspirazione autonomista trasversale a diverse famiglie politiche – le province e le prefetture d’impronta centralista napoleonica.

Nel 1970 partono finalmente le regioni ordinarie, fra cui l’ Emilia-Romagna. Non passano molti anni e in molti territori si comprende che alcuni di questi nuovi enti sono troppo grandi e, a loro volta, attori di un improprio centralismo regionale.

Un socialista romagnolo, Stefano Servadei (1923 – 2016), intuisce che dopo il crollo del muro di Berlino e nel momento in cui le grandi piramidi politiche della partitocrazia italiana entrano in crisi, è possibile riprendere il tema della regione Romagna.

Nel 1990 fonda il Movimento per l'Autonomia della Romagna (MAR). A lui e agli altri fondatori si unisce presto il democratico-cristiano Lorenzo Cappelli (1922 – 2015). Oltre che di promuovere l’identità, la cultura e la storia della Romagna, il proposito del MAR è arrivare, alla fine di un ampio e partecipato dibattito pubblico, a sottoporre la proposta dell’istituzione di una nuova regione Romagna ai cittadini, attraverso il referendum previsto dall'art. 132 della Costituzione.

Ho incontrato il socialista e romagnolista Servadei solo una decina d’anni dopo. Sono stato ispirato dalla sua cultura e dal suo impegno, che mi hanno permesso di scoprire le migliori tradizioni socialiste della Romagna. La presenza dell’espressione “l’etica del galantuomo romagnolo”, voluta fortemente dal fondatore, nello statuto del MAR, dice praticamente tutto e permette di comprendere bene ciò che unisce il socialista Servadei, il repubblicano Spallicci, il popolarismo di Braschi, Zaccagnini e Cappelli: l’amore condiviso, inclusivo, unificante per la propria gente, la propria terra, la libertà, la dignità, la responsabilità, le autonomie di tutti, dappertutto.

L’identità romagnola, come dicevo, è forte. Mi sono quindi impegnato con gioia e con energia perché essa potesse trovare delle forme moderne in cui esprimersi, con concretezza, superando le ingiuste e anguste divisioni delle attuali – ma assolutamente obsolete - province (e l’inevitabile, magari talvolta anche inconsapevole), centralismo con cui Bologna (la Dotta, la Grassa, la Rossa) amministra l’intera composita regione Emilia-Romagna.

Mi sono adoperato perché nascesse Confindustria Romagna, come esponente di una famiglia industriale. Come appassionato di sport - in particolare del rugby - ho sostenuto l’associazionismo sportivo romagnolo. Come viticoltore, avendo contribuito in prima persona nella mia azienda toscana al successo del vino di qualità, sto contribuendo alla riscoperta delle DOC della Romagna.

Non bastano, tuttavia, le iniziative economiche, sociali, culturali, in cui tante persone della Romagna si sono impegnate.

Non bastano la dignità, la generosità, il coraggio con cui i Romagnoli hanno affrontato le crisi degli ultimi anni e infine le terribili alluvioni del 2023.

Da trent’anni la politica italiana è paralizzata da uno sterile bipolarismo, inutilmente estremista e divisivo a parole, quanto incapace e impotente man mano che sinistre e destre si sono alternate al potere.

Abbiamo bisogno di riforme e, poiché non esistono soluzioni centraliste buone per tutti i territori, la prima riforma di cui abbiamo bisogno è la ricostruzione di autonomie locali moderne, forti, competenti (e profondamente democratiche, espressione di un ricostruito rapporto fra elettori ed eletti).

Esemplare, in negativo, della crisi politica e amministrativa della nostra Repubblica, è stata, secondo me e molti Romagnoli e romagnolisti, l’incredibile vicenda di Montecopiolo e Sassofeltrio. I due comuni, pur avendo votato in modo “bulgaro” per tornare in seno alla Romagna nel 2007, hanno dovuto attendere un quindicennio per vedere la loro volontà riconosciuta dalle piramidi politiche italiane. Forse, se non fosse intervenuta una attiva solidarietà interterritoriale da altri appassionati di autonomia da tutte le regioni d’Italia e d’Europa, quella loro legittima e costituzionale aspirazione sarebbe rimasta inascoltata persino più a lungo.

Perché dobbiamo lasciar passare i decenni, intere generazioni, per mettere mano a forme di autogoverno più avanzate, più al passo con quelle di paesi che pure ci sono vicini e ci ispirano, come la Svizzera?

Ecco perché l’impegno culturale dello storico Movimento per l’Autonomia della Romagna è stato così importante e deve continuare.

