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Meridione

La Charta di Melfi

  • Autore: a cura di Gino Giammarino - Melfi, 4 ottobre 2023, Festa di San Francesco d'Assisi

Conentusiasmo pubblichiamo laCharta di Melfi,basandoci sull’edizione apparsa nel 2019 su QM – Quaderni Meridionali, rivista di approfondimento legata al blog Il Brigante, animata da Luigi Giammarino, il nostro Gino...

Il documentoesprime unasintesi politica e culturaleelaboratadai movimenti che siriunirononell’esperimento della Confederazione dei Meridionalisti Identitari (CMI),che ebbevitabrevema che ha segnato per molti attivisti per l’autogoverno dei territori del Sud un momento di svolta rispetto alla frammentazione, al folklorismo, alle ingenuità del loro passato.

Gino Giammarino presiedette la CMI e, dopo il fallimento di quel tentativo, ne ha traghettato le persone e le idee più valide verso l’incontro con i valori della Carta di Chivasso e la collaborazione politica e culturale con la sorellanza interterritoriale di Autonomie e Ambiente,contribuendo quindi anche all’enorme lavoro di rinnovamento intrapreso negli anni Venti dallaAlleanza Libera Europea – ALE (European Free Alliance – EFA).

La Charta di Melfiriaffermacon onestà intellettualee senza piagnisteila centralità del tema dell’autogoverno dell’intera macroregione meridionale,mettendola al riparo daitentativi di depistaggio,dalle chiacchiere inconcludenti, dallecortine fumogenealzatesia dasedicenti vecchi e nuovimeridionalisti,sia dai falsi federalisti in realtà populisti centralisti calati dal Nord,entrambisubalterni da sempre al centralismo italiano, più di recente anche al centralismo europeo e alpensiero unico di una globalizzazione ecocida e genocida.

Melfi è stata e sarà ancora luogo diincontri meridionalisti importantinel XXI secolo, scelto per il suo valore simbolico, essendo stata la città in cui furonoelaborate nel XIII secolo le ben note Costituzioni degli stati governati daFederico II di Svevia,l’illuminato imperatore romano-germanico, re di Sicilia e di Gerusalemme,signore e protettore, fra gli altri, degli stati del Sud.

Noi eravamo, noi siamo, noi saremo

Eravamo una nazione, un insieme di popoli, con culture, lingue e tradizioni diverse ma con un’unica matrice, un unico stato, senza emigrazione, con istruzione organizzata, assistenza medica diffusa ed un esercito di difesa. Cose come camorra e mafia erano piccoli ricettacoli residuali non influenti. Diventammo colonia di soggetti affamati, feroci, fortemente indebitati e guerrafondai della peggiore specie, con menti rivolte alle guerre, lontane dalla cultura e dal miglioramento della società.

Oggi siamo sopravvissuti, ci siamo ancora: nonostante tutto. Con noi è stato usato dal nuovo stato “liberatore” l’iter che usarono i romani con gli irpini e i sanniti: dopo aver distrutto il più possibile popoli e insediamenti, imposero la damnatio memoriae, tentando di cancellare una civiltà intera, e alla storia sostituirono la menzogna. Stiamo strappando via il velo dell’oblio, riscoprendo faticosamente la verità storica e cancellando quella sequela di bugie fatte scrivere anche sui libri di testo, dalle scuole elementari alle università, nei saggi e nei racconti.

Come per altri popoli colonizzati, hanno resistito i racconti orali, le tradizioni, la lingua e l’arte, la musica, l’artigianato. Inoltre, si stanno ritrovando verbali e registri storici di menti libere, di uomini di governo dell’epoca, con annessi conti economici, libri, storie e i registri dell’anagrafe religiosa, anch’essa sottomessa e distrutta dal nuovo nefasto ordine unitario.

Nonostante tutto, oggi noi siamo! E continuando l’opera di riappropriazione della nostra cultura, delle nostre lingue scritte e parlate, stiamo lentamente ricostruendo una realtà di popolo.

