Lottiamo per ciò in cui crediamo
In questo mondo diviso e violento, noi dobbiamo continuare a lottare contro ogni concentrazione di potere e di ricchezza, a partire dai nostri territori. Tecnocrazie, autocrazie, populismi, protezionismi, centralismi autoritari non sono solo quelli degli altri.
La produzione è naturalmente locale. Il primo consumo dei prodotti di qualità deve essere locale. La finanziarizzazione - e le sue folli montagne russe delle borse - è l'espressione più deteriore di una globalizzazione impazzita.
I mondi della vita concreta, quelli in cui l'essere umano si sente accolto e realizzato, sono quelli locali, con le loro istituzioni forti perché fondate sulla prossimità e la sussidiarietà, le loro imprese piccole, cioè a misura di persona umana, creative, innovative, efficaci, vera ossatura di una società dal volto umano. Ciò di cui ci parlano i media globali, invece, è mero e triste inganno.
Dobbiamo lottare per ciò in cui crediamo e, soprattutto, che è possibile fare qui, ora, con le nostre forze, nel nostro territorio, concretamente.
Nonostante le nostre differenze culturali e politiche, le nostre diversità territoriali, i nostri divergenti interessi economici e sociali, nel mondo delle autonomie abbiamo raggiunto alcune convinzioni comuni, originali, operative, e soprattutto lontane dalla polarizzazione delle tifoserie, dal bellicismo, dagli interessi dei grandi inquinatori, dal conformismo mediatico, dalla difesa dello status quo.
Ricordiamone solo alcune, senza pretesa di completezza:
- devono esistere governi democratici locali, dotati di poteri e risorse sufficienti per migliorare la vita quotidiana delle proprie comunità; senza prossimità fra governanti e governati, ciò che noi chiamiamo una società aperta, libera e giusta, diventa una sinistra caricatura di ciò in cui crediamo;
- dobbiamo pretendere economie locali forti, dotate di una misura ragionevole di autosufficienza, in cui ciò che è essenziale per la vita, come l'acqua, l'energia, il cibo, deve essere sottratto a insensate pertubazioni dall'esterno;
- crediamo nella sacralità dei beni comuni locali e nella necessità che essi siano custoditi e manutenuti da persone che vivono e lavorano nella comunità locale; questi beni comuni non sono - non possono essere - in vendita su alcun mercato nazionale o internazionale; la loro gestione non può essere affidata che a lavoratori e imprese locali;
- i servizi pubblici universali e territoriali devono essere controllati dalle amministrazioni elette nelle comunità su cui essi insistono;
- il commercio internazionale deve essere equo e solidale; squilibri eccessivi che si prolunghino nel tempo conducono fatalmente all'esplosione di crisi e conflitti; dobbiamo sempre resistere alla circolazione di beni che sono stati resi competitivi solo dallo sfruttamento dei lavoratori e dell'ambiente.
Queste sono solo alcune delle questioni più drammatiche e urgenti, che i governi europei - a tutti i livelli - non stanno affrontando con la necessaria urgenza e cura. Siamo invece pieni di norme italiane, europee (e anche alcune internazionali), che invece di facilitare questi cambiamenti, li osteggiano! Invece di favorire le autonomie personali, sociali, territoriali, le comprimono e le reprimono!
Non possiamo andare avanti così. Altro che dazi!
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A cura del gruppo di studio del Forum 2043 - grazie a Mauro Vaiani e Canio Trione - Bari, 6 aprile 2025
Nell'immagine a corredo del post, i conflitti più sanguinosi nel mondo nel 2024, fonte https://acleddata.com/conflict-index/