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La memoria lunga degli autonomisti

Piercesare Moreni, autonomista del Trentino, 2 aprile 2022

Proprio perché il nostro pensiero autonomista è necessario a una umanità globalmente minacciata da una massificazione disumanizzante, dobbiamo salvaguardare le nostre profonde radici e avere il coraggio di una memoria lunga.

Localismo, territorialismo, regionalismo, federalismo, confederalismo, anticolonialismo, indipendentismo, altro non sono stati che la declinazione graduata di comuni e universali aspirazioni all’autogoverno.

In Trentino prima della straordinaria primavera politica rappresentata dall’esperienza dell’ASAR (Associazione Studi Autonomistici Regionali) i primi movimenti autonomisti, come il CIT (Comitato per l’Indipendenza del Trentino) e il MST (Movimento Separatista Trentino), furono incubatori dai quali si svilupparono in modo meno velleitario le istanze di un mondo autonomista capace di buongoverno.

In Sicilia già nel 1942 venne costituito il Comitato per l’indipendenza della Sicilia, poi divenuto Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, ma l’autogoverno di cui dovrebbe godere la più grande isola del Mediterraneo è rimasto sulla carta.

Il Movimento Separatista Valdostano si schianta, a guerra ancora in corso, contro gli interessi internazionali che lo abbandonano al suo destino, anche se si salvano le intuizioni illuminate del notaio Émile Chanoux nel lavoro politico della Union Valdôtaine. La cultura dell'autogoverno, non solo per la Valle ma per ogni territorio, viene coltivata e proclamata dal toscano-friulano-valdostano Bruno Salvadori, che cerca un modo nuovo per raccontare a tutta Italia e a tutta Europa la straordinaria attualità di un modello cantonale ispirato alle istituzioni della Svizzera. Bruno Salvadori (nella foto commemorativa in alto) purtroppo muore prematuramente nel 1980, a soli 38 anni.

In Friuli la complessità della posizione geografica e geopolitica rese la proposta autonomista, se possibile, ancor più difficile che altrove: nonostante l’impegno autonomista risalga al 1945 con l’Associazione per l’Autonomia Friulana, l’autonomia speciale resta ancora insufficientemente attuata.

Trieste e la Venezia Giulia nel 1945 videro la nascita del Fronte dell’Indipendenza per il Libero Stato Giuliano, da cui si sono poi dipanati molti movimenti civici, alcuni anche di grande freschezza e lungimiranza, ma senza che ciò abbia fatto ancora maturare esperienze avanzate di autonomia politica.

In Sardegna, già alla sua costituzione nel 1921, il Partito Sardo d’Azione propugnava l’autodeterminazione dal Regno italiano; divenne un partito di massa e, fino a un certo punto, fu l’unica forza organizzata in grado di contrastare su quel territorio l’avvento del fascismo. A più riprese esponenti “sardisti” hanno governato, eppure l’autonomia speciale della Sardegna è un involcruo ancora semivuoto e l’isola è una nazione colonizzata e oppressa.

Napoli e la Campania, gli Abruzzi e il Molise, la Lucania e le Puglie, le Calabrie sono, dal tempo della conquista sabauda, sottoposte alla continua estrazione di risorse tipica di ogni forma di colonialismo interno.

Le aspirazioni autonomiste in ogni altro territorio della Repubblica, pur abbracciate da prestigiosi costituenti - fra gli altri, Giulio Bordon, Piero Calamandrei, Tristano Codignola, Andrea Finocchiaro Aprile, Emilio Lussu, Aldo Spallicci, Tiziano Tessitori - e anche da molti esponenti locali delle principali forze politiche popolari, sono rimaste compresse dalla “ragion di stato” e dalle leggi ferree della partitocrazia romanocentrica.

I nostri movimenti, sin dall’immediato dopoguerra, subiscono le conseguenze della guerra fredda e l’azione repressiva congiunta di servizi segreti statali e internazionali, la polarizzazione del dibattito politico fra atlantisti e comunisti, la sopravvivenza nello stato repubblicano del centralismo autoritario dello stato fascista (a sua volta continuazione diretta dell’autoritarismo sabaudo), il ruolo mai marginale del centralismo pontificio nella Chiesa cattolica; tuttavia abbiamo contribuito alla stesura di una Costituzione che consente una Repubblica delle autonomie personali, sociali, territoriali e sulla difesa di essa è nostro compito storico e intergenerazionale essere inflessibili.

Tempus fugit irreparabilis: l’apparente immobilismo istituzionale e politico degli ultimi quarant’anni, nella Repubblica italiana, nell’Unione Europea, nelle istituzioni della globalizzazione, non è mai stato neutrale. Stiamo scivolando lentamente ma inesorabilmente verso una distopia centralista tecnocratica. Siamo stati avvertiti, dai padri e dalle madri dell’autonomismo e, in tempi più recenti, da grandi figure del nostro tempo, come il grande poeta friulano e italiano Pier Paolo Pasolini, che ci ha messo in guardia dall’avvento del “tecnofascismo”; tocca a noi, spes contra spem, fare la nostra parte.

Trento - Firenze, 2 aprile 2022 - A cura di Piercesare Moreni, autonomista trentino, e di altri studiosi autonomisti del Forum 2043

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