Dalla Sardegna che non si arrende
La Sardegna sta affondando: spopolata e impoverita da vecchi e nuovi neocolonialismi (militare, turistico, energetico); inattuato e anzi tradito lo statuto di autonomia; distrutti o corrotti i partiti popolari sardi, a cominciare da quello storico sardista; ingannata dall'incompetenza dei populisti; dominata da due poli politici "italiani", con un personale politico totalmente subalterno ai capi di Roma e Milano. L'ultima proconsole romana, Alessandra Todde (già esponente del governo Draghi), imposta a capo dell'isola dalle concentrazioni di potere mediatico del bipolarismo italiano, vacilla per il suo mancato rispetto delle norme di rendicontazione delle spese elettorali. E' necessaria una alternativa popolare sarda, civica e inclusiva, che non disperda ma riunisca quanto realizzato sin qui da realtà composite, plurali, trasversali, quali la Coalizione Sarda e la Pratobello 2024. Riceviamo da Manuel Pirino (Generazione Italie, associato ad Autonomie e Ambiente attraverso il comitato Sardigna Pro S'Europa), un messaggio di riflessione e soprattutto di speranza.
Crisi istituzionale in Sardegna, dopo le violazioni di legge della presidente Alessandra Todde
Cagliari, 3 giugno 2025
La Regione Sardegna si trova al centro di una complessa crisi istituzionale e politica che coinvolge la presidente Alessandra Todde, eletta nel febbraio 2024. Una vicenda che intreccia irregolarità nella rendicontazione delle spese elettorali, tensioni sulla gestione del territorio e della transizione energetica, e un più ampio dibattito sul ruolo della partecipazione popolare nelle istituzioni.
Un cambiamento generazionale (che cambia tutto)
Le nuove generazioni, cresciute all’ombra del mito di una Sardegna saldamente “agganciata” allo Stato italiano, sembrano ormai percepire quell’idea come obsoleta, o persino falsa. L’idea di un’“Europa dei Popoli”, per molti giovani, è già data per scontata — mentre la battaglia per la cultura sarda appare, anche agli occhi di chi vive nel continente, come un’espressione folkloristica e poco incisiva.
Il senso comune che un tempo accarezzava il sogno di una Sardegna libera è oggi sostituito da una realtà che di libero ha poco: una regione apparentemente autonoma, ma nella sostanza ancora “che schiava di Roma Iddio la creò” — per citare, in modo provocatorio, l’inno nazionale italiano.
L’indipendentismo sardo, anche nelle sue versioni più recenti e più innovative, ha fallito. E altrettanto hanno fallito i governi regionali sostenuti da partiti nazionali, ben radicati nell’isola, ma sempre più distanti dalla sua anima.
Todde: la (falsa?) speranza di un’Eleonora moderna
In questo scenario, una parte del popolo sardo (non tutta: il 50% si è espresso non votando) ha visto nella donna dai lunghi capelli castani una sorta di nuova Eleonora d’Arborea, in grado di restituire forza, dignità e visione a un’isola sfruttata e poi abbandonata “in una rigida notte d’inverno”.
Ma la storia, spesso, è più crudele delle leggende.
Le elezioni del 2024 e la fragilità del mandato
Le regionali del febbraio 2024 si sono chiuse con un’affluenza al 52,4%. I partiti di centrodestra hanno ottenuto più voti complessivi rispetto a quelli di centrosinistra (338.240 contro 293.288), ma grazie al voto disgiunto, Alessandra Todde (M5S) è risultata eletta presidente con un margine di circa 3.000 voti.
La legge elettorale sarda, basata su soglie di sbarramento elevate, voto disgiunto e premi di maggioranza, ha prodotto gli effetti distorsivi per i quali è giustamente e ampiamente criticata: ha alterato sensibilmente la rappresentanza e ha prodotto una maggioranza che non riflette il voto popolare reale.
