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La più forte Autonomia potrebbe anche autodistruggersi?

Walter Pruner, autonomista trentino - Trentino, 29 novembre 2022

Una delle più forti e compiute autonomia della Repubblica Italiana potrebbe autodistruggersi?
Walter Pruner, autonomista trentino, in dialogo con gli attivisti e gli intellettuali del Forum 2043

 

Anche nel profondo Nordest la temperatura sale, i ghiacciai si ritirano, si ritira pure la Politica: Politica entrata in fase letargica e da qualche tempo mostrante la corda. Ricorda a tutti che non esistono zone franche che per storia, tradizione, cultura, sono impermeabili al livellamento.

Arriva a Trento il vento centralista capitolino, arrivano i segnali di fumo, il fuoco lambisce i confini.

Arriva così un esito elettorale storico anche in Trentino, con il tricolore meloniano issato su una Terra di autonomia, una Terra che all’opzione autonomista ha preferito l’allineamento con Roma, con un voto oltremodo prevedibile e reso incontendibile a causa di un incontinente lassismo politico, in Trentino non meno che nella più generale scena italiana.

La blindatura autonomista allombra dolomitica nulla ha ritenuto di porre di fronte al neo-populismo. Lo stesso che insegue londa della piazza, asseconda tutto nel segno del consenso, imbullona gli ideali riducendoli a merce di scambio in favore della monetizzazione del contingente, dell’ incasso elettorale immediato.

L’Autonomia che prevede il rispetto dei diritti ad ogni latitudine, all’interno di un contesto di autogestione solidale del territorio politico umano, territoriale e ambientale, abdica anche nella regione del Tirolo storico, cede le armi pure in quel Trentino delle peculiarità e delle diversità.

Quelle diversità che rappresentarono nel tempo vere e proprie opportunità per laboratori di idee e realizzazioni, oggi vengono seppellite all’ombra di un oscurantismo che ha preferito il tatticismo autoreferente alla strategia di lungo corso. E così alla partita, a quella partita della grande scommessa in chiave autonomista, si è preferito l’autocongelamento operativo, attendista, nella speranza di comprendere quale opzione preferire, inseguendo l’interesse per una vittoria che, a prescindere da colore e contenuto, consentisse di staccare comunque ed a ogni prezzo la cedola più appetibile.

La speranza che radici e ideali forti potessero fungere da antidoto allappiattimento politico e alla desertificazione valoriale si sta così rivelando illusoria, persino in Trentino.

Nella Terra che fu di Alcide De Gasperi, nella regione sudtirolese che è stata luogo di riconciliazione, ricostruzione e sperimentazione virtuosa, alle porte della Mitteleuropa, ci ritroviamo oggi privi di una proposta politica originale, dopo esser stati a lungo un modello.

Dove è finito quello storico spirito coraggioso, allora avvolto nellorgoglio di una Terra che era presa a esempio da tanti altri territori? Perché questa fiacchezza, questo appiattimento al livello politico italiano, senza più capacità propositiva?

Non è solo l’esito matematico di questa ultima tornata elettorale (le elezioni politiche del 25 settembre 2022) a far riflettere. Sono le motivazioni, solo apparentemente sconosciute, alla base della vittoria del neo-centralismo in una Terra di Autonomia, che allarmano. Solo apparentemente sconosciute perchè di fatto esse erano nellaria, anche se pochi immaginavano si sarebbero materializzate in queste proporzioni.

Ora Trentino e Sudtirolo formano una regione formale e due province autonome, spesso incapaci di relazioni e sinergie.

La provincia autonoma di Bolzano è asserragliata nella sua specialità etnica. Può ancora permettersi di ingaggiare uno confronto rude con Roma, a testa alta, sapendo di poter contare su garanzie internazionali e contando, all’interno della provincia stessa, degli anticorpi sociali di un blocco popolare alla fine sufficientemente coeso anche se in crescente fermento. Una sfida che nella peggiore delle ipotesi, anche in un non improbabile braccio di ferro con un governo centralista e statalista, potrebbe perfino permettersi di sfociare in un ulteriore distacco dal Trentino e dalle dinamiche del resto della Repubblica.