Realizzeremo la nostra unità se essa sarà fondata sulle tradizioni e sulla volontà di rappresentarci da soli, perché i nostri interessi sono solo i nostri.

In questo modo saremo di nuovo ciò che eravamo un tempo. E che ci spetta di essere.

Europa e Mediterraneo dei popoli

Siamo una terra di mezzo tra due culture diverse: quella europea e quella mediterranea, e non rinneghiamo nessuna delle due.

In Europa facciamo parte del folto numero delle “colonie interne” in una serie di stati, mentre con il Mediterraneo abbiamo in comune la volontà di affrancarci dal termine “colonizzazione”.

In questo siamo vicini a popoli, regioni e stati che già si sono affrancati, anche dallo stato italiano, e che conoscono la nostra storia e ci riconoscono nelle nostre rivendicazioni.

Abbiamo radici forti che sono sopravvissute e vogliono affermarsi nuovamente, per questo vogliamo una Europa diversa da quella attuale, che vorrebbe invece un insieme di stati con potere assoluto e centralizzato sui popoli. Allo stato attuale infatti abbiamo dei sistemi statali in Europa che tendono a rinunciare alla loro autonomia e libertà di scelta della visione del modello sociale più gradito. Questa coercizione di fatto è attuata attraverso l’uso nefasto dei bilanci e dei debiti, con un sistema politico del tutto asservito a banchieri e multinazionali. E’ l’esatto contrario della democrazia e della volontà dei cittadini di scegliersi con quali regole e in quale ambiente vivere.

Connessi con la Carta di Algeri, dichiarazione universale dei diritti dei popoli

Riconosciamo e ci riconosciamo nella Carta di Algeri (1976), “DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DEI POPOLI”, poiché questa si basa non più solo sui diritti universali del singolo individuo ma sugli stessi diritti resi “collettivi”, ovvero: tutti i popoli del mondo hanno pari diritto alla libertà ed alla loro autodeterminazione.

Questa Carta è fondamentale perché è stata redatta considerando i "diritti economici" contro le pretese coloniali di coloro i quali hanno usato o usano la forza della coercizione per mantenere lo status coloniale “di fatto” ancora oggi.

Abbiamo due tipi di colonizzazione, una “internazionale”, sul modello della Libia o l’Eritrea per l’Italia, o come l’Algeria per la Francia, ed una “interna”, come ancora oggi accade per il “Mezzogiorno d’Italia”, o ex Stato sovrano delle Due Sicilie, o anche per alcuni paesi interni sottomessi (Scozia e Galles al Regno Unito, Corsica e Bretagna alla Francia, ad esempio), dove esiste una marginalità, che oggi viene descritta come “discriminazione territoriale” ma che merita di essere descritta come stato di “colonia interna”.

La Carta di Algeri è composta da 30 articoli, di cui in particolare rivendichiamo:

L’imprescrittibilità e l'inalienabilità dell'esercizio del diritto,il diritto all’autodeterminazione perché è in corso una dominazione coloniale, di fatto storicamente razzista”;

Il nostro popolo ha diritto ad un governo che rappresenti tutti i cittadini senza distinzione di razza, sesso, opinione o colore, e che sia capace di assicurare il rispetto effettivo dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per tutti”;

Rivendichiamo il rispetto del nostro diritto all’autodeterminazione legandolo ai principi generali del diritto internazionale, configurando così la violazione di tale diritto come una trasgressione di obblighi nei confronti dell'intera comunità internazionale e in taluni casi, come ad esempio il appropriarsi delle ricchezze dei territori distruggendoli e lasciandoli inquinati, addirittura come un crimine internazionale”;

Spetta al nostro popolo far valere le sue ragioni in caso di violazione dei propri diritti attraverso la lotta politica, sindacale”;

Noi scegliamo di utilizzare la lotta nonviolenta in ogni sua forma per tutelare i nostri diritti”;

Infine, siamo per una visione d’insieme della lotta coordinata tra i popoli oppressi e discriminati, ed il ripristino dei diritti nei fatti è un dovere che deve gravare su tutti i membri della comunità internazionale come attività strategica di lungo termine”

 

Di fatto, la carta di Algeri afferma il diritto all'autodeterminazione in tutte le sue forme e implicazioni. La preoccupazione ossessiva per la tutela dell'integrità territoriale viene posta in secondo piano: l'istanza libertaria dei popoli prevale sulle esigenze della sovranità degli stati. A garanzia dell'autodeterminazione si legittima non solo il ricorso alla forza da parte dei movimenti di liberazione nazionale, ma anche l'intervento di terzi.

