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Per autonomie che facciano crescere altre autonomie

Geremia Gios, autonomista trentino - 13 marzo 2023

Riprendiamo, con minimi adattamenti al contesto del nostro Forum 2043, l’intervento che Geremia Gios ha già pubblicato su Il Nuovo Trentino (di domenica 12 marzo 2023). Gios è professore di agraria ed è stato sindaco di Vallarsa (TN): https://www.iltrentinonuovo.it/index.php/author/geremia/ - (per la foto di Geremia Gios si ringrazia il sito https://www.territoriocheresiste.it/)

 

La possibilità di attivare la cosiddetta “autonomia differenziatanelle regioni a statuto ordinario ha riacceso il dibattito attorno all’autonomia trentina e in definitiva attorno all’autonomia di tutti i territori.

Al fine di portare un contributo ritengo sia opportuno partire da una considerazione sull’autonomia in generale.

Per autonomia si può intendere la possibilità di determinate comunità di organizzarsi, all’interno di linee guida o normative di carattere generale, in maniera diversa da quella di altre comunità.

Un mondo globalizzato, condizionato dal prevalere della componente finanziaria difficilmente può lasciare spazio all’autonomia (se non a quella della finanza medesima). L’attività finanziaria sfrutta le economie di scala (più si è grandi più si può guadagnare), ma questo è possibile se ci si sono visioni del mondo, obiettivi, consumi, comportamenti uniformi. L’uniformità facilità la rapidità nel trasferimento dei capitali e, quindi, la possibilità di fare profitti. Del resto ancora gli antichi romani dicevano pecunia non olet. Tale detto si potrebbe tradurre in linguaggio moderno come: i capitali sono tutti ugualmente profittevoli, indipendentemente dal luogo, dalle modalità di impiego, dalle attività che gli hanno generati. Per la grande finanza che frequentemente riesce ad imporre, a livello centrale statale e anche attraverso istituzioni sovranazionali, regole che le sono favorevoli, avere a che fare con specificità locali comporta aumento di costi, perdita di opportunità, minori guadagni. In questo scenario le autonomie non servono anzi sono dannose.

Il mondo naturale, al contrario, è il regno della diversità ossia di modalità autonome e differenziate dei diversi organismi di organizzarsi in associazioni diverse tra loro. Prendiamo ad esempio le piante. La capacità di trasformare la luce in energia utilizzabile si basa su meccanismi assai simili nella maggior parte delle piante, ma nonostante questo, una foresta tropicale, la macchia mediterranea, la foresta alpina o la taiga siberiana sono assai diverse tra loro. Non serve essere botanici esperti per constatarlo: basta uno sguardo.

Nelle nostre valli basta considerare, con un po’ di attenzione, due versanti opposti di una stessa montagna per rendersi conto che la vegetazione che ricopre i medesimi è diversa. Perché? La risposta è, tutto sommato, semplice. Anche se le modalità di utilizzare la luce solare sono simili, ci sono differenze tra le tipologie di terreno, le necessità di acqua, l’intensità della luce, le temperature e molti altri componenti che servono per completare il ciclo vitale. Per poter utilizzare al meglio tutti i fattori disponibili sono necessarie non solo piante aventi caratteristiche diverse, ma anche associazioni differenti tra le medesime. Nel mondo vegetale capacità autonome e diversificate di organizzazione sono indispensabili. Siamo all’opposto di quanto chiesto dalla finanza.

Sotto il profilo sociale probabilmente siamo in una situazione intermedia tra mondo finanziario e mondo vegetale. Tutti gli uomini hanno pari dignità, ma una organizzazione economica e sociale che sia sostenibile, ossia possa durare nel tempo, deve potersi articolare in maniera diversa a livello locale In funzione delle esigenze differenti in contesti territoriali diversi.

In tale contesto parlare di autonomia significa riferirsi a regole che possono almeno in parte essere modificate da forme di autogoverno locale.

Limitiamoci a esaminare tre insiemi di regole, ognuno dei quali risulta efficace solo se applicato a beni o funzioni aventi certe caratteristiche e non altre. Tali insiemi - definibili anche come istituzioni o ordinamenti – sono: mercato, stato (o organizzazione gerarchica), gestione dei beni collettivi.

Senza approfondire, in questa sede le caratteristiche di queste istituzioni si può osservare che in relazione al problema delle autonomie mercato e stato possono funzionare, entro certi limiti, con regole che non hanno bisogno di articolazioni locali (e quindi di autonomie).

Tuttavia mercato e stato per poter durare nel tempo hanno bisogno, fra il resto, che vi sia tra la popolazione fiducia e senso di appartenenza. Senza la presenza di queste caratteristiche all’interno delle comunità interessate nessuna organizzazione (neppure lo stato o il mercato) può funzionare. Tuttavia fiducia e senso di appartenenza hanno le caratteristiche dei beni collettivi. Né lo stato né il mercato sono in grado di gestire questi beni. La fiducia, per esempio, non si può né comprare né imporre per legge.

Va riconosciuto che per avere fiducia e senso di appartenenza è necessario applicare linee guida proprie delle gestione dei beni collettivi che sono, ovviamente, diverse da quelle di stato e mercato. Tra i principi che è necessario rispettare nella logica della gestione dei beni collettivi vi è quello che in presenza di condizioni locali - sia ambientali sia sociali- specifiche deve essere data alle comunità locali la possibilità di organizzarsi in maniera autonoma.

Va da sé che la gestione della conoscenza necessaria per adottare decisioni corrette e condivise non può basarsi solo su informazioni accentrate come nel caso dell’organizzazione gerarchica (stato) o disperse come nel caso del mercato. Tra questi due livelli è indispensabile un livello intermedio che consenta di modificare localmente principi generali decisi altrove. Questo livello è il livello dell’autonomia.

Come sarebbe poco efficace cercare di riprodurre una foresta tropicale sulle Alpi così risulta controproducente voler applicare regole specifiche uniformi dalla Vetta d’Italia a Lampedusa.

In altri termini pensare che per gestire le comunità umane possono bastare il mercato (che organizza la conoscenza dispersa) e lo stato (che richiede conoscenze accentrate) è un errore drammatico. Un errore che porta da un lato ad una degenerazione burocratica – frutto del tentativo di controllare tutta la realtà – e, dall’altro a considerare elementi essenziali per la vita (quali ad esempio la solidarietà o molti beni ambientali) da non valutare perché privi di un “prezzo”.

In conclusione, l’autonomia è una componente indispensabile non solo per le comunità che già ne godono, ma per tutte le comunità. Al tempo stesso l’autonomia può durare solo se fa crescere al proprio interno e tra le comunità vicine altre autonomie. Solo chi, con sguardo miope, ritiene che autonomia significhi semplicemente rivendicazione di “maggiori risorse” - invece che di maggiori responsabilità - può pensare il contrario.

L’attuazione di altre forme di autonomia, se perseguita con competenza e senza ipocrisie, non rappresenta, pertanto, un pericolo bensì uno stimolo per rivitalizzare l’autonomia di tutti, compresa quella di cui il Trentino già gode.

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