Il Trentino di contro in questi anni ha trovato difficoltà, grandi difficoltà, a rappresentare uno scenario se non di pari dignità con la vicina Bolzano, almeno di profittevole confronto. E la Terra del Concilio ora di fatto è collocata su un isolotto che si allontana da Bolzano e si avvicina a Lombardia e Veneto. Col rischio importante di schiacciamento su macro-derive economiche di difficile se non impossibile gestione.

Ora dunque si pone la questione “Trentino”, che si avvicina al decisivo appuntamento elettorale dell’ ottobre 2023, il voto amministrativo del prossimo autunno: con esso verrà eletto il Consiglio provinciale di Trento (che assieme al Consiglio provinciale di Bolzano costituisce il Consiglio regionale Trentino-Alto Adige/Südtirol).

Il Consiglio provinciale di Trento, è organo legislativo con competenze statutarie primarie, speciali e del tutto originali rispetto al quadro ordinamentale delle altre regioni della Repubblica.

Sarà interessante capire quale tipo di atteggiamento verrà assunto da Roma in occasione di questo appuntamento, che la costringerà obtorto collo ad assumere comportamenti politici di apparente apertura a temi autonomisti, che sono contro natura rispetto all’ondata di voto nazionalista. Come si potrà governare, da centralisti, una Autonomia specialissima?

Questione “Trentino” dunque, a breve chiamata a una sfida epocale, con la eventualità concreta di un governo a trazione “fiamma tricolore” e una Lega a rimorchio, in un evento unico nei quasi 75 anni di storia autonomista di questa terra.

L’ esito della sfida non è deciso, ma l’onda lunga del conformismo italiano da una parte, la frammentazione del quadro locale di contrappeso dall’ altro, segnano oggi il vantaggio dei nazionalisti centralisti italiani.

La platea autonomista, numerosa in terra tridentina anche se oggi polverizzata in una confusa diaspora politica, non mostra ancora un grado di consapevolezza capace di suggestionare ed interessare.

Pare, è questo il dato di maggiore preoccupazione che si registra, essere venuto meno un senso comunitario, la coesione attorno al bene comune del territorio. Coesione persa, forse, per via di una scontatezza, di un appagamento, di un’archiviazione della tematica autonomistica, sostanzialmente vista come un dato del passato, che appare irrilevante rispetto alla contingenza e alle problematiche globali che inevitabilmente toccano anche la provincia e la regione.

Trattandosi di un malessere grave che tocca la centralina stessa della nostra Autonomia, il rientro politico nel solco di una forte priorità autonomistica non è scontato.

Le amiche e gli amici del Forum 2043 ci ricordano, con buoni argomenti, che l’Autonomia non è una possibilità, ma l’unico modo di affrontare le sfide del XXI secolo.

Però superare la percezione di inutilità dell’Autonomia così come è stata espressa da una fascia copiosa della popolazione lo scorso 25 settembre 2022, richiede uno sforzo gigantesco, l’apertura di un cantiere per una nuova generazione.

Non si riparte da “a cosa” o “a chi” serve l’autonomismo, ma da chi siamo e perché vogliamo affrontare in autonomia punti strutturali: l’inviolabilità dei diritti fondamentali delle persone e delle comunità; la gestione locale delle risorse e dei beni comuni, restando integrati in una società aperta; la centralità del tema ambientale, che ha bisogno di forti attori istituzionali, politici, sociali, economici, che perseguano con tenacia – e con urgenza - cambiamenti concreti in ciascun territorio.

Accettando queste sfide, potremmo riportare ossigeno politico all’interno di un’ agenda politica provinciale anemica. Un’agenda politica smarritasi tra le secche autoreferenziali degli ingorghi burocratici e la latitanza di coraggiose visioni di prospettiva, meglio, l’assenza di visioni.

Forse gran parte della popolazione non sente più la necessità politica di una visione a lungo termine, ma questo, per un territorio che già ha goduto dei vantaggi di un’ampia, prolungata e ormai consolidata autonomia, sarebbe forse più che un peccato d’ignavia, un tradimento nei confronti delle generazioni future, una sorta di lento ma non meno drammatico suicidio collettivo.

 Trento, 29 novembre 2022

 Walter Pruner
(autonomista trentino)

 

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