Nel nostro caso per fortuna abbiamo la possibilità di esercitare in forma democratica e nonviolenta ogni forma di azione per raggiungere gli scopi che ci prefiggiamo, la tutela della nostra terra, l’integrità dei nostri territori ed una vita non più fatta di emigrazione e da cittadini di serie inferiore, che pur pagando più degli altri ricevono meno. Recuperare la nostra identità e la nostra libertà ed autonomia significa rimuovere le sempre più visibili le catene che abbiamo ai polsi ed ai portafogli.

Agenda unitaria per i territori del Sud

Dividi et impera, con ascari al servizio politico ed amministrativo dei colonizzatori, è sempre stata la strategia di lungo periodo di chi ci tiene ancora in pugno. Abbiamo cultura, informazione, economia ed anche politica autoctone, ma fino ad ora sono state slegate tra loro, ed il non fare rete ci lascia dipendenti e subordinati a sistemi decisionali ed organizzativi di matrice coloniale e comunque a noi del tutto alieni.

Per questo motivo la Charta diventa agenda di eventi, ciclici, collegati, riconosciuti e riconoscibili con certezza, e che operano nella direzione del cambiamento positivo delle nostre terre migliorando le condizioni complessive delle nostre popolazioni.

Quindi fare rete, sia settorialmente che trasversalmente, ci da e ci darà la forza dell’unione e della coesione di tanti soggetti. Facendo massa, intessendo relazioni critiche e positive viene prodotta, sia classe dirigente, che rappresentanza politica propria, che deve esistere unicamente per gli interessi territoriali, modello questo già esistente e vincente in altre aree euro-mediterranee.

Per questo anche l’area politica di riferimento è solo territoriale, fuori da quelle “nazionali italiane”. Qui i soggetti esistenti e certamente riconoscibili per la causa del Sud poco hanno potuto per la divisione, troppo spesso indotta dall’esterno e sostenuta da chi vuole che i nostri territori (che erano uno stato) non abbiano una rappresentanza propria, unitaria e legata a quella rete trasversale della società che prima abbiamo descritto.

Per questo motivo gli stessi soggetti che hanno fatto nascere la Charta di Melfi hanno prima creato e poi superato il Coordinamento dei Movimenti per il Sud diventando una Confederazione dei Movimenti Identitari (CMI).

Questo soggetto politico, basato proprio sulle caratteristiche di forte rispetto tra le diversità di visione politica dell’organizzazione della società, come anche quelle linguistiche e culturali, può mettere insieme le diverse anime politiche che lottano per la comune causa dei nostri territori.

L’informazione e la comunicazione sono e saranno il pilastro e il motore delle attività svolte oggi e che si attueranno, di comune accordo, per realizzare qui da noi ciò che già altrove è stato realizzato o è in via di realizzazione.

Aderire alla Charta di Melfi

Singoli cittadini, associazioni, da quelle di fatto a quelle organizzate e strutturate, imprenditori, artisti, enti Locali, uomini di cultura, organizzazioni politiche con caratteristiche compatibili con lo spirito e gli obiettivi della Charta possono aderirvi riconoscendola e identificandosi con essa.

Così essi stessi diventano soggetti che finalmente fanno sinergicamente rete per migliorarsi e per cambiare la faccia ed i contenuti della nostra società.

Attraverso il recupero e della nostra identità, a partire dalla lingua locale, passando per le tradizioni e la cultura, sempre originali ed autoctone, saranno costruite l’economia, l’arte, l’ambiente, e ogni altra cosa che decideremo di avere attraverso la nostra autodeterminazione.

