
Autonomia differenziata, specchietto per allodole
Udine – Firenze - Palermo, 4 febbraio 2023
Autonomia differenziata, vent’anni dopo:
uno specchietto per ingannare, inaridire e disperdere
gli autonomisti nell’Italia di oggi
Le forze civiche, ambientaliste, autonomiste e territorialiste di Autonomia e Ambiente e che partecipano agli studi del Forum 2043 non si fanno attrarre da quello che consideriamo, oggi, un grande specchietto per le allodole, la c.d. “autonomia differenziata”.
E’ impossibile credere che una classe politica che da vent’anni non conclude nulla in materia di autonomia, proprio ora che sono al potere figure apertamente centraliste e presidenzialiste, possa fare qualcosa per le autonomie personali personali, sociali, territoriali, che essa non ha mai compreso né rispettato.
I nostri attivisti, eletti, intellettuali devono aiutarsi vicendevolmente a restare fuori dalla babele di assurdità (politicamente parlando veri e propri inganni), che vengono profuse sui media, sulle reti sociali e, purtroppo, anche nelle aule parlamentari (piene di nominati dai vertici dei partiti centralisti, che non si sa in cosa credono, ma che proprio per questo paiono capaci di tutto).
L’approvazione “preliminare” del disegno di legge Calderoli è una operazione propagandistica e anche di bassa qualità. Gli attivisti per l’autogoverno di Veneto, Lombardia, Emilia (collegati nella rete “22 ottobre” da ormai più di cinque anni, cioè dal giorno dei referendum veneto e lombardo del 22 ottobre 2017), come ha detto e scritto Paolo Franco, si sentono giustamente presi in giro.
Alcuni spunti per una riflessione critica:
1) la riforma costituzionale del 2001 del Titolo V fu fatta in fretta (dal Centrosinistra), è piena di difetti, è di difficilissima applicazione, ma fu approvata dal referendum popolare del 7 ottobre 2001, perché c’era allora – e crediamo ci sia ancora, in verità – un grande consenso popolare trasversale attorno all’idea che gli enti locali e le regioni abbiano più risorse e più poteri, per il bene delle rispettive comunità locali. Questo consenso popolare verso il grande ideale di una “Repubblica delle Autonomie”, all’interno di una grande confederazione europea, lo dobbiamo proteggere dalle forze centraliste che oggi governano e in particolare da certi loro leader privi di competenza e credibilità.
2) Il mondo, l’Europa e l’Italia sono molto cambiati in questi vent’anni. Sono cresciute sull’onda della digitalizzazione nuove grandi multinazionali globali. La produzione legislativa europea ha continuato a crescere a dismisura, investendo ogni materia. Il governo centrale italiano, con la scusa dell’austerità, delle varie emergenze, dell’Europa e della globalizzazione, ha represso le autonomie personali, sociali e territoriali. La metastasi delle norme e l’ipertrofia delle autorità centraliste soffoca sempre di più persone, imprese, famiglie, comunità locali, senza peraltro assicurare giustizia, sicurezza, spesso nemmeno protezione. Questa deriva centralista e autoritaria non ci spaventa, siamo qui per contrastarla, rinnovando la nostra adesione alla Carta di Chivasso del 19 dicembre 1943, ma di certo non ci illudiamo di poter lottare per riforme autonomiste come avremmo fatto non diciamo un ventennio, ma nemmeno un lustro fa. Occorrono molta più preparazione, molto più coraggio e soprattutto molta più umiltà, per cambiare veramente le cose per il bene dei nostri territori.
3) Come scrive con lucidità la nostra forza politica sorella Siciliani Liberi, discutere di nuove forme di autonomia implica innanzitutto il rispetto di tutte le autonomie esistenti (a partire da quelle delle cinque regioni a statuto speciale e poi tutte le altre). Implica l’attuazione piena degli Statuti in vigore e dell’art. 119 della Costituzione, che prevede, fra le altre cose, una perequazione fiscale a sostegno dei territori che sono stati impoveriti e spopolati dal colonialismo interno. Perequazione che è concetto sconosciuto non agli autonomisti, ma ai centralisti, a quelli che sono stati al potere ininterrottamente negli ultimi vent’anni (in veste di sinistra, tecnici, centro, movimentisti, populisti e destra).