Ecco che comprendete perché abbiamo formato un partito territoriale per la Romagna, Romagna Unita (Rumâgna Unida), per l’unità e il benessere della nostra terra, per tutti i suoi circondari (Cesena, Faenza, Forlì, Lugo, Imola, Ravenna, Rimini, il Montefeltro) e tutte le sue comunità minori, fino all’ultima e più remota frazione a rischio di declino e spopolamento (come tante altre, lungo tutta la dorsale degli Appennini, a causa dell’arrogante incompetenza degli aspiranti “podestà d’Italia”).

Le nostre idee per un migliore e più moderno autogoverno della Romagna implicano maggiore e non certo minore solidarietà con i territori vicini (a partire da Bologna, Ferrara, Parma, Piacenza), con il resto d’Italia e con l’Europa. Sappiamo di stare remando controcorrente, dopo vent’anni che la scena politica è dominata dai ciarlatani dell’autonomia “differenziata”, ma siamo romagnoli, cioè serenamente determinati e testardamente sorridenti di fronte alle difficoltà.

Le migliori forze storicamente autonomiste e modernamente territorialiste d’Europa, raccolte nella European Free Alliance, avrebbero voluto partecipare alle elezioni europee dei prossimi giorni 8-9 giugno 2024 in una forma più visibile, attraverso la nostra rete italiana Autonomie e Ambiente, promotrice di un cartello elettorale “Patto Autonomie Ambiente”. Sinistre manovre dei centralisti, che hanno modificato leggi elettorali già ingiuste a poche settimane dalle elezioni, ce lo hanno impedito.

Era rimasto però aperto un canale di dialogo e collaborazione con Azione, che stava già per suo conto allargando le proprie liste per le Europee ad altre realtà riformiste, popolari, liberali, indipendenti. Romagna Unita ha deciso di accettare la sfida di una candidatura autonomista indipendente e chi scrive si è messo a disposizione. Gli azionisti e gli autonomisti di oggi si sono quindi alleati come già lo furono nel gruppo parlamentare delle Autonomie alla Costituente.

Mi sono ritrovato come unico candidato autonomista (nella sola circoscrizione del Nordest), nell’unica lista di una certa consistenza che stia nitidamente resistendo ai prepotenti (impotenti) del bipolarismo, agli aspiranti podestà d’Italia (e napoleoni d’Europa).

Non pretendo certo, con la mia candidatura indipendente, di rappresentare tutte le diversità e le culture presenti nella famiglia di Autonomie e Ambiente e di EFA, ma spero che comunque essa sia ritenuta utile per la Romagna, per l’Italia, per l’Europa delle regioni, dei territori, dei popoli.

I bipolaristi stanno già propinandoci le ennesime semplificazioni: più Italia vs più Europa; federazione degli stati (uniti?) d’Europa oppure confederazione degli stati (meno uniti?) d’Europa. Le loro “alternative” sono apparenti, fuorvianti e in definitiva slogan vuoti e falsi.

Non vogliamo e non ci lasceremo costringere a scegliere fra centralismo europeo e centralismo italiano. Pretendiamo invece ciò che è sancito dai Trattati europei e dalla Costituzione: la piena attuazione dei principi di sussidiarietà e autogoverno, al più basso livello possibile, secondo la volontà delle comunità locali.

Non ci sarà alcuna federazione o confederazione se gli stati restano quelli che sono oggi. Nessuno può pensare di governare un intero continente ricco di diversità come il nostro unendo solo i 27 attuali governi. Ci sono (almeno!) 270 regioni, territori e popoli che devono essere rispettati e avere una voce, uno dei quali è la Romagna.

La voce dei territori e delle regioni sembrerà forse fioca, oggi, in questo mondo messo in pericolo dai grandi stati, dalle grandi potenze, dai grandi apparati militari-industriali. Ragione di più per non tacere e non restarsene in disparte ad aspettare che altri, in alto o altrove, decidano per noi!

Romagna, Italia, Europa

di Giovanni Poggiali*

* Viticoltore, presidente dello storico Movimento per l’Autonomia della Romagna (autosospesosi per la campagna elettorale), uno dei fondatori del partito territoriale Romagna Unita (Rumâgna Unida), importante esponente della rete Autonomie e Ambiente (collegata con European Free Alliance, EFA)

Ravenna, 2 giugno 2024, Festa della Repubblica

 

Per conoscere meglio Giovanni Poggiali e per approfondire:

https://europee.giovannipoggiali.it/

https://rumagnaunida.eu/politica/

 

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