Se noi tutti assieme lo vogliamo, saremo di nuovo ciò che eravamo:
un popolo e una terra.

Il valore del “RISPETTO”

Divide et impera: ne siamo stati vittime ma anche artefici. Ce lo hanno imposto per meglio sottometterci alle logiche coloniali - romane ieri, europee oggi - ma abbiamo finito per adottare anche tra di noi il modello della delegittimazione per svilire l’operato degli altri o per cercare di impedire loro di attuare quello che cercavano di fare.

Tutto questo, oggi, risulta incoerente ed inaccettabile. Non si può contestare un modello per poi costruirne uno identico ma di senso contrario. Dunque una rivoluzione culturale meridionale non può non partire da un termine e da un valore, quello del “Rispetto”, che diventa punto di riferimento ideale per ogni azione politica e culturale che voglia mettersi in campo per la “Causa” meridionale.

Un rispetto dovuto per quanti, briganti di oggi, lavorano alla soluzione definitiva della “Questione Meridionale” con onestà intellettuale e senza compromessi con chi ci ha messo in ginocchio. E che, con questi comportamenti, innalzeranno la Charta a modello di ispirazione e motivazione a fare rete in maniera sana e costruttiva.

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Pubblicata integralmente sul Forum 2043 a cura di Gino Giammarino, con minimi aggiustamenti formali, il 4 ottobre 2023.

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Omaggio a Francesco Catanzariti, socialista meridionalista autonomista inquieto

  • Autore: Francesco Catanzariti (Movimento Meridionale Calabria) - Roma, 30 ottobre 1986

Francesco Catanzariti, classe 1933, ci ha lasciato il 7 agosto 2024. E' stato un uomo politico socialista meridionalista autonomista, "inquieto" e quindi coraggioso e lungimirante. Come altri della sua generazione, ha fatto politica all'ombra delle tende dei partiti popolari della sinistra italiana del primo dopoguerra, ma sempre da posizioni indipendenti e infine avendo ben chiaro che le sinistre erano parte di una "partitocrazia" centralista.

Grazie a Radio Radicale è possibile ascoltare il suo interventoal XXXII congresso del Partito Radicale, registrato a Roma il 30 ottobre 1986. Catanzariti intervenne a nome del Movimento Meridionale della Calabria. In quell'intervento, che abbiamo qui trascritto per rendergli omaggio, c'è tutto ciò che è importante, per un autentico meridionalismo, per l'emancipazione delle Calabrie e del Sud, per una nuova stagione delle autonomie personali, sociali, territoriali, nella Repubblica e in Europa.

Al netto della necessità di contestualizzare un intervento che risale agli anni Ottanta del secolo scorso, nelle parole di Catanzariti troviamo concetti chiari, comprensibili, necessari e sufficienti anche per il XXI secolo: la consapevolezza di cosa è una "colonia" interna in uno stato come quello italiano, nel mercato comune europeo, nel mondo globalizzato; l'ancoraggio alle radici più profonde della promozione delle autonomie umane (che noi perseguiamo sempre alla luce dei valori della Carta di Chivasso); il realismo con cui si prende atto del "peso morto" di ceti burocratici ignoranti, incompetenti, parassitari, che prosperano grazie al centralismo e anzi contribuiscono a perpetuarne i disastri; la consapevolezza che senza una nuova generazione di leader locali, in un sistema politico più democratico, in cui i rappresentanti siano eletti dalle comunità locali, non ci sarà emancipazione e riscatto dalla miseria, dallo spopolamento, dall'assistenzialismo.

Fa impressione la lucidità di Catanzariti nel 1986, soprattutto pensando a quanti masanielli, guitti, populisti, impreparati e avventati ignoranti hanno poi impedito la formazione di movimenti politici meridionali veramente indipendenti dalle piramidi politiche nazionali. Il tempo però, sembrerà banale ripeterlo, è e sarà galantuomo e anche i territori del Sud, anche grazie al lavoro del Comitato Charta di Melfi, potranno presto esprimere una classe dirigente, invece che emigrante o peggio obbediente.