4) La grande sfida politica che ci aspetta nei prossimi anni, non solo in Italia ma in Europa e nel mondo, è la territorializzazione delle imposte, a cominciare da quelle sul consumo. Si sta (quanto lentamente!) comprendendo che le multinazionali devono pagare tasse dove abitano i loro consumatori, non dove sono le loro sedi legali e fiscali. Allo stesso modo, anzi a maggior ragione, se un pugliese compra un prodotto piemontese, le imposte su questo consumo devono restare in Puglia! E’ incredibile come siano ancora così pochi, anche nel mondo autonomista, ad aver compreso questa la necessità di questo cruciale cambiamento.
5) E’ doveroso suonare la sveglia a tanti improvvisati “meridionalisti”, avvocati del Mezzogiorno, tardivi epigoni di “equità territoriale”, sé dicenti “difensori dell’uguaglianza dei cittadini”, aspiranti “sindaci d’Italia”. Si agitano come cassandre contro l’autonomia differenziata, vista come un cavallo di Troia per la “secessione dei ricchi”, la “fine dell’Italia”, la “rovina del Sud” e altre catastrofi, senza accorgersi di essere funzionali al centralismo autoritario (fuori dai denti: sono veri utili idioti del nazionalismo centralista al potere). Purtroppo per loro e per tutti noi, i disastri che essi paventano, sono mali che infuriano già da decenni e ancora oggi, nell’Italia centralista che essi difendono con una testardaggine degna di miglior causa. E’ il centralismo che distrugge e spopola i territori, a vantaggio di poche privilegiate capitali politiche ed economiche, se ne facciano una ragione. Le autonomie, al contrario, hanno fatto e farebbero ancora fiorire e arricchire i territori.
6) La promessa contenuta nella Costituzione (art. 116, terzo comma) di ulteriori forme di autonomia (su 23 materie elencate all'art. 117, vedi nota in calce) è minata da una ambiguità di fondo (sin dai tempi delle bozze Gentiloni, sia chiaro): essa instaura una autonomia graziosamente concessa dallo stato centrale a un territorio (o a due, o a tre, ovviamente in modo differenziato per ciascuno di essi). Queste autonomie asimmetriche ed eterogenee sarebbero intrinsecamente fragili e sempre sottoposte a una continua ed estenuante trattativa con lo stato centralista, come ben spiegato negli interventi della forza sorella OraToscana.
7) Infine – in cauda venenum - anche se (nel mondo dei sogni dei leghisti e dei “nordisti”) le ulteriori forme di autonomia previste dal Titolo V venissero un bel giorno concesse, esse potranno comunque essere sempre ritirate (sicuramente dopo dieci anni, c’è scritto nella furbastra bozza Calderoli). In barba al sacrosanto principio su cui l’Italia fu ricostruita dopo la tragedia della Seconda guerra e la barbarie nazifascista: lo stato non concede, ma riconosce le autonomie personali, sociali, territoriali. Ci sarebbe da chiedere, a coloro che sono andati al potere con le elezioni precipitate del 25 settembre 2022, se aderiscono davvero ai principi della Carta costituzionale...
L’autonomia differenziata è, politicamente parlando, un treno perso. Senza una svolta davvero autonomista, essa finirebbe per essere uno strumento divide et impera, dove il potere centrale manterrebbe sempre il coltello dalla parte del manico. I capi centralisti e nazionalisti si trovano certo a loro agio in questo imbroglio, ma i civici e i localisti che lottano in tutto il paese per il bene delle loro comunità ed economie locali, i decentralisti e i federalisti, gli autonomisti sparsi in tutte le province, invece, devono essere inquieti.
Si scuotano, prima di finire scuoiati.
Dal gruppo di studio interterritoriale del Forum 2043
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Nota sulle 23 materie che possono essere oggetto di “ulteriori forme di autonomia”, la c.d. “autonomia differenziata”:
L'art. 116 terzo comma della Costituzione italiana stabilisce che: "Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119".
Elenco delle materie ex art. 117 terzo comma:
01) rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni;
02) commercio con l'estero;
03) tutela e sicurezza del lavoro;
04) istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;
05) professioni;
06) ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi;
07) tutela della salute;
08) alimentazione;
09) ordinamento sportivo;
10) protezione civile;
11) governo del territorio;
12) porti e aeroporti civili;
13) grandi reti di trasporto e di navigazione;
14) ordinamento della comunicazione;
15) produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia;
16) previdenza complementare e integrativa;
17) coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
18) valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;
19) casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;
20) enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale
Le tre ulteriori materie ex art. 117 secondo comma:
l) l'organizzazione della giustizia di pace
n) norme generali sull'istruzione
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali
Si veda, per un approfondimento: https://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1104705.pdf
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Per l’immagine di corredo di questo post siamo debitori del sito “Oltre il Ponte”:
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