Transizione ecologica: Pratobello 24 e la frattura con la società civile
Durante il mandato di Todde, l’isola è stata attraversata da una vasta mobilitazione popolare contro l’insediamento speculativo di impianti eolici e fotovoltaici. Ne è nata una proposta di legge di iniziativa popolare, Pratobello 24, con oltre 210.000 firme — un record nella storia dell’autonomia sarda.
Nonostante ciò, il testo non è mai stato calendarizzato nel Parlamento regionale. La presidente Todde ha dichiarato: “I legislatori siamo noi”, rivendicando il primato delle istituzioni. Ma una parte crescente dell’opinione pubblica ha letto questa posizione come un atto di arroganza istituzionale, se non di disprezzo verso la sovranità popolare.
Nel frattempo, è stata approvata la cosiddetta Legge 20, per la mappatura delle aree idonee agli impianti. Anche questa normativa è finita al centro delle polemiche, fino ad essere impugnata dal Governo nazionale. Il risultato: un vuoto normativo che, secondo molti, apre la porta a una corsa incontrollata alle installazioni.
Le irregolarità formali (e sostanziali) della campagna elettorale
Il 3 gennaio 2025 è emersa una grave irregolarità: Alessandra Todde non avrebbe rispettato gli obblighi di trasparenza elettorale. Non avrebbe né aperto un conto corrente dedicato, né nominato un mandatario. Il Collegio regionale di garanzia elettorale ha quindi disposto la sua decadenza da consigliera, invalidando l’intero Consiglio Regionale.
Todde ha parlato di “montatura politica”, ma il 28 maggio il Tribunale civile di Cagliari ha rigettato il suo ricorso. La sentenza di 65 pagine parla di “violazioni sostanziali e gravi”, che rendono impossibile verificare l’origine e l’uso dei fondi elettorali.
La Regione Sardegna ha sollevato un conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale, sostenendo che la decadenza spetti alla Regione, non allo Stato. Un’azione giudicata da molti come un uso strumentale delle istituzioni, più volto a salvare una posizione politica che a tutelare l’interesse collettivo.
Un’isola allo sbando: tra sanità allo sfascio e regali di Natale
Nel frattempo, in Sardegna accade di tutto. La sanità è in condizioni disastrose, nascosta dietro provvedimenti tampone e commissariamenti d’emergenza. Si nominano commissari che, paradossalmente, sembrano più adatti a certificarne il decesso che a risanarla. E allora — con amarezza — si potrebbe dire: “Morta la sanità, viva la Sanità!”, come nei film. Ma qui non è cinema: è vita vera.
E ancora: i consiglieri regionali si spartiscono 200 milioni di euro per i prossimi tre anni — una cifra che è uno schiaffo in faccia alla Sardegna che si impoverisce e ai suoi giovani che emigrano. L’assessore al lavoro Desirè Manca propone un piano per l’emigrazione (sì, davvero) e uno per l’immigrazione, dimenticando i figli dell’isola che sono già scappati all’estero per sopravvivere.
Aggiungiamo una perla: si spendono 150.000 euro per un progetto contro l’omotransfobia... E nessuno più di scrive ha a cuore il tema... Peccato che esistano già decine di modelli già disponibili gratuitamente online.
Conclusioni: un’isola che c’è
Gli errori politici e il malgoverno amministrativo sono talmente grandi che non sembrano veri. Ma non siamo in una favola su un'isola che non c'è. La Sardegna è davvero ridotta così.
Tra autonomia tradita, promesse di sviluppo mancate, patti leonini fra potentati locali e poteri forti italiani, invecchiamento, degrado dei beni e dei servizi pubblici, abbandono dei giovani, sembra davvero che l'isola non ci sia più. O forse, c’è un popolo che ci è o ci fa: decidetelo voi.
Fra Solinas il Terribile e Alessandra l'Intrigante, la differenza si è rivelata solo cosmetica.
La nave affonda, come il Titanic, ma l’orchestra continua a suonare. Va tutto bene, certo, ma per pochi.
Per molti invece, per noi, è tempo di continuare a lottare.
Con nel cuore il sogno di una Sardegna libera in una nuova Europa dei Popoli.
Manuel Pirino