Pubblicato il 14 agosto 2024

Nota bene: nella trascrizione ci sono dei corsivi e delle inserzioni fra parentesi quadre che hanno il solo fine di rendere più piana la trascrizione dell'intervento - a cura del gruppo di studio del Forum 2043

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Compagni e amici Radicali, il nostro saluto fraterno, come Movimento Meridionale Calabria, nasce da ampie convergenze politiche e storiche, che ci hanno consentito di sostenere assieme una battaglia impegnativa ed importante come quella delle elezioni del 12 maggio 1985 (elezioni regionali della Calabria, ndr).

Abbiamo trovato in voi un importante punto di riferimento per il vostro carattere libertario, per la vostra sensibilità ai temi dell'autonomia, agli ideali di giustizia, per la vostra spietata critica di fronte al degrado politico economico e morale del paese, alla partitocrazia.

Ecco perché intervengo al vostro congresso con una intima sensazione di rispetto verso di voi, che avvertite così profondamente l'attuale crisi dello [strumento] partito politico, che vi ponete onestamente il problema se sia opportuno sopravvivere oppure sciogliervi, senza che altri per cecità e calcoli meschini, vengono turbati dai grossi rischi che la società italiana correrebbe con la privazione di un importante ruolo quale quello esercitato dal Partito Radicale.

Altrettanto rispetto non provo per l'arroganza delle burocrazie che hanno trasformato i partiti presenti sulla scena politica nazionale in organizzazioni prive di ideale e tese soltanto a perpetuarsi attraverso la corruzione, il favoritismo, il clientelismo. Ma a parte questo, noi del Movimento Meridionale siamo critici verso i partiti nazionali che con la loro struttura e comportamento di fatto deprivano di rappresentanza politica ed elettorale i cittadini del Meridione.

I soggetti sociali meridionali, come ci insegna la storia non solo recente, non hanno mai conosciuto una onesta, corretta ed autentica [rappresentanza] politica.

Ciò è provato da operazioni “sottili”, come lo spogliare [il Sud] dei risparmi accumulati da intere generazioni. Un’operazione di drenaggio portata avanti da ogni governo e sempre sostenuta dai partiti politici unitari. E’ un esempio fra gli altri, ma tanti altri se ne potrebbero fare sul piano della politica economica e perfino delle opere pubbliche, come le ferrovie costruite per scopi militari o per portare a termine l'operazione di repressione. Non solo contro il brigantaggio ma perfino contro i Fasci siciliani, la lotta per la terra, le rivolte popolari alla cui base, senza intaccarle, c'erano e ci sono condizioni di profondo malessere economico e sociale. Il “grande” Giolitti governò con il [suo] compromesso storico le ragioni padane e con i mazzieri, i prefetti, i carabinieri le regioni meridionali.

Nel dopoguerra tutti i partiti della “esarchia” (al tempo di questo discorso s’intendono i cinque partiti di governo del Pentapartito più il PCI, ndr) nella sostanza proseguirono nella gestione della cosa pubblica questo cinico disegno di amministrazione dualistica non certamente rispondente agli interessi globali del paese, innescando processi pericolosi di rottura, di razzismo, di mortificazione, di uso irrazionale delle risorse umane e materiali [di tutti i territori] del paese. Accantonando il “Piano del lavoro” di Giuseppe Di Vittorio e dei sindacalisti meridionalisti, la stessa ispirazione ideologica di Antonio Gramsci e perfino le intuizioni di don Luigi Sturzo, si concentrarono gli sforzi e i mezzi per le aree industriali economiche più competitive del Nord e si abbandonò il Sud al suo destino.

Al proletariato meridionale fu praticamente consegnata una valigia perché emigrasse, senza dar luogo a traumi nazionali e convulsioni politiche. Il dramma della Calabria, con le centinaia di migliaia di emigranti e di disoccupati, è vistosamente sotto gli occhi di tutti, al punto da configurare la regione come zona tipicamente di sottosviluppo, zona semi-coloniale, un Terzo mondo [interno].

Nella totale cecità dei partiti nazionali gli interventi statali, compresi il primo e il secondo “Piano verde” (le riformee i piani per lo sviluppo agricolodegli anni Sessanta, ndr), sono stati prosciugati dai gruppi finanziari ed agrari della Pianura Padana.

Perfino la politica agricola della Comunità europea ha peggiorato la situazione. E’ riuscita a modificare i rapporti di scambio tra produzioni mediterranee e produzioni continentali, con la sbalorditiva conseguenza negativa da una parte di assistere alla nascita dei miliardari e dall'altra, nel Sud, di ritrovare agricoltori e contadini con la casa e la terra impegnate per la “riconversione”: da vite ad agrumi, da agrumi a grano, da grano all'ulivo, e da ulivo a vite.

Solo uno esempio: nel 1960 il rapporto di scambio tra olio di oliva e latte era di 10 a 1; oggi è di 2,5 a 1; cioè in venticinque anni l'olio ha perduto tre quarti del suo valore di scambio.

Lo stesso fracasso che si fa attorno alla Cassa per il Mezzogiorno, “divoratrice” delle ricchezze nazionale secondo alcuni… [Ma] pochi sanno che i [suoi contributi] rappresentano soltanto un decimo [dell’importo] dei depositi bancari che si sono spostati annualmente dal Sud al Nord nel corso di trentacinque anni.

Per evidenziare le responsabilità che gravano sui partiti nazionali mi sono limitato a poche esempi, non ho voluto per ragioni di tempo - sto concludendo - soffermarmi su altri significativa aspetti come quelli dello stato sociale, e contestare le malevoli ed interessate deformazioni che su questo terreno si fanno spesso, o sulla politica assistenzialistica, non voluta ma subita dal popolo meridionale come da tutto il paese nell'interesse della politica clientelare e del “mercato”, quello voluto dai “padroni del vapore”.

Né voglio parlare dell'altro drammatico aspetto, sul quale ho notato tanta sensibilità ed è un fatto che vi onora e che rende orgoglioso il Partito Radicale, che riguarda il problema della giustizia, della violazione dei diritti civili più elementari, dell'uso strumentale e disonesto che si fa del fattore criminalità, della delinquenza organizzata.

Spesso alibi e pretesto per acquietare la cattiva coscienza d'una classe dominante e dirigente incapace di proteggere il cittadino dal delitto e di rimuovere le cause culturali ed economiche, attaccando alla radice il malessere. Anzi volutamente si scambiano effetti con cause, nell'assoluzione di precise responsabilità politiche dei potentati. Si usano fenomeni perversi, le cui conseguenze disastrose sono pagate e patite dalla popolazione meridionale, per sparare nel mucchio, in violazione della Costituzione, per criminalizzare ed etichettare con cinismo un popolo.

Si sappia che in Calabria ci sono migliaia e migliaia e migliaia di diffidati, di ritiro di patenti a volte per aver partecipato ad un funerale - perché non c'è neanche il diritto di partecipare ai funerali - oppure per un precedente banale, irrisorio, o addirittura per essere “nullafacenti” - come mi è capitato di leggere - cioè disoccupati.

O come voi Radicali avete denunziato, si sappia che in Calabria si può entrare vivo e robusto in una caserma per uscire in una bara, come è capitato ad un giovane nel mio paese natìo (Platì, ndr), o come fu il caso di una donna, per lo spavento di un blitz inconcludente ed inutile, si può trovare anche la morte.

Ecco perché noi del Movimento Meridionale Calabria parliamo [della nostra terra come] di una “colonia”.

Per avviarmi alla conclusione, voglio riprendere quanto i giornali hanno riportato in merito agli interventi del professore Leopoldo Elia, ex presidente della Corte costituzionale, e di Maurice Duverger al convegno di Perugia sulla crisi dei partiti. Mi ha colpito una espressione di Duverger sui politici come “avversari collaboratori”. Il politologo non penso abbia mai studiato la funzione del ruolo dei partiti nel Meridione. Se ha letto Gaetano Mosca, non penso abbia letto certamente Gaetano Salvemini e Guido Dorso. In Italia da sempre tutti i partiti si sono presentati e si presentano come “avversari collaboratori” attorno agli interessi corporativi del Settentrione e come “nemici nemici” nel Meridione.

Il Movimento Meridionale non ha oggi i problemi che attanagliano il Partito Radicale (sciogliersi o continuare, ricordiamo, era il tema del congresso radicale del 1986, ndr).

Il Meridione nell'attuale fase storica manca di rappresentanza politica adeguata, specie in Calabria, dal punto di vista degli estremi produttivi della società, i capitalisti e i proletari.

Nel Meridione riceve rappresentanza politica, anzi si è impadronito e gestisce i partiti, un ceto medio che non è produttivo, in quanto non è legato alla produzione reale, ma solo all’attività burocratica e per giunta di qualità scadente.  Abbiamo così un dominio, dall'estrema destra all'estrema sinistra, dell'intellettuale disorganico o tradizionale che dir si voglia (arretrato e impreparato, si potrebbe dire, gramscianamente, ndr). [Figura che] blocca, congela, ossifica le possibilità e le spinte in direzione del cambiamento.

Cari amici Radicali, noi abbiamo bisogno di un movimento politico e abbiamo bisogno di farlo crescere.

Siamo mossi da grandi utopie, come per esempio l'Europa della Regioni, nel quadro di una nuova carta proletaria che ripattuisca la solidarietà fra tutti i popoli della Terra.

Abbiamo bisogna altresì di grande concretezza, al fine di realizzare un'alleanza tra produttori meridionali che rigenerando l'economia tragga il il Meridione fuori dallo stato di disfacimento [materiale e] morale in cui versa ormai da molti anni. Abbiamo bisogno di un movimento politico perché i buoni e gli onesti debbono trovare un luogo di incontro, perché escano dall'ombra e si schierino in primo luogo contro il sistema partitocratico, che voi avete contribuito validamente a mettere a nudo.

In questo contesto, nel rispetto delle specificità di ognuno e nel coordinamento dell'azione, siamo convinti che un grande ruolo può essere assolto dal Partito Radicale. Per questo, cari compagni ed amici, guardiamo al vostro congresso con attenzione e con apprensione.

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Intervento di Francesco Catanzariti, Movimento Meridionale Calabria, al XXXII congresso del Partito Radicale, Roma 30 ottobre 1986

Fonti e approfondimenti:

https://www.radioradicale.it/scheda/20099?i=2732252

https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Catanzariti

https://www.giornalistitalia.it/addio-ciccio-catanzariti-socialista-inquieto/

 

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Webinar di Insieme su autonomia differenziata, solidarietà, sussidiarietà

La formazione politica d'ispirazione cristiano-sociale, INSIEME, organizza un webinar (un seminario online), sul tema "AUTONOMIA DIFFERENZIATA: DOVE SONO SOLIDARIETÀ E SUSSIDIARIETÀ?". L'incontro è previsto per mercoledì 28 febbraio 2024, alle ore 18.20. Coordina il dibattito Alfonso Barbarisi (coordinatore Mezzogiorno di INSIEME). L'introduzione è affidata adAlessandro Risso (coordinatore Autonomie locali di INSIEME). Intervengono:

Marco Bussone (presidente UNCEM)

Adriano Giannola (presidente SVIMEZ)

Stefania Proietti (sindaco di Assisi epresidenteProvincia di Perugia)

Roberto Visentin (presidente AeA – Autonomie e Ambiente)

Per i dettagli sulla partecipazione si segnala questa pagina sul sito di INSIEME:

https://www.insieme-per.it/webinar/

Segnaliamo questo documento di INSIEME sull’autonomia differenziata, che sarà una base di partenza per la discussione:
https://www.insieme-per.it/autonomia-differenziata-documento-della-segreteria-